Da Avveniredicalabria del 14/12/2017. Foto da Wikipedia
Oggi, 14 dicembre, in Senato – su spinta del centro sinistra e con la complicità del Movimento 5 stelle – si è scritta un’altra pagina triste della politica italiana con l’approvazione della proposta di legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat). Un nome che, letto così, non dice molto ma che nella sostanza propone il biotestamento aprendo di fatto una porta all’eutanasia. La strategia è sempre la stessa: un uso strumentale e incomprensibile del linguaggio per proporre una legge che non è compiuta nelle sue intenzioni ma che crea i presupposti culturali per lasciarsi accettare senza troppe resistenze.
Il dibattito c’è e non ci si può sottrarre, ma qual è l’insegnamento della Chiesa cattolica su queste tematiche inerenti i diritti e i valori della persona umana? Esiste una “Dichiarazione sull’eutanasia” della Congregazione per la dottrina della fede risalente al 1980 dove si può leggere che «Nella società odierna, nella quale non di rado sono posti in causa gli stessi valori fondamentali della vita umana, la modificazione della cultura influisce sul modo di considerare la sofferenza e la morte; la medicina ha accresciuto la sua capacità di guarire e di prolungare la vita in determinate condizioni, che talvolta sollevano alcuni problemi di carattere morale. Di conseguenza, gli uomini che vivono in un tale clima si interrogano con angoscia sul significato dell’estrema vecchiaia e della morte, chiedendosi conseguentemente se abbiano il diritto di procurare a se stessi o ai loro simili la “morte dolce”, che abbrevierebbe il dolore e sarebbe, ai loro occhi, più conforme alla dignità umana». È da questa consapevolezza essenziale che poi si snocciolano i diversi punti d’analisi del documento.
In primis il documento ci ricorda che «La vita umana è il fondamento di tutti i beni, la sorgente e la condizione necessaria di ogni attività umana e di ogni convivenza sociale. Se la maggior parte degli uomini ritiene che la vita abbia un carattere sacro e che nessuno ne possa disporre a piacimento, i credenti vedono in essa anche un dono dell’amore di Dio, che sono chiamati a conservare e a far fruttificare».
Nel secondo punto si tratta più da vicino il tema dell’eutanasia ribandendo «con tutta fermezza che niente e nessuno può autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno, inoltre, può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo. Si tratta, infatti, di una violazione della legge divina, di una offesa alla dignità della persona umana, di un crimine contro la vita, di un attentato contro l’umanità». Continuando, il documento aggiunge che «Le suppliche dei malati molto gravi, che talvolta invocano la morte, non devono essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia; esse infatti sono quasi sempre richieste angosciate di aiuto e di affetto. Oltre le cure mediche, ciò di cui l’ammalato ha bisogno, è l’amore, il calore umano e soprannaturale, col quale possono e debbono circondarlo tutti coloro che gli sono vicini, genitori e figli, medici e infermieri».
L’ultimo punto del documento parla dell’atteggiamento del cristiano di fronte alla sofferenza ed alla morte, questione centrale e forse anche da riscoprire per chi vive la fede nella Resurrezione del Cristo. La morte e la sofferenza, infatti, pongono da sempre numerosi interrogativi nell’uomo, «Secondo la dottrina cristiana, però, il dolore, soprattutto quello degli ultimi momenti di vita, assume un significato particolare nel piano salvifico di Dio; è infatti una partecipazione alla Passione di Cristo ed è unione al sacrificio redentore, che Egli ha offerto in ossequio alla volontà del Padre».
Le conclusioni del documento, dopo aver chiarito che la Chiesa, proprio perché riconosce la dignità di ogni persona umana quale immagine e somiglianza di Dio, è contraria ad ogni accanimento medico e quindi propone l’accompagnamento del malato attraverso un «uso proporzionato dei mezzi terapeutici», ricordano che «Se da una parte la vita è un dono di Dio, dall’altra la morte è ineluttabile; è necessario, quindi, che noi, senza prevenire in alcun modo l’ora della morte, sappiamo accettarla con piena coscienza della nostra responsabilità e con tutta dignità. È vero, infatti, che la morte pone fine alla nostra esistenza terrena, ma allo stesso tempo apre la via alla vita immortale. Perciò tutti gli uomini devono prepararsi a questo evento alla luce dei valori umani, e i cristiani ancor più alla luce della loro fede». E ancora raccomanda a «Coloro che si dedicano alla cura della salute pubblica non tralascino niente per mettere al servizio degli ammalati e dei moribondi tutta la loro competenza; ma si ricordino anche di prestare loro il conforto ancor più necessario di una bontà immensa e di una carità ardente. Un tale servizio prestato agli uomini è anche un servizio prestato al Signore stesso».
Giorgio Arconte