Certi dipinti sembrano mancare di senso della misura. Oppure si basano su una misura più grande, che ingloba il mondo visibile in quello invisibile
di Stefano Chiappalone
Santi e Madonne enormi che sovrastano minuscoli omini ai loro piedi: si direbbe che in certi dipinti medievali manchi del tutto il senso della misura, e queste proporzioni apparentemente “sballate” si ritrovano ben oltre i confini dell’Età di Mezzo.
Esempio paradigmatico sono le Madonne della Misericordia, la più famosa delle quali è quella di Piero della Francesca (e siamo già alla fine del Medioevo: Piero muore il 12 ottobre 1492, una delle date convenzionalmente adottate a segnare il passaggio all’età moderna). Un tema iconografico che vede un gruppo di fedeli trovare riparo sotto il manto della Vergine, tanto più grande di loro da costituire anche fisicamente quel refugium peccatorum con cui è invocata. A differenza di altre opere simili, la proverbiale staticità della pittura di Piero della Francesca fa della Madonna una figura quasi architettonica, così che il manto ricade in forma di abside (e Maria non è anche Madre e immagine della Chiesa stessa?).
Forse ancora più impressionante è la sproporzione visiva tra due fratelli, san Ludovico, vescovo di Tolosa e Roberto d’Angiò, re di Napoli, dipinti da Simone Martini nel 1317, anno della canonizzazione del primo, mentre il secondo era ancora in vita. Simone raffigura Ludovico mentre incorona il fratello minore, che poi sarebbe anche il committente. Minore anche visivamente rispetto al fratello santo seduto in maestà. D’altra parte, il più piccolo è re, sì, ma di un regno terreno; l’altro è già salito (prematuramente) a occupare un trono celeste.
A proposito di Maestà, si veda quella di Simone Martini nel Palazzo Pubblico di Siena: lì come in tante opere analoghe, la Vergine e/o Cristo sono raffigurati molto più grandi rispetto ai santi e agli angeli che li circondano. La sproporzione visiva non è solo tra cielo e terra, ma anche tra gli stessi personaggi celesti. Così che dal nostro mondo piccolo ma visibile si sale progressivamente verso quello più ampio – praticamente infinito – delle realtà invisibili. E anche tra queste ultime vige un ordine armoniosamente gerarchico.
Secondo un noto aforisma, «l’ottimista proclama che viviamo nel migliore dei mondi possibili e il pessimista teme che possa essere vero». Ma solo il medievale, aggiungiamo, sapeva che non è l’unico mondo possibile, poiché le cose “di quaggiù” sono inglobate nelle cose “di lassù”.
Sanato, 31 agosto 2024