di Silvia Scaranari
La scorsa settimana, il Santo Padre aveva invitato i fedeli a riflettere sull’atto penitenziale che la liturgia domenicale propone all’inizio della celebrazione. Mercoledì 10 gennaio ha proseguito sottolineando l’importanza del silenzio a cui più volte si è chiamati quando il celebrante, durante la santa messa, inizia dicendo «Preghiamo».
La cosiddetta “Colletta”, dopo l’inno gioioso del Gloria che immerge i fedeli nella luce degli angeli intorno alla capanna di Betlemme, sottolinea il carattere proprio di ogni celebrazione. Ma appunto con l’invito a pregare il sacerdote offre l’opportunità di qualche secondo di silenzio perché senza questo silenzio «[…] rischiamo di trascurare il raccoglimento dell’anima».
Durante la Messa, come durante ogni preghiera, ci si pone alla presenza di Dio, alla presenza di Colui che ha creati gli uomini e li ha amati fin dall’eternità. È un frangente d’importanza stravolgente. Il nostro cuore, la nostra mente devono essere consapevoli della straordinarietà del momento e questa coscienza si può ottenere solo con un raccoglimento silenzioso in cui «far emergere, ciascuno nel proprio cuore, le personali intenzioni con cui partecipa alla Messa».
Il silenzio non è un momento vuoto: anzi, sottolinea Papa Francesco, «il silenzio non si riduce all’assenza di parole, bensì nel disporsi ad ascoltare altre voci: quella del nostro cuore e, soprattutto, la voce dello Spirito Santo».
Viviamo immersi nel frastuono della vita frenetica, nelle chiacchere più vane e da questo emerge, quando siamo alla presenza di Dio, «[…] l’importanza di ascoltare il nostro animo per aprirlo poi al Signore. Forse veniamo da giorni di fatica, di gioia, di dolore, e vogliamo dirlo al Signore, invocare il suo aiuto, chiedere che ci stia vicino; abbiamo familiari e amici malati o che attraversano prove difficili; desideriamo affidare a Dio le sorti della Chiesa e del mondo. E a questo serve il breve silenzio prima che il sacerdote, raccogliendo le intenzioni di ognuno, esprima a voce alta a Dio, a nome di tutti, la comune preghiera che conclude i riti d’introduzione, facendo appunto la “colletta” delle singole intenzioni».
Dovrebbe essere cura speciale dei sacerdoti aiutare i fedeli a fare silenzio, celebrando con precisione e compostezza, senza avere fretta di andare avanti, di concludere. Non si può avere fretta davanti a Dio. Il celebrante recita la colletta con le braccia allargate e rivolte verso l’alto perché imita Cristo crocefisso, colto nel momento di massima preghiera al Padre per ognuno di noi, individualmente. Non c’è la massa davanti agli occhi di Dio: c’è sempre e solo il singolo che il Padre ama di un amore unico, perfetto. Con il celebrante a braccia aperte, c’è Gesù. «E lì, Cristo è l’Orante ed è insieme la preghiera! Nel Crocifisso riconosciamo il Sacerdote che offre a Dio il culto a lui gradito, ossia l’obbedienza filiale».
La Santa Messa è pentimento per ottenere la misericordia del Padre, è trionfo di gioia nell’unione con la gloria di Dio, ma è unione silenziosa del nostro cuore con il cuore di Dio che ci parla e ci guida verso Sé.