di Silvia Scaranari
Il Santo Padre ha ripreso il 1° agosto le udienze generali in Piazza San Pietro, dopo la sospensione del mese di luglio. Il tema, come già degli ultimi due di giugno, è l’analisi dei Comandamenti. «Dio non ci ha chiamati alla vita per rimanere oppressi», ha detto il Pontefice, «ma per essere liberi e vivere nella gratitudine, obbedendo con gioia a Colui che ci ha dato tanto, infinitamente più di quanto mai potremo dare a Lui». I Comandamenti sono proprio questo, un dialogo di amore di un Padre che prima dona ai propri figli prigionieri in Egitto, la liberazione, e poi, solo dopo, apre una relazione di fiducia con il suo popolo eletto in modo che i figli possano rimanere liberi. Il Decalogo viene dopo la traversata del Mar Rosso perché prima Dio dona, poi chiede e chiede creando una relazione, parlando con Mosé.
«Nella Bibbia», ha proseguito il Papa, «i comandamenti non vivono per sé stessi, ma sono parte di un rapporto, una relazione. Il Signore Gesù non è venuto ad abolire la Legge, ma a dare il compimento. E c’è quella relazione dell’Alleanza fra Dio e il suo Popolo. All’inizio del capitolo 20 del libro dell’Esodo leggiamo – e questo è importante – : “Dio pronunciò tutte queste parole” (v. 1)».
Si tratta di parole e infatti la tradizione ebraica ha sempre indicato i Comandamenti con il termine decalogo, cioè dieci parole. E il termine “parola” indica che Dio non ordina, e poi si ritira, ma apre una relazione. «La parola, invece, è il mezzo essenziale della relazione come dialogo. Dio Padre crea per mezzo della sua parola, e il Figlio suo è la Parola fatta carne. L’amore si nutre di parole, e così l’educazione o la collaborazione», afferma Papa Francesco, e «l’uomo è di fronte a questo bivio: Dio mi impone le cose o si prende cura di me? I suoi comandamenti sono solo una legge o contengono una parola, per curarsi di me? Dio è padrone o Padre? Dio è Padre: non dimenticatevi mai questo […] I comandamenti sono il cammino verso la libertà, perché sono la parola del Padre che ci fa liberi in questo cammino».
Il dialogo che Dio offre all’uomo per guidarlo verso la libertà vera inizia con «Io sono il Signore, tuo Dio». «C’è un possessivo, c’è una relazione, ci si appartiene. – sottolinea il Papa nell’udienza del 27 giugno – Dio non è un estraneo: è il tuo Dio». La relazione che Dio Padre vuole offrire all’uomo è quella propria di Gesù che dirà ai suoi discepoli «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi» (Gv 15,9). Infatti, «Cristo è l’amato dal Padre e ci ama di quell’amore». Le indicazioni del Decalogo sono per l’uomo, non contro l’uomo, infatti «ti liberano dal tuo egoismo e ti liberano perché c’è l’amore di Dio che ti porta avanti. La formazione cristiana non è basata sulla forza di volontà, ma sull’accoglienza della salvezza, sul lasciarsi amare». Lasciarsi amare, cioè lasciarsi liberare dal Padre a cui occorre chiedere «di essere liberati dall’egoismo, dal peccato, dalle catene della schiavitù» che fanno vivere in una dimensione diversa da quella che Lui indica.
Il 1 agosto Papa Francesco ha ripreso dal primo comandamento “Non avrai altri dei difronte a me” per sottolineare la pericolosità dell’idolatria anche nel XXI secolo. Non si tratta di fare totem o vitelli d’oro ma tante sono le forme di idolatria in cui si può cadere. «Che cos’è un “dio” sul piano esistenziale? È ciò che sta al centro della propria vita e da cui dipende quello che si fa e si pensa» dice il Pontefice.
Cosa c’è al centro del mio cuore? C’è un Padre a cui obbedire con amore filiale o c’è la mia carriera, il mio successo, l’approvazione degli altri, una mia passione. «L’idolo è in realtà una proiezione di sé stessi negli oggetti o nei progetti […] per la carriera si sacrificano i figli, trascurandoli o semplicemente non generandoli; la bellezza chiede sacrifici umani. Quante ore davanti allo specchio! […] La fama chiede l’immolazione di sé stessi, della propria innocenza e autenticità. Gli idoli chiedono sangue. Il denaro ruba la vita e il piacere porta alla solitudine [ …] Anche la droga è un idolo. Quanti giovani rovinano la salute, persino la vita, adorando quest’idolo della droga.»
Gli idoli sono i nostri desideri messi al primo posto perché pensiamo che da questi dipenda la nostra felicità. Al contrario perdiamo la nostra libertà e ci facciamo schiavizzare dalle passioni. Gli “idoli” non posso dare la felicità perché non hanno vita propria, «ci si ritrova a vivere per quella cosa o per quella visione, presi in un vortice auto-distruttivo, in attesa di un risultato che non arriva mai.»
Il Padre ci dona la libertà, unica vera condizione per poter amare nella verità, non ci sottomette, non chiede di cambiare la giusta gerarchia della nostra vita, anzi ci aiuta a mantenerla. «E così per andare dietro agli idoli, a un idolo, possiamo persino rinnegare il padre, la madre, i figli, la moglie, lo sposo, la famiglia … le cose più care. L’attaccamento a un oggetto o a un’idea rende ciechi all’amore. Portate questo nel cuore: gli idoli ci rubano l’amore, gli idoli ci rendono ciechi all’amore e per amare davvero bisogna esseri liberi da ogni idolo. Qual è il mio idolo? Toglilo e buttalo dalla finestra!» concludere il Santo Padre proprio nel giorno di sant’Alfonso Maria de’ Liquori, il santo napoletano che tanto ha operato per addolcire i cuori, per educare santi confessori e per convertire i cuori con la semplicità dell’Amore di Dio Padre.
2 agosto 2018