Da “La nuova Bussola Quotidiana” dell’11 febbraio 2017. Foto da Al.com
“Pensavo che quelli del Ku Klux Klan fossero OK finché non ho scoperto che si facevano le canne”. Lo ha detto negli anni 1980 Jeff Sessions, il ministro della Giustizia dell’Amministrazione Trump confermato mercoledì dal Senato con 52 voti contro 47 (51 Repubblicani e un Democratico contro 47 Democratici, giacché un Repubblicano era assente) dopo le ennesime aspre contestazioni. E allora perché ci sono dei leader religiosi neri che lo difendono pubblicamente? Uno di loro, il reverendo Dean Nelson, dice che in Alabama Sessions ha sempre «[…] dimostrato rispetto e attenzione per le persone di qualsiasi razza», operando «[…] instancabilmente per la desegregazione e la giustizia», e il reverendo Nelson serve nel consiglio direttivo della Frederick Douglass Foundation, un’istituzione intitolata appunto a Frederick Douglass (1818-1895), l’ex schiavo nero diventato campione dell’abolizionismo.
Un altro, il vescovo Kyle Searcy, della Fresh Anointing House of Worship di Montgomery, sempre in Alabama, una Chiesa protestante interconfessionale e interraziale, dice che Sessions: «[…] rappresenta i valori in cui crediamo noi», aggiungendo: «Gli americani vivono oggi in un clima tossico dove l’accusa di razzismo viene gettata con noncuranza addosso a tutti coloro con cui la Sinistra non è d’accordo. Oggi dobbiamo chiarire che verso Jeff Sessions quest’accusa è priva di fondamento». Un secondo vescovo nero, Harry Jackson, della Hope Christian Church, poco distante dalla capitale federale Washington, ricorda l’impegno di Sessions per porre fine alla divisone tra bianchi e neri nelle scuole.
E quindi quella frase sul Klan e le canne? Un battuta, ma se uno l’umorismo non ce la mica glielo si può insufflare, scrive Rich Lowry, direttore del quindicinale conservatore National Review.
Ecco come andò. Il ragazzo nero Michael Donald (1962-1981) era stato linciato dal KKK a Mobile, Alabama, il 21 marzo 1981. Gli assassini furono i fratelli Henry Francis Hays (1954-1997) ? figlio di Bennie Hays, alto dignitario del Klan ? e James Llewellyn “Tiger” Knowles. Arrestati, Harry prima negò, poi confessò, ma non si dichiarò mai pentito; anche James confessò chiedendo però perdono. All’epoca Sessions dirigeva l’ufficio della pubblica accusa nella cittadina dove avvenne il delitto (lo fece dal 1981 al 1993, poi divenne ministro della Giustizia dell’Alabama fino al 1997 e quindi è stato senatore nel parlamento di quello Stato fino a ieri).
Durante le indagini venne fuori che inchiodare gli attivisti del KKK alle loro responsabilità per l’omicidio del giovane Donald era dura poiché la sera del misfatto erano in totale stato di confusione indotta dal consumo di marijuana. Fu allora che Jefferson Beauregard Sessions III, classe 1924, nato a Selma, Alabama, nel cuore della “Black Belt”, pronunciò la famosa battuta. Come dire: “Ma guarda, si fanno gli spinelli; e dire che sembravano dei così bravi ragazzi”. Roba da film, sarcasmo puro. La cosa divenne però un caso nazionale quando, nel 1986, il presidente Ronald Reagan (1911-2004) volle nominare Sessions giudice del Distretto meridionale dell’Alabama.
Uno degli assistenti di Sessions, il giovane avvocato Thomas Figures (1944-2015), nero e Democratico, tirò fuori la vecchia boutade e alla fine Sessions fu bocciato dalla Commissione del Senato federale incaricata di vagliare le nomine presidenziali di giudici federali. Figures, ricorda Lowry, venne peraltro «[…] condannato nel 1992 per corruzione di un teste» e al tempo delle audizioni di conferma l’avvocato Barry Kowalski, della Divisione diritti civili del ministero della Giustizia, testimoniò sotto giuramento al Senato che certamente Sessions scherzava. Per la cronaca, il caso Donald finì con il pentito James che si prese l’ergastolo e lo spavaldo Henry del KKK sulla sedia elettrica il 6 giugno 1997.
Fu Sessions a fare di tutto perché venisse applicata la pena capitale. È questo che oggi ricordano al mondo il reverendo, nero, Nelson e il vescovo, nero, Jackson. In più, i complici di quei due assassini vennero condannati a una multa di 7 milioni di dollari che mandò la United Klans of America, la federazione dei vari gruppi KKK, in bancarotta. Il giudice che pronunciò la sentenza fu il famoso W. Brevard Hand (1924-2008), che, tra l’altro, in un noto caso del 1987, riuscì a condannare il laicismo smaccato di certi libri di testo approvati dall’autorità scolastica dell’Alabama dimostrando, attraverso la filosofia del campione tedesco-americano dell’anti-gnosticismo Eric Voegelin (1901-1985) e la testimonianza del padre del conservatorismo del secondo Novecento americano Russell Kirk (1918-1994), che il laicismo è una “religione capovolta” e che quindi la sua imposizione da parte dello Stato viola la neutralità che esso deve invece osservare per garantire la libertà religiosa di tutti i cittadini come sancito dal Primo Emendamento alla Costituzione federale.
L’altra falsa accusa di razzismo a Sessions risale al 1985, quando nella contea di Perry scoppiò un caso di frode elettorale. Si disse che l’oggi neoministro americano della Giustizia ne approfittò per defraudare un gruppo di elettori neri del diritto di voto. È ciò a cui si riferisce la famosa lettera inviata nel 1986 da Coretta Scott King, vedova di Martin Luther King (1929-1968) alla Commissione senatoriale che stava valutando la nomina di Sessions e che a Sessions costò propria la nomina a giudice federale. Ma è un’accusa ridicola: la frode elettorale della contea di Perry fu denunciata all’ufficio federale guidato da Sessions da funzionari (ed elettori) neri che accusarono del fatto altri funzionari (ed elettori) neri. «Non era una questione di bianchi contro neri, ma di neri contro neri», scrive Quin Hillyer, giornalista di Mobile, Alabama. «Quel caso non conteneva alcun elemento razziale. E se alla fine gli accusati vennero prosciolti, la prova di un loro comportamento quantomeno inusuale (se non illegale) fu sostanziale». Questi i fatti. Tutte le altre accuse di razzismo mosse a Sessions sono solo balbettii smozzicati da telefono senza fili che passano di bocca in orecchio senza appiglio e senza storia.
Appena prima del voto finale di mercoledì in Senato, la senatrice Democratica ultra-liberal Elizabeth Warren ha ritirato fuori la lettera della vedova King e ne ha cavato solo una censura ufficiale, anzi l’espulsione dall’aula per averne infranto il regolamento che vieta a un senatore di sparlare di un collega. È proprio come dice il vescovo nero Searcy: “Oggi di razzismo viene infamato chi non appartiene alla Sinistra”.
Marco Respinti