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La scelta di san Mattia

13 Giugno 2019 - Autore: Michele Brambilla

di Michele Brambilla

Mercoledì 12 giugno, il primo successivo alla solennità di Pentecoste, Papa Francesco dedica l’udienza generale a una scelta importante che gli undici Apostoli sopravvissuti al “trauma” della Passione di Cristo dovettero prendere non appena disceso lo Spirito Santo. Il Papa, infatti, ricorda che «tutto parte dalla Risurrezione di Cristo. Questa, infatti, non è un evento tra gli altri, ma è la fonte della vita nuova», ma per renderlo concretamente visibile occorreva che si ricostituisse l’unità nel gruppo dei discepoli, lacerata dal tradimento e dal suicidio di Giuda. Solo in questo modo, infatti, sarebbe stato chiaro a tutti che quanto stava accadendo era in continuità con il vissuto delle dodici tribù di Israele e lo portava a compimento. «I discepoli lo sanno e – obbedienti al comando di Gesù – rimangono uniti, concordi e perseveranti nella preghiera. Si stringono a Maria, la Madre, e si preparano a ricevere la potenza di Dio non in modo passivo, ma consolidando la comunione tra loro». Nella preghiera chiedono chi possa prendere il posto del discepolo infedele.

I requisiti per essere cooptati tra i Dodici vengono enunciati da Pietro, che esercita così per la prima volta il lato “legislativo” del potere affidato al Sommo Pontefice: «[…] il nuovo membro deve essere stato un discepolo di Gesù dall’inizio, cioè dal battesimo nel Giordano, fino alla fine, cioè all’ascensione al Cielo (cfr At 1,21-22)». Vengono rintracciati due candidati idonei: Giuseppe detto “Barsabba” e Mattia. «Allora tutta la comunità prega così: “Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto … che Giuda ha abbandonato” (At 1,24-25). E, attraverso la sorte, il Signore indica Mattia, che viene associato agli Undici. Si ricostituisce così», sottolinea Francesco, «il corpo dei Dodici, segno della comunione, e la comunione vince sulle divisioni, sull’isolamento, sulla mentalità che assolutizza lo spazio del privato, segno che la comunione è la prima testimonianza che gli Apostoli offrono. Gesù l’aveva detto: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35)».

Una veloce scorsa a un manuale di storia della Chiesa rende sufficientemente edotti di come l’auspicio dell’unità sia stato spesso disatteso nel corso dei secoli. Basta inoltre mettere piede in parrocchia, o alla riunione di qualche gruppo cattolico, per costatare quanto l’amore fraterno rimanga più un’aspirazione che una realtà documentabile. Il Papa allora ammonisce che «anche noi abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza di testimoniare il Risorto, uscendo dagli atteggiamenti autoreferenziali, rinunciando a trattenere i doni di Dio e non cedendo alla mediocrità. Il ricompattarsi del collegio apostolico mostra come nel DNA della comunità cristiana ci siano l’unità e la libertà da sé stessi, che permettono di non temere la diversità, di non attaccarsi alle cose e ai doni e di diventare martyres, cioè testimoni luminosi del Dio vivo e operante nella storia».

Giovedì, 6 giugno 2019

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