La verità si esprime con le parole essenziali, ma va soprattutto contemplata
di Michele Brambilla
Prendendo la parola nell’Aula Nervi all’inizio dell’udienza generale del 15 dicembre, Papa Francesco mette a tema il silenzio di san Giuseppe. «Tante volte oggi ci vuole il silenzio», sospira il Pontefice: «il silenzio è importante, a me colpisce un versetto del Libro della Sapienza che è stato letto pensando al Natale e dice: “Quando la notte era nel più profondo silenzio, lì la tua parola è discesa sulla terra”».
Viviamo, però, in un mondo in cui le anime vengono soffocate dal rumore. Il Papa evidenzia che «i Vangeli non ci riportano nessuna parola di Giuseppe di Nazaret, niente, non ha mai parlato. Ciò non significa che egli fosse taciturno, no, c’è un motivo più profondo. Con questo suo silenzio, Giuseppe conferma quello che scrive Sant’Agostino: “Nella misura in cui cresce in noi la Parola – il Verbo fatto uomo – diminuiscono le parole”», perché la verità su Dio e su noi stessi non ha bisogno di molte circonlocuzioni. «Lo stesso Giovanni Battista», osserva, «che è “la voce che grida nel deserto: “Preparate la via del Signore”” (Mt 3,1), dice nei confronti del Verbo: “Egli deve crescere e io devo diminuire” (Gv 3,30). Questo vuol dire che Lui deve parlare e io stare zitto e Giuseppe con il suo silenzio ci invita a lasciare spazio alla Presenza della Parola fatta carne, a Gesù». Quindi «il silenzio di Giuseppe non è mutismo», ma «è un silenzio pieno di ascolto, un silenzio operoso, un silenzio che fa emergere la sua grande interiorità». Il piccolo «Gesù è cresciuto a questa “scuola”, nella casa di Nazaret, con l’esempio quotidiano di Maria e Giuseppe. E non meraviglia il fatto che Lui stesso, cercherà spazi di silenzio nelle sue giornate (cfr Mt 14,23) e inviterà i suoi discepoli a fare tale esperienza» con Lui, Parola vivente.
Dice il Papa: «come sarebbe bello se ognuno di noi, sull’esempio di San Giuseppe, riuscisse a recuperare questa dimensione contemplativa della vita spalancata proprio dal silenzio. Ma tutti noi sappiamo per esperienza che non è facile: il silenzio un po’ ci spaventa, perché ci chiede di entrare dentro noi stessi e di incontrare la parte più vera di noi. E tanta gente ha paura del silenzio, deve parlare, parlare, parlare o ascoltare, radio, televisione …, ma il silenzio non può accettarlo perché ha paura. Il filosofo Pascal osservava che “tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera”», riflettendo su se stessi.
La lingua è quasi più mortale della spada, come ricorda la Scrittura. «Questo è il motivo per cui», allora, «dobbiamo imparare da Giuseppe a coltivare il silenzio: quello spazio di interiorità nelle nostre giornate in cui diamo la possibilità allo Spirito di rigenerarci, di consolarci, di correggerci». A questo scopo, Francesco detta un’altra preghiera:
«San Giuseppe, uomo del silenzio,
tu che nel Vangelo non hai pronunciato nessuna parola,
insegnaci a digiunare dalle parole vane,
a riscoprire il valore delle parole che edificano, incoraggiano, consolano, sostengono.
Fatti vicino a coloro che soffrono a causa delle parole che feriscono,
come le calunnie e le maldicenze,
e aiutaci a unire sempre alle parole i fatti. Amen».
Giovedì, 16 dicembre 2021