di Michele Brambilla
Proseguendo la lettura degli Atti degli Apostoli, Papa Francesco si sofferma, durante l’udienza generale del 19 giugno, sulle modalità con le quali lo Spirito Santo scese sui discepoli riuniti nel cenacolo. «Cinquanta giorni dopo la Pasqua», dice il Pontefice, «in quel cenacolo che è ormai la loro casa e dove la presenza di Maria, madre del Signore, è l’elemento di coesione, gli Apostoli vivono un evento che supera le loro aspettative». Essi infatti videro «lingue come di fuoco» (At 2, 3), che si separavano e si posavano su ciascuno di loro. Lo sbattere improvviso delle porte della stanza, scosse dal vento dello Spirito, sta ad indicare che «si tratta di un’irruzione che non tollera il chiuso: spalanca le porte attraverso la forza di un vento che ricorda la ruah, il soffio primordiale». Il riferimento alle origini del mondo non deve stupire, poiché anche nella Creazione si dice fosse all’opera la “Ruah Adonai” (cfr Gn 1, 1). Quella che lo Spirito realizza a Pentecoste è una vera e propria nuova creazione: prende degli uomini deboli e sfiduciati e li trasforma in un istante negli intrepidi testimoni del Risorto.
Vento e fuoco sono entrambi segni visibili dello Spirito, come ricorda lo stesso Papa: «al vento poi si aggiunge il fuoco che richiama il roveto ardente e il Sinai col dono delle dieci parole (cfr Es 19,16-19). Nella tradizione biblica il fuoco accompagna la manifestazione di Dio. Nel fuoco Dio consegna la sua parola viva ed energica (cfr Eb 4,12) che apre al futuro; il fuoco esprime simbolicamente la sua opera di scaldare, illuminare e saggiare i cuori, la sua cura nel provare la resistenza delle opere umane, nel purificarle e rivitalizzarle». Proseguendo con i parallelismi, il Santo Padre osserva che «mentre al Sinai si ode la voce di Dio, a Gerusalemme, nella festa di Pentecoste, a parlare è Pietro, la roccia su cui Cristo ha scelto di edificare la sua Chiesa. La sua parola, debole e capace persino di rinnegare il Signore, attraversata dal fuoco dello Spirito acquista forza, diventa capace di trafiggere i cuori e di muovere alla conversione. Dio infatti sceglie ciò che nel mondo è debole per confondere i forti (cfr. 1Cor 1,27)», rendendo ancora più visibile che è sempre Lui ad agire.
La Chiesa, pervasa dallo Spirito di Dio, è quindi nel mondo il portavoce e il tramite concreto di questa palingenesi, che compendia e supera l’Alleanza mosaica. «L’Alleanza nuova e definitiva», spiega Francesco, «è fondata non più su una legge scritta su tavole di pietra, ma sull’azione dello Spirito di Dio che fa nuove tutte le cose e si incide in cuori di carne. La parola degli Apostoli si impregna dello Spirito del Risorto e diventa una parola nuova, diversa, che però si può comprendere, quasi fosse tradotta simultaneamente in tutte le lingue». Il suo messaggio, infatti, afferma il Papa, è in realtà semplicissimo: «si tratta del linguaggio della verità e dell’amore, che è la lingua universale: anche gli analfabeti possono capirla», poiché ogni uomo, in fin dei conti, nella vita spera solamente di amare e di essere amato.
Giovedì, 20 giugno 2019