di Marco Invernizzi
Ho imparato a recitare l’antica preghiera mariana Sub Tuum praesidium e l’esorcismo di papa Leone XIII Sancte Michael Archangele defende nos in proelio in Alleanza Cattolica, molti anni fa, da giovane che aveva appena ritrovato la fede, grazie a un amico siciliano che mi insegnò la prima quando viaggiavamo in macchina, mentre l’esorcismo era e rimane una preghiera che costantemente accompagna la recita della corona del Rosario durante le riunioni.
Papa Francesco le propone ora entrambe ai fedeli per tutto il mese di ottobre, tradizionalmente il mese del Rosario, per proteggere la Chiesa dal mondo, dalla “sporcizia” interna e dal diavolo. E di conseguenza invita tutti noi a porre la Chiesa sotto il manto protettore di Maria.
Sono tre battaglie distinte.
Il “mondo” contro la Chiesa
Il mondo odia la Chiesa perché il suo Principe è il diavolo, che fa “semplicemente” il proprio mestiere. Il “mondo” di cui si parla non è il mondo storico, e quindi contemporaneo, abitato dagli uomini che la Chiesa ama e vuole salvare, ma lo spirito del mondo: quella mondanità spirituale cui si riferisce spesso Papa Francesco e che impedisce alla Grazia divina di entrare nelle anime. È il mondo per il quale Gesù non ha potuto pregare perché conosce e rifiuta la verità, e quindi pecca contro lo Spirito santo, l’unico peccato che non può essere perdonato. Questo mondo odia e combatte da sempre la Chiesa, ma nella modernità ha costruito «strutture di peccato» particolari che permettono a esso di diffondere il male con la forza delle istituzioni, della cultura e del costume, come insegna in particolare il Magistero di san Giovanni Paolo II (1920-2005) nell’esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia del 1984.
Il “mondo” dentro la Chiesa
La “sporcizia” interna alla Chiesa, denunciata in particolare dall’allora card. Joseph Ratzinger nella celebrazione della Via Crucis del Venerdì Santo del 2005, è particolarmente diffusa oggi, come ricordano le cronache dei giornali con una particolare enfasi non priva di malizia. Tale sporcizia si è diffusa nella Chiesa e ha prodotto nei decenni troppi casi di abusi sessuali su minori e una consistente propagazione di casi di omosessualità anche a livelli importanti del clero. Questa piaga viene combattuta con la cosiddetta “tolleranza zero” introdotta da Papa Benedetto XVI, consistente in una serie cospicua di provvedimenti giuridici e preventivi voluti dai Pontefici e dalle diverse congregazioni vaticane interessate, e con l’invito a denunciare alla autorità competente i casi accertati anziché cercare di tergiversare e coprire, anche in buona fede, gli scandali presunti. Tuttavia esiste anche il rischio, che va combattuto, di dimenticare come il Magistero ricordi con forza il dovere di accogliere e di aiutare le persone con qualsiasi “orientamento” sessuale, ma anche il dovere di dire la verità sulla sessualità e sull’amore umano, così denunciando l’ideologia omosessualista profondamente penetrata nella cultura e nel costume delle élite internazionali e spesso accolta benevolmente da diversi intellettuali cattolici. Se questa ideologia va combattuta, contemporaneamente non bisogna ritenere che tutti gli omosessuali siano però pedofili, creando un falso corto circuito. Il rimedio alla “sporcizia” penetrata anche nella vita della Chiesa consiste nel cambiare una mentalità che unisce relativismo individualista ad arroganza clericale, come bene spiega Papa Francesco, e nella diffusione della “teologia del corpo” insegnata da san Giovanni Paolo II, che permette di accostare il tema della sessualità come un dono previsto dal piano di Dio.
Il “mondo” al servizio del diavolo
Infine il diavolo. Il Papa ne parla spesso, ma non così avviene nella pastorale ordinaria di molti sacerdoti. Dopo la diffusione di una grande confusione dottrinale a proposito dell’esistenza del demonio, oggi l’angelo ribelle contro cui combatté san Michele sta favorendo le divisioni, la penetrazione del rancore nelle relazioni anche all’interno della Chiesa, e in particolare una profonda e radicale avversità nei confronti del Pontefice da parte di ambienti che usano strumentalmente la Tradizione esattamente come il padre del protestantesimo, Martin Lutero (1483-1546), usava strumentalmente la Scrittura per dividere e per suscitare contrapposizioni invece che per favorire la pace e la concordia.
Al rancore e allo spirito di divisione bisogna contrapporre soprattutto la preghiera e la penitenza, e lo stesso rimedio vale per la sporcizia morale. Solo ritrovando la pace e la comunione nei rapporti fra le persone sarà possibile affrontare e ridimensionare la piaga della corruzione che si è diffusa nel corpo ecclesiale, e ritornare a esaltare la purezza e la castità come princìpi fondamentali dell’essere cristiani. Ma questo potrà avvenire soltanto riconoscendo l’autorità di Pietro, rinnovando l’obbedienza difficile ma essenziale che proprio cinquant’anni fa è stata messa in discussione da quella rivoluzione antropologica che molti oggi dicono di volere combattere.