Mons. Oscar Alzamora Revoredo, Cristianità n. 153-154 (1988)
Di fronte al proposito — poi realizzato — del governo di sinistra del Perù di nazionalizzare l’intero sistema bancario, finanziario e assicurativo nonché di promuovere una campagna per la limitazione delle nascite, S.E. mons. Oscar Julio Alzamora Revoredo S.M., vescovo di Tacna, ricorda in una lettera la dottrina della Chiesa in materia. Indirizzato a José Antonio Pancorvo, dirigente del Núcleo Peruano Tradición Familia Propiedad, il documento è stato pubblicato sui quotidiani El Comercio ed Expreso, di Lima, il 1° ottobre 1987, ed El Correo, di Arequipa, il 3 ottobre. La traduzione e il titolo sono redazionali.
Svolte da un presule peruviano
Riflessioni dottrinali e morali in tema di politica economica e demografica
Tacna, 5 settembre 1987
Signor José Antonio Pancorvo
Dirigente di Tradicion Familia Propiedad
Gesu Maria
Egregio Signore,
nella nostra conversazione di ieri abbiamo toccato due punti che preoccupano molto Lei e me, la nazionalizzazione delle banche e la campagna per la limitazione delle nascite, e le ho promesso di mettere per iscritto più in dettaglio i miei punti di vista al riguardo.
A proposito della nazionalizzazione delle banche non è certamente di mia competenza pronunciarmi sugli aspetti tecnici oppure specificamente giuridici. Come vescovo mi interessa l’aspetto etico e soprattutto la sua concordanza con la dottrina sociale della Chiesa. Quando insegnavo all’università Cattolica di Lima sono stato spesso incaricato del corso di dottrina sociale della Chiesa, di modo che la materia mi è molto familiare.
La dottrina dei Sommi Pontefici è costante nell’affermare la validità del diritto di proprietà, benché ne indichi naturalmente il fine sociale. Inoltre, soltanto la proprietà garantisce normalmente la libertà, esigita dalla dignità della natura umana. Perciò la Chiesa non riconosce come valida l’abolizione di questo diritto, ma propugna piuttosto la generalizzazione della proprietà privata. In determinati casi è certamente lecito l’esproprio, e anche il monopolio da parte dello Stato di determinati settori che attribuirebbero a privati un potere eccessivo. Tuttavia, nell’attuale situazione del Perù, nella quale l’80% dell’attività bancaria del paese è già in mano allo Stato, non sembra ne sia il caso. Al contrario, concentrerebbe un potere eccessivo nelle mani del governo e aprirebbe la porta a una seria possibilità di tirannide totalitaria più o meno coperta. Non ritengo giusto che l’economia sia in pochissime mani, ma ancor meno che sia in una sola mano. Uno Stato che cerchi di concentrare in sé stesso tutte le iniziative importanti, oltre quanto richiede la salvaguardia del bene comune, e che neghi ai cittadini l’esercizio della loro lecita libera iniziativa, è uno Stato che viola la propria ragion d’essere consistente nel garantire una convivenza sociale in cui la personalità di ciascuno trovi la sua legittima espressione ed espansione nell’interscambio pacifico e solidale. Lo Stato esiste per l’uomo. Non il contrario. Si deve anche ricordare che lo Stato non è la nazione. Naturalmente in ogni organizzazione di potere si manifesta una tendenza a incrementare il controllo su tutti e su tutto, ma questa tendenza deve essere controllata a partire da un autocontrollo da parte degli stessi governanti. Costoro devono giungere a saper accettare che questo o quel settore sia in disaccordo con le loro opinioni e con i loro piani e che resista a essi in quanto è lecito. In questo senso il governo che si fa sentire meno è il governo migliore.
Un’altra obbiezione seria è costituita dalla presentazione dei rapporti sociali come inevitabilmente antagonistici: il bene degli uni deve essere il male degli altri. E vero piuttosto il contrario. Trattandosi di un corpo organico, la salute di una parte, rettamente intesa, corrisponde a quella delle altre e a quella del tutto.
Nel caso del Perù un elemento che complica le cose è la mancanza di un sufficiente spirito civico e, di conseguenza, di maturità politica. Abbiamo la tendenza ad aspettarci dai governanti soluzioni magiche senza sforzo alcuno da parte nostra. Inoltre, tendiamo a combattere il nemico politico in modo indiscriminato e a seguire ciecamente i capi del partito che preferiamo, senza controllarli e senza chiedere loro rendiconti. Tendiamo ad appoggiarci sul governo e nello stesso tempo a esimerci dall’appoggio reale di cui ha bisogno se questo ci può costare denaro, tempo o sforzo. Quindi la colpa non è soltanto del governo. In questo senso è vero che ogni paese ha il governo che si merita. Ma, francamente, penso che si stia producendo un cambiamento, anche se abbastanza lento.
Relativamente alla campagna a favore della limitazione delle nascite l’episcopato del Peru si è pronunciato con molta chiarezza. Tuttavia il governo sembra non badarvi assolutamente. Il paese si renderà conto di chi aveva ragione soltanto quando avrà danneggiato molto sé stesso. È in gioco tutta una visione della vita basata sul profitto e sul piacere. Gli stessi criteri di analisi sono materialistici e perciò quantitativi. La Chiesa non ignora l’importanza di quanto è materiale nella vita umana, ma proclama con chiarezza e con fermezza il primato dello spirituale. Il paese — e il governo — sembra non vedano la connessione fra questa visione nel campo della vita economica e della politica demografica e le manifestazioni di violenza e di corruzione morale che aumentano rapidamente e lo stanno invadendo completamente.
Non so se la pubblicazione di queste riflessioni avrà qualche effetto apprezzabile, ma almeno si sarà fatto il possibile e si sarà compiuto un dovere che non si può trascurare.
Suo in Cristo.
+ Oscar Alzamora R.
Vescovo di Tacna