La chiesa parrocchiale di S. Agata, consacrata esattamente 440 anni fa, permette di vedere all’opera la normativa tridentina
di Michele Brambilla
Il 20 novembre ricorrono esattamente 440 anni dalla consacrazione, per mano di san Carlo Borromeo (1538-84), della chiesa parrocchiale di S. Agata nel borgo di S. Agata Martesana (MI), frazione di Cassina de’ Pecchi. L’anniversario è significativo perché è una chiesa con molteplici tesori artistici, ma anche perché, pochi lo sanno, fu voluta esplicitamente dal santo come “chiesa normativa” per l’intera pieve di Gorgonzola.
Nel 1566, nel corso della sua prima visita pastorale, san Carlo percorse anche il territorio di S. Agata, che allora era aggregata direttamente alla capo-pieve. Constatando la povertà dell’edilizia religiosa locale e la lontananza da Gorgonzola, l’arcivescovo diede l’ordine di demolire le cappelle esistenti e costruire una chiesa nuova, che egli stesso elevò a parrocchia nel 1574. Per il cantiere fu convocato Pellegrino Tibaldi (1527-96), l’architetto di fiducia del card. Borromeo, con il quale pubblicò il De fabrica ecclesiae, da allora in poi il testo normativo per l’edilizia religiosa in tutta la Cattolicità perché recepiva alla perfezione i decreti del concilio di Trento (1545-63). Tibaldi adottò per S. Agata la forma della simplex ecclesia: navata unica, con due cappelle laterali, e presbiterio profondo (in origine rettangolare) dotato di coro. L’edificio fu pronto per la consacrazione, avvenuta come detto nel 1581, ma venne ampliato a più riprese nei secoli XIX e XX, tanto che della chiesa originaria rimangono solamente la sezione centrale, con i vani delle due cappelle laterali, e il battistero del 1579, dotato di coperchio in legno dipinto.
L’elemento di maggior pregio rimane senza dubbio la cappella del S. Rosario, sul lato sinistro della navata. Le decorazioni attuali risalgono principalmente al 1658 e comprendono delle piccole tavole che, lungo l’arco trionfale, illustrano con vivacità i Misteri del S. Rosario. Le immagini, che sono ad olio, risentono degli influssi della scuola pittorica lombarda della Controriforma. Sulle pareti laterali si notano due affreschi “tagliati”, raffiguranti S. Nicola da Tolentino e S. Agostino d’Ippona: furono realizzati nella seconda metà del XVI sec. da un monaco-pittore, frate Camillo da Landriano, di cui non sono note altre opere e non si conoscono neppure gli estremi cronologici. L’altare attuale della cappella è del 1738 e custodisce una statua in marmo bianco dell’Immacolata Concezione, realizzata oltre cento anni prima la proclamazione del dogma (1854): doveva essere destinata al Duomo di Milano, ma si fermò a S. Agata. La Vergine è ritratta con il braccio destro alzato, un gesto di imperio, nell’atto di schiacciare il drago sotto i suoi piedi.
L’altare maggiore che si vede oggi è del 1725 e succede a quello materialmente consacrato da san Carlo. Riproduce il tipico schema borromaico con gradini, tabernacolo e tempietto per l’esposizione del SS. Sacramento. Il tempietto, sorretto da sei colonnette in marmo verde, è contornato da due angioletti e da una svettante immagine del Risorto benedicente. L’altare post-conciliare, approntato nel 1968, è anch’esso barocco e in marmi policromi. La sua collocazione non ha comportato l’abbattimento delle belle balaustre settecentesche, che vengono ancora drappeggiate nelle solennità dell’anno liturgico.
I sacrestani saranno lieti di mostrarvi, nei locali adiacenti, il piccolo “museo” degli arredi liturgici, che espone vesti, stendardi, candelieri, mazze cerimoniali, catafalchi e foto d’epoca.
Sabato, 20 novembre 2021