Da “La bianca torre di Echtelion” del 18 agosto 2017. Foto da Messainlatino
Sarebbe un errore imperdonabile isolare il Terrore giacobino (luglio 1793-27 luglio 1794) dal resto della Rivoluzione Francese (1789-1799), accusando il primo di ogni crimine solo per assolvere la seconda dai suoi misfatti. Ma fu indubitabilmente quello il periodo in cui l’orrore ‒ portando a compimento le mille premesse precedenti e indicano la strada per il futuro ‒ raggiunse il culmine. E fu sempre quello il momento in cui l’odio anticristiano giunse al massimo e dunque la persecuzione dei cattolici fu più tremenda. La documentazione di questi misfatti è vasta, ma ora un nuovo strumento di divulgazione intelligente è disponibile per il grande pubblico. Si tratta del documentario Prêtres sous la Terreur (“Sacerdoti durante il Terrore”), scritto da Jean-Pier Delaume-Myard e Marieke Aucante. Realizzato da Jean- Batiste Martin attraverso la CasaDei Productions, l’etichetta di Boulogne-Billancourt che ha fondato nel 1994 con Marie Mitterand, il documentario si avvale dell’expertise dello storico Philippe Delorme, dello specialista della diocesi del Périgueux Gautier Mornas, dello storico e scrittore vandeano Dominique Lambert de la Douasnerie, delle testimonianze di don Ludovic Danto e don Thierry Laurent, della stessa coautrice Aucante ‒ che ha firmato un romanzo storico sull’argomento, Moi Augustin, prêtre martyr de la Révolution française(Salvator, Parigi 2015) ‒, nonché di Alain Gérard, già direttore del Centre vendéen de recherches historiques di La Roche-sur-Yon.
La Rivoluzione Francese causò migliaia di vittime, ma durante il Terrore furono i sacerdoti e i religiosi il target preferito. La persecuzione contro il clero iniziò subito e si manifestò presto attraverso angherie e soprusi. Poi l’11 agosto 1789 venne soppressa la decima e il 2 novembre furono confiscati e nazionalizzati i beni ecclesiastici messi all’asta il mese successivo. Quindi il 13 febbraio 1790 furono aboliti i voti monastici e soppressi gli ordini religiosi. Ma è la Costituzione Civile del Clero a segnare il punto di non ritorno: venne approvata il 12 luglio 1790 e mirò a staccare la Chiesa di Francia dalla cattedra di Pietro, onde farne uno strumento di presa rivoluzionaria sul popolo e in ultima analisi annientarla. La Santa Sede la condanna il 10 marzo 1791 e il 27 novembre successivo viene imposto ai sacerdoti un giuramento di fedeltà al governo.
I sacerdoti che rifiutano di giurare (la stragrande maggiorana) vengono arrestati, deportati, ridotti vivere in condizioni di prigionia ignominiose e alla fine consegnati a morti il più delle volte assurde e atroci. La lontana Guiana è l’esilio a cui sono destinati i sacerdoti, ma la maggior parte non ci arriva, morendo di stenti e percosse su battelli ex negrieri. Durante il Terrore tutto questo divenne pratica quotidiana e strumento di governo in un oceano di sangue infinito.
In Vandea, poi, l’efferatezza raggiunge il sadismo quando il comandante della piazza di Nantes, Jean-Baptiste Carrier (1756-1794), un vero e proprio mostro, si divertì a legare assieme sacerdoti e suore, spesso nudi, spinti a forza su certe barcacce che poi venivano affondante nella Loira. E perché tutto questo? Perché tanto livore nei confronti dei cattolici, e in specie nei riguardi dei consacrati?
Ragioni politiche, certo, seguite da giustificazioni ideologiche. Il clero ‒ si diceva ‒ è da sempre alleato del potere politico e in questa veste ha costretto “il popolo” nell’ignoranza e nella sudditanza, dunque “è giusto” che paghi. Ma da solo questo movente non può certo spiegare tanto ribrezzo e vergogna. Vi fu certamente di più. La Rivoluzione Francese vide nel cattolicesimo il nemico dei nemici, dunque nella Chiesa il nemico da sconfiggere. Ovvio che se la sia presa allora con sacerdoti, suore e religiosi. Ma ancora ciò non basterebbe in quanto andò macabramente in scena ai danni dei cattolici durante la Rivoluzione non lo si leggesse anche sotto una luce teologica. Fu uno scontro, infatti, fra due visioni della realtà inconciliabili, e per i giacobini colpire il clero significò cercare di detronizzare Dio stesso. La cristianofobia fu inventata allora e rivelò immediatamente tutto il proprio volto demoniaco. Un uomo al di sopra di ogni sospetto, il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804), che fu il più lucido codificatore del pensiero illuministico, finì per giudicare la Rivoluzione Francese – che pure prima aveva sostenuto – come il regno dell’«anticristo», ovvero «[…] la fine (perversa) di tutte le cose». Lo scrisse nell’opuscolo Das Ende aller Dinge (“La fine di tutte le cose”), pubblicato nel 1794 in pieno Terrore e citato da Papa Benedetto XVI nella lettera enciclica Spe salvi, del 2007.
Prêtres sous la Terreur racconta questo martirio enorme con precisione e mestiere. Andrebbe tradotto, mostrato nelle scuole, passato in televisione. Il tributo di sangue pagato dal clero all’epoca non lascia traccia nei libri di testo e non fa audience, ma la nostra memoria ha il dovere d’inchinarsi.
Marco Respinti