Il Papa invita i giovani a rendere manifesta la regalità di Cristo attraverso la carità e la capacità di formulare delle scelte coerenti con la professione di fede cattolica.
di Michele Brambilla
In occasione della solennità di Cristo Re, Papa Francesco presiede, il 22 novembre, una Messa in S. Pietro, durante la quale i giovani di Panama consegnano ai coetanei di Lisbona la croce delle GMG e l’icona della Salus Populi Romani. Rivolgendosi proprio ai giovani, il Pontefice osserva che, nella pagina di Vangelo letta durante la celebrazione, «[…] prima di donarci il suo amore sulla croce, Gesù ci dà le sue ultime volontà. Ci dice che il bene che faremo a uno dei suoi fratelli più piccoli – affamati, assetati, stranieri, bisognosi, malati, carcerati – sarà fatto a Lui (cfr Mt 25,37-40)». Il Papa ricorda che aveva circa 18 anni san Martino di Tours (316-97) quando divise il suo mantello per vestire un povero: quell’atto di carità disinteressato era il segno di un’autentica sequela del Signore Gesù, che infatti gli apparve per ringraziarlo.
La giovinezza è il momento nel quale si progetta il futuro, «ma da dove si parte per realizzare grandi sogni? Dalle grandi scelte. Il Vangelo oggi ci parla anche di questo. Infatti, nel momento del giudizio finale il Signore si basa sulle nostre scelte. Sembra quasi non giudicare: separa le pecore dalle capre, ma essere buoni o cattivi dipende da noi. Egli trae solo le conseguenze delle nostre scelte, le porta alla luce e le rispetta». Scegliere il Bene o il Male non è indifferente, specie al giorno d’oggi: «c’è la febbre dei consumi, che narcotizza il cuore di cose superflue. C’è l’ossessione del divertimento, che sembra l’unica via per evadere dai problemi e invece è solo un rimandare il problema. C’è il fissarsi sui propri diritti da reclamare, dimenticando il dovere di aiutare. E poi c’è la grande illusione sull’amore, che sembra qualcosa da vivere a colpi di emozioni, mentre amare è soprattutto dono, scelta e sacrificio. Scegliere, soprattutto oggi, è», allora, «non farsi addomesticare dall’omologazione» al “pensiero unico”. «Questo lo ha detto» anche «un giovane come voi [il Beato Pier Giorgio Frassati]: “Io voglio vivere, non vivacchiare”».
L’Angelus che segue la Messa è un altro invito ad aprire gli occhi sui tratti meno appariscenti del mondo contemporaneo: «un saluto speciale alle famiglie, che in questo periodo fanno più fatica. Su questo, pensate a tante famiglie che sono in difficoltà in questo momento, perché non hanno il lavoro, hanno perso il lavoro, hanno uno, due figli…; e a volte, con un po’ di vergogna, non fanno sapere questo. Ma siate voi ad andare a cercare dove c’è necessità», senza delegare ad altri. «Nella pagina evangelica di oggi, Gesù si identifica non solo col re-pastore», rimproverando indirettamente le infedeltà alla Legge degli antichi re di Israele, «ma anche con le pecore perdute» da soccorrere e riportare nell’ovile. I bisogni, infatti, non sono solo materiali e si affrontano meglio all’interno di un’amicizia sincera. Il Papa domanda a tutti: «io mi avvicino a Gesù presente nella persona dei malati, dei poveri, dei sofferenti, dei carcerati, di coloro che hanno fame e sete di giustizia? Mi avvicino a Gesù presente lì?».
In Italia ricorre il triste anniversario del terremoto in Irpinia (1980): il Santo Padre si rivolge alle popolazioni di Campania e Basilicata rammentando che «quell’evento drammatico, le cui ferite anche materiali non sono ancora del tutto rimarginate, ha evidenziato la generosità e la solidarietà degli italiani. Ne sono testimonianza tanti gemellaggi tra i paesi terremotati e quelli del nord e del centro, i cui legami ancora sussistono».
Lunedì, 23 novembre 2020