di Marco Respinti
L’uomo è costituito da diritti inalienabili. È la sua natura, data, a renderlo tale, e infatti l’uomo i diritti inalienabili che lo caratterizzano li scopre ponendosi di fronte alla propria natura. “Data” significa che l’uomo non può farci nulla con la propria natura, se non accoglierla, conoscerla, amarla, rispettarla e difenderla.
Ne consegue che nessuno può sottrarre all’uomo i propri diritti naturali, ma pure che nessuno può aggiungerne, nemmeno il singolo essere umano “padrone” della propria vita: proprio il diritto alla vita, per esempio, è un diritto che l’uomo possiede per natura e che dalla propria natura non può estirpare. Può uccidersi, l’uomo, ma non può mutare il fatto di essere fatto per la vita.
Al contempo, né il singolo uomo né una qualsiasi forza esterna possono aggiungere alla natura dell’uomo, come se questa ne mancasse, diritti ulteriori. L’esempio del diritto alla vita calza ancora: nessuno può decidere di inserire fra i diritti dell’uomo quello di sopprimere una vita nascente nel grembo della madre. Il diritto all’aborto è un diritto storico che a un dato momento è entrato nelle prerogative dell’essere umano in forza di una determinata cultura: non fa parte, però, dei diritti naturali, e cercare di trasformare un diritto acquisito in un diritto naturale è un abuso. Un altro esempio è quello che riguarda l’omosessualità e il presunto diritto a unirsi in “matrimonio” fra coppie dello stesso sesso o di adottare prole.
La civiltà contemporanea prolifera di “nuovi diritti”, e lo fa in misura direttamente proporzionale alla perdita di attenzione per la natura umana e i diritti inalienabili che ne derivano alla persona. Per esempio, l’estensione nel diritto al “matrimonio” omosessuale va di pari passo con la negazione del diritto alla vita dell’uomo, soprattutto nelle sue fragilità maggiori: il bimbo appena concepito, il portatore di handicap, il malato terminale.
È di fronte a questa situazione, che è assieme un assurdo e un abuso, che il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha annunciato, lunedì 8 luglio, la creazione di una Commissione sui diritti inalienabili nel Dipartimento di Stato, che avrà il compito di mettere ordine e di razionalizzare la “creatività” con cui la civiltà contemporanea sta cercando di trasformare ogni pulsione individuale e ogni capriccio ideologico in diritto intangibile mentre la natura inalienabile viene calpestata quotidianamente.
Peggio della fantascienza
In un editoriale pubblicato su The Wall Street Journal il giorno prima, domenica 7 luglio (riprodotto sull’edizione cartacea dell’8), Pompeo ha spiegato che la Commissione cercherà di distinguere fra diritti naturali e quei “nuovi diritti” che hanno cominciato a farsi strada, accelerando poi sempre più, a partire dalla fine della Guerra fredda: i “diritti riproduttivi”, per esempio, ovvero l’aborto, o i “diritti degli omosessuali”, quasi che una persona affetta da disturbo dell’affettività godesse di diritti diversi da quelli che la natura conferisce a ogni essere umano.
Una vera bomba, inutile negarlo. È vero, insomma, che sia diritto di una madre sopprimere la creatura che porta in grembo? È vero che l’aborto dev’essere tutelato, garantito, sostenuto dal denaro pubblico, propagandato e insegnato come un diritto, e talora persino imposto? Se infatti l’aborto è un diritto umano, qualora una madre decidesse di non abortire ma l’aborto della creatura che porta in grembo fosse ritenuto bene pubblico, chi potrebbe opporsi? Che non sia fantascienza lo mostrano i regimi totalitari che ne hanno fatto ampia pratica e anche il mondo democratico, dove la voce delle persone e della natura conta, in questo campo, sempre di meno.
Lo stesso dicasi per l’eutanasia. O per le varie forme del “matrimonio” contemporaneo, in cui il criterio primo, ultimo e unico è “l’amore”: essendo il matrimonio non vincolato dalla natura della persona, se amo un altro del mio stesso sesso, ma perché no pure il mio cagnolino o la mia biblioteca, perché non dovrei poterli “sposare”?
Scapperebbe da ridere se la cosa non fosse tragica. Cioè tanto drammaticamente seria da spingere il Paese più potente del mondo, nella fattispecie dell’uomo a volte più potente del mondo (talora il Segretario di Stato è infatti più potente dell’inquilino della Casa Bianca), a metterci mano per tirare il freno.
