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Senza principi non si costruisce nulla

18 Settembre 2020 - Autore: Marco Invernizzi

Galli della Loggia ritorna sulla perdita dei principi che fecero la nostra civiltà, diagnosi confermata da recenti interventi di uomini politici anche del centro-destra. Senza principi si può vincere una tornata elettorale, si può arrivare a governare, ma non si costruisce il bene comune.

di Marco Invernizzi

Ernesto Galli della Loggia ha il merito di scrivere ogni tanto sul Corriere della Sera a proposito della attuale crisi del mondo occidentale causata dalla perdita dei valori o principi tipici della civiltà giudeo-cristiana. Il suo merito è maggiore perché pochi altri si avvedono di questa mancanza e cercano di porvi rimedio, almeno ricordando l’esistenza e l’importanza di questi principi.

Il 17 settembre Galli della Loggia è entrato ancora di più nei particolari e ha scritto quali sono questi principi: “per dire solo le prime che vengono alla mente, la fede religiosa fondata sul lascito giudaico-cristiano, l’istituto della famiglia, un sistema d’istruzione orientata all’umanesimo nutrito dalla tradizione classica”.

Scrivere certe cose in prima pagina sul primo quotidiano italiano non è poca cosa, è un po’ come accendere la luce in una casa completamente al buio.

Allora mi permetto di aggiungere qualche riflessione.

La religione cattolica, la famiglia, l’educazione che affonda le sue radici nella tradizione classica non sono opinioni qualsiasi, ma sono le radici fondamentali della nostra società. Rifiutarle o anche semplicemente ignorarle, significa voltare le spalle alla nostra identità. Molti lo fanno e da molti decenni, anche questo andrebbe detto e scritto, altrimenti si rischia di rimanere sempre nel vago, di non capire quali intellettuali e quali uomini politici del nostro Paese spingono in una direzione identitaria e quali, al contrario, vi si oppongono.

Quando il senatore Salvini dice, a proposto della possibilità di assumere la pillola Ru486 senza passare dal ricovero ospedaliero, che bisogna lasciare scegliere le donne, non tiene conto che il tema in oggetto non è la libertà delle donne ma la sopravvivenza di una persona concepita. Chi ha capito che questa è la posta in gioco, non commetterebbe certi errori, soprattutto non li commetterebbe il capo di un partito che si ritiene identitario, cioè sostenitore e difensore dell’identità nazionale.

Ci sono molte cose opinabili in politica, ma alcuni principi sono fondamentali, perché rappresentano la base dello stare insieme, del bene comune. Se viene meno la consapevolezza che il concepito è “uno di noi”, che la sua vita è sacra e inviolabile, allora tutto il resto sfuma in un relativismo totale. Il criterio è se la vita è sempre sacra e inviolabile e quindi è importante favorire una più ampia riflessione alla donna che ha deciso di abortire, evitando di ridurre la pratica abortiva a una faccenda privata (come invece vorrebbero i sostenitori della possibilità di assumere la pillola senza passare dalla degenza in ospedale). In sostanza, il tema è se favorire od ostacolare con tutti i mezzi legittimi possibili, l’uccisione di un innocente.

Sembra che nelle campagne elettorali i temi etici, riguardanti vita e famiglia, siano sempre accuratamente evitati, anche dai candidati di centro-destra che avrebbero tutto da guadagnare invece evocandoli, perché il loro elettorato è sensibile alla difesa della vita e della famiglia. Si tratta di uno sbaglio enorme, sia perché i principi fondamentali vanno difesi e promossi a prescindere dalla convenienza elettorale, sia perché l’assenza di una attenzione ai principi favorisce gli artefici del relativismo anti identitario, quelli che vogliono voltare le spalle alle radici, come spiega bene Galli della Loggia. Su temi importanti ma opinabili, le maggioranze cambiano e si creano alleanze imprevedibili, come dimostra per esempio il referendum sulla riduzione dei parlamentari, mentre sui principi fondamentali magari si perdono singole battaglie, come tante volte è accaduto in passato, ma si comincia a costruire l’unico possibile autentico bene comune. Sarebbe buona cosa ricordarlo sempre.

Venerdì, 18 settembre 2020

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Info Marco Invernizzi

Marco Invernizzi nasce a Milano nel 1952. Nel 1977 si laurea in filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore con una tesi su Il periodico "Fede e Ragione" nell'ambito della storia del Movimento Cattolico italiano dal 1919 al 1929, relatore il professor Luigi Prosdocimi. Dopo gli studi universitari continua ad approfondire, in modo non puramente intellettualistico - dal 1972 milita in Alleanza Cattolica, della quale è stato responsabile per la Lombardia e per il Veneto fino al 2016-, le vicende del movimento cattolico in Italia. Ha pubblicato, fra l'altro, L'Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di impegno politico unitario dei cattolici(Cristianità, Piacenza 1993); La Chiesa, la politica, il potere attraverso i secoli (contributo a Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, a cura di Franco Cardini, Piemme, Casale Monferrato 1994); e, con altri, I Papi del nostro secolo, parte prima Da Leone XIII a Pio XII (Italica Libri/Editoriale del Drago, Milano 1991); e Guida introduttiva alla storia della Chiesa cattolica (Mimep-Docete, Pessano [Milano]). Collabora a Cristianità e ad altre riviste e quotidiani. Dal 1989 conduce a Radio Maria la trasmissione settimanale La voce del Magistero. Nella linea di quanto già edito si pone Il movimento cattolico in Italia dalla fondazione dell'Opera dei Congressi all'inizio della seconda guerra mondiale (1874-1939), un'opera di sintesi in cui viene ripercorsa la storia del movimento cattolico, con particolare attenzione alle sue espressioni politiche, dalla Breccia di Porta Pia alla vigilia del secondo conflitto mondiale. Dal 28 maggio 2016 è Reggente Generale di Alleanza Cattolica.

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