di Gabriele Fontana
Il 27 aprile 1018, il vescovo di Firenze Ildebrando (morto dopo il 1020) diede avvio alla costruzione della basilica di San Miniato al Monte affinché custodisse le reliquie del martire Miniato (†250 ca.), da poco rinvenute nel luogo ora corrispondente alla Porta Santa della basilica stessa. Secondo la narrazione agiografica del martirio, Miniato, soldato armeno, fu vittima della persecuzione avvenuto intorno al 250, regnante l’imperatore Decio. I soldati romani si accanirono inefficacemente contro di lui fino a decapitarlo sulle rive dell’Arno. Ma Miniato raccolse la propria testa e si incamminò sul colle sovrastante, dove infine morì.
L’edificio, ora millenario, prese il posto di un più antico luogo di culto (se ne hanno notizie nel secolo VIII) che ai tempi della nuova fondazione versava in condizioni fatiscenti.
Qui ora sorge un magnifico edificio romanico dalla elegante facciata bicolore bianca e verde, uno dei più illustri esempi del romanico toscano, dalla raffinata geometria che nell’allusione simbolica richiama la perfezione divina. La facciata guarda la città dall’alto del Mons Florentinus, con il mosaico su fondo oro del Cristo benedicente tra la Vergine e san Miniato. Superata la Porta Santa, sovrastata dalla scritta «Haec est porta coeli», ci si incammina sul tappeto marmoreo bianco e nero del pavimento, caratterizzato dal grande zodiaco, simbolo dell’armonia cosmica, al cui centro si trova il Sole, che a propria volta rimanda alla centralità di Cristo. Al termine vi è il sacello, ornato da pannelli dipinti e terrecotte robbiesche, destinato inizialmente a custodire il crocifisso miracoloso detto di san Gualberto, adesso altrove.
Il presbiterio si presenta alquanto rilevato sopra la cripta, introdotto da due scalinate rinascimentali di marmo, mentre duecentesco è l’ambone è appoggiato alla recinzione presbiteriale e raffigurante tre dei quattro evangelisti. La ricca recinzione in tarsia marmorea non è altro che l’evocazione – tutto l’edificio è ricco di interpretazioni simboliche e teologiche, come vuole la cultura della civiltà cristiana – delle mura della Gerusalemme celeste descritte nell’Apocalisse. Nell’abside il grande mosaico su fondo oro del Cristo Pantocrator riprende, ampliandola, la rappresentazione musiva della facciata. Suggestivo l’effetto di luce – la signoria di Cristo sulle tenebre – che le cinque grandi finestre absidali donano ogni alba, a illuminare lo spazio sacro.
Le reliquie del martire Miniato sono venerate nella vasta cripta sottostante l’altare maggiore, la parte più antica della basilica, dove troviamo ancora un richiamo simbolico, questa volta alla Trinità, nella luce che proviene dalle tre monofore aperte verso l’esterno.
Nella loro storia millenaria, la basilica e l’abbazia annessa hanno visto avvicendarsi i monaci benedettini, che aderirono in seguito alla congregazione cluniacense, sostituiti verso la fine del 1300 dai monaci di Monte Oliveto Maggiore. Dopo alterne vicende, che hanno visto il complesso destinato a svariati usi compreso quello cimiteriale, nel 1924 i monaci olivetani hanno ripreso possesso degli edifici. San Miniato, con i suoi monaci, è ora un riferimento importante nella vita spirituale di Firenze, animato dalla suggestiva liturgia in lingua latina, accompagnata dal canto gregoriano. Il fascino del luogo per altro aiuta a interiorizzare ciò che recita una delle iscrizioni della basilica: «Quando siete davanti a Dio non allontanatevi dal vostro cuore. Se non è il cuore a pregare, la lingua si affatica invano».
Un vasto programma di eventi caratterizza tra il 2018 e il 2019 la celebrazione del millenario.
Sabato, 3 novembre 2018