L’adulto si illude della propria potenza, mentre il bambino conserva lo stupore e l’anziano è vissuto abbastanza da comprendere che bisogna tornare a fidarsi di Dio
di Michele Brambilla
Aprendo l’udienza generale del 21 aprile, Papa Francesco invita a considerare che «la preghiera è dialogo con Dio; e ogni creatura, in un certo senso, “dialoga” con Dio» utilizzando il proprio linguaggio specifico. Le lingue sono opera dell’uomo, ma il Papa ricorda, però, che «la Parola divina si è fatta carne, e nella carne di ogni uomo la parola torna a Dio nella preghiera». Come insegna la liturgia, tutto avviene per Cristo, con Cristo e in Cristo.
Non c’è quindi vicenda umana che non sia stata attraversata dal Figlio di Dio e che non sia irrorata dalla preghiera: «è per questa ragione che la Sacra Scrittura ci insegna a pregare anche con parole talvolta audaci. Gli scrittori sacri non vogliono illuderci sull’uomo: sanno che nel suo cuore albergano anche sentimenti poco edificanti, addirittura l’odio. Nessuno di noi nasce santo, e quando questi sentimenti cattivi bussano alla porta del nostro cuore bisogna essere capaci di disinnescarli con la preghiera e con le parole di Dio».
La preghiera, spiega il Papa, nasce anzitutto come vocale: «la prima preghiera umana è sempre una recita vocale. Per prime si muovono sempre le labbra. Anche se tutti sappiamo che pregare non significa ripetere parole, tuttavia la preghiera vocale è la più sicura ed è sempre possibile esercitarla. I sentimenti invece, per quanto nobili, sono sempre incerti: vanno e vengono, ci abbandonano e ritornano», ondivaghi come le nostre fortune. «La preghiera del cuore è misteriosa e in certi momenti latita. La preghiera delle labbra, quella che si bisbiglia o che si recita in coro, è invece sempre disponibile, e», sostiene il Santo Padre, «necessaria come il lavoro manuale».
Il Pontefice fa, in proposito, due esempi. Il primo è quello della preghiera apparentemente “meccanica” di certi vecchietti: «tutti dovremmo avere l’umiltà di certi anziani che, in chiesa, forse perché ormai il loro udito non è più fine, recitano a mezza voce le preghiere che hanno imparato da bambini, riempiendo la navata di bisbigli. Quella preghiera non disturba il silenzio, ma testimonia la fedeltà al dovere dell’orazione, praticata per tutta una vita, senza venire mai meno». C’è quindi qualcosa di prezioso, che ricorda la spiritualità di un altro celebre maestro spirituale: «abbiamo tutti da imparare dalla costanza di quel pellegrino russo, di cui parla una celebre opera di spiritualità, il quale ha appreso l’arte della preghiera ripetendo per infinite volte la stessa invocazione: “Gesù, Cristo, Figlio di Dio, Signore, abbi pietà di noi, peccatori!”». Dietro la ripetizione c’è quindi la fedeltà, dettata da un amore autentico verso il Signore e le Sue creature. «Dunque», sentenzia il Papa, «non dobbiamo disprezzare la preghiera vocale. Qualcuno dice: “Eh, è cosa per i bambini, per la gente ignorante; io sto cercando la preghiera mentale, la meditazione, il vuoto interiore perché venga Dio”. Per favore, non bisogna cadere nella superbia di disprezzare la preghiera vocale. È la preghiera dei semplici, quella che ci ha insegnato Gesù», che ci ha ammonito severamente: «in verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Gli adulti si credono autosufficienti e presumono di trasformare la realtà a piacimento, mentre i bambini guardano al mondo ancora con stupore e ne colgono il Mistero; gli anziani hanno vissuto a sufficienza per comprendere che la vera libertà è tornare a fidarsi, esattamente come i bambini.
Giovedì, 22 aprile 2021