Da Avvenire del 31/01/2018. Foto da Il Foglio
Fallito, al Senato americano, un nuovo tentativo repubblicano di mettere al bando l’aborto dopo le 20 settimane di gravidanza. Il disegno di legge era stato approvato dalla Camera ad ottobre, ma non è riuscito a raccogliere i 60 voti necessari a raggiungere la maggioranza qualificata, indispensabile per mettere fine al filibuster democratico.
La delusione dei gruppi di difesa della vita era palpabile ieri, perché per la prima volta da nove anni una misura che limiti i l’interruzione di gravidanza a livello federale avrebbe potuto contare sull’appoggio, e quindi la certa promulgazione, del presidente Usa. Donald Trump ha evidenziato il suo disappunto in una nota: «Dobbiamo difendere chi non può difendersi da solo. Chiedo al Senato di riconsiderare la sua decisione e approvare una legge che celebra, protegge e conserva la vita». Già due anni fa una proposta analoga aveva subito lo stesso fato: passando senza fatica fra le maglie della Camera bassa per essere poi fermato da quella alta. Nel frattempo è però aumentato, salendo a 43 su 50, il numero degli Stati americani che proibiscono l’aborto dopo un punto preciso della gestazione, in genere 20 settimane dopo il concepimento. A questo punto il New Jersey resta l’unica giurisdizione Usa dove è legale effettuare un aborto in qualsiasi momento della gravidanza, fino alla nascita del bambino, anche se questo comporta lo smembramento del feto in utero.
Da anni i repubblicani conducono soprattutto a livello locale la battaglia per l’introduzione di maggiori restrizioni all’interruzione di gravidanza, permessa a livello federale negli Stati Uniti dalla sentenza della Corte Suprema del 1973 Roe