Il “globalismo” degli isolazionisti
Gli Stati Uniti tengono molto alla questione.
Sono il Paese con la Costituzione scritta più antica del mondo (è esattamente la stessa di quando entrò in vigore nel 1789, e gli emendamenti successivi non ne hanno alterato struttura e cuore). Quando il peso del potere del centrale sembrò essere troppo forte (subito, tra 1790 e 1791) si procedette a chiarirne i limiti (Bill of Rights), e facendolo si è posto come primo diritto politico della persona la libertà religiosa, derivante dal primo diritto naturale dell’uomo: il diritto alla vita. Il diritto alla vita è infatti formulato esplicitamente nella Dichiarazione d’indipendenza del 1776, ovvero il documento che fornisce la ratio culturale alla fondazione del Paese, quindi alla sua Costituzione. Il preambolo della “Dichiarazione” asserisce che tutto quanto verrà detto poi, e si tratta di materia politica fatta di questioni inderogabili e di questioni invece più transeunti, si fonda su un fatto: che Dio abbia creato l’uomo dotandolo di diritti inalienabili e auto-evidenti, il primo dei quali è appunto il diritto alla vita.
Ora, l’Amministrazione in carica negli Stati Uniti oggi si concepisce (come ogni amministrazione americana non progressista) come la custode che deve tramandare questa tradizione, ma soprattutto di questa nozione sia dell’essere umano sia della cosa pubblica.
Isolazionisti sempre, i conservatori americani tollerano un solo “globalismo”: l’universalizzazione dell’idea che Dio abbia creato gli uomini uguali in virtù di una natura comune, la quale conferisce loro diritti naturali inalienabili, il primo dei quali è il diritto alla vita e da cui discende il primo diritto politico dei cittadini, la libertà religiosa.
Quando Pompeo afferma che la Commissione sui diritti inalienabili dovrà rivedere le priorità della politica estera statunitense, sottolinea che non potranno certo essere l’aborto, l’eutanasia e l’omosessualità a indicare la rotta.
Mary Ann Glendon, Sam Brownback e il futuro
A guidare la nuova Commissione sarà Mary Ann Glendon.
Nel 1995 la Glendon ha guidato la delegazione vaticana alla quarta Conferenza mondiale dell’ONU sulle donne svoltasi a Pechino (che sponsorizzò magnificamente il “diritto di aborto” nel mondo), nel 2000 è diventata presidente dell’Accademia pontificia delle scienze sociali, nel 2002 è entrata nel Consiglio presidenziale per la bioetica di George W. Bush Jr., dal 2007 al 2009 è stata ambasciatrice statunitense presso la Santa Sede e nel 2009 ha rifiutato una onorificenza dalla University of Notre Dame di South Bend, in Indiana, cattolica, poiché a presiedere la cerimonia era stato invitato Barack Obama, grande sponsor del “diritto di aborto”. Dal 2014 è quindi membro del Consiglio di sovrintendenza della Pontificia commissione referente sull’Istituto per le opere di religione.
La Glendon è anche autrice di un libro importante, Verso un mondo nuovo. Eleanor Roosevelt e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (trad. it. a cura di Serena Sileoni, introduzione di Paolo G. Carozza, Marta Cartabia, Andrea Simoncini, Liberilibri, Macerata 2009) che, in soldoni, è l’analisi dell’origine culturale di quel documento anche per capire come e dove un’idea ottima sia naufragata spesso nel suo contrario.
Il 16 luglio si aprirà a Washington la seconda Ministerial to Advance Religious Freedom, una tre giorni importantissima a cui sono invitati decine di rappresentanti e capi di governo del mondo per discutere di quello che negli Stati Uniti è il primo diritto politico dei cittadini iscritto nella Costituzione e invece in troppi Paesi del mondo è carta straccia. L’anno scorso vi presero parte delegazioni di circa 80 Paesi e fu un successo straordinario. Ancora una volta è un’operazione del Dipartimento di Stato di Pompeo, in questo caso con la regia di Sam Brownback, ex governatore del Kansas, cattolico, ambasciatore itinerante per la libertà religiosa del mondo dell’Amministrazione statunitense. Amministrazione statunitense che è insomma seriamente intenzionata a “ribaltare il mondo”: per ripristinare la verità delle cose oltre le ideologie, in una mossa tecnicamente contro-rivoluzionaria.
Sabato, 13 luglio 2019