Di Michele Brambilla
«Nell’odierna pagina evangelica (cfr Lc 12,32-48)», dice Papa Francesco alla recita dell’Angelus dell’11 agosto, «Gesù richiama i suoi discepoli alla continua vigilanza». “Vigilare” è un verbo che richiama il tempo liturgico dell’Avvento e che quindi sembra configurare un pensiero fuori posto nel bel mezzo dell’“esodo vacanziero”. Invece, assicura il Papa, la parola di Gesù è sempre pertinente: la vigilanza è utile anche d’estate «per cogliere il passaggio di Dio nella propria vita, perché Dio continuamente passa nella vita» di ciascuno di noi esortandoci a non perdere mai la bussola del cammino di fede, che è Cristo stesso.
Cristo «[…] indica le modalità per vivere bene questa vigilanza: “Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese” (Lc 12,35). Questa è la modalità». «Anzitutto», puntualizza il Papa, «“le vesti strette ai fianchi”, un’immagine che richiama l’atteggiamento del pellegrino, pronto per mettersi in cammino. Si tratta di non mettere radici in comode e rassicuranti dimore, ma di abbandonarsi, di essere aperti con semplicità e fiducia al passaggio di Dio nella nostra vita, alla volontà di Dio, che ci guida verso la meta successiva» del nostro progredire interiore. «Siamo invitati, cioè», spiega il Santo Padre, «a vivere una fede autentica e matura, capace di illuminare le tante “notti” della vita. Lo sappiamo, tutti abbiamo avuto giorni che erano vere notti spirituali». E «la lampada della fede richiede di essere alimentata di continuo, con l’incontro cuore a cuore con Gesù nella preghiera e nell’ascolto della sua Parola»: per questo il Pontefice rinnova l’invito a tenere una copia tascabile dei Vangeli sempre con sé.
«E Gesù, per farci capire questo atteggiamento», prosegue il Papa, «racconta la parabola dei servitori che attendono il ritorno del padrone quando torna dalle nozze (Lc 12,36-40), presentando così un altro aspetto della vigilanza: essere pronti per l’incontro ultimo e definitivo col Signore. Ognuno di noi si incontrerà, si troverà in quel giorno dell’incontro. Ognuno di noi ha la propria data dell’incontro definitivo». Per il credente non è un noioso memento mori, ma un diuturno rinnovarsi della dimensione escatologica dell’esistenza quotidiana. Ogni atto dell’esistenza deve lasciare trasparire la costante tensione a Dio. Allora anche le cose terrene, compresi gli affari di stato più importanti, saranno svolti ad maiorem Dei gloriam. È il motivo per cui moltissime chiese medioevali (l’esempio più famoso è l’ingresso della cattedrale di Notre-Dame a Parigi) ponevano la raffigurazione del Giudizio universale sopra il portale maggiore: era un invito ad alzare gli occhi verso la speranza futura e a conformare il proprio agire quotidiano al desiderio di una vita eterna tra i santi in Paradiso.
«Noi non possiamo capire davvero in cosa consista questa gioia suprema», ammette Francesco, «tuttavia Gesù ce lo fa intuire con la similitudine del padrone che trovando ancora svegli i servi al suo ritorno: “si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc 12,37)».
Lunedì, 12 agosto 2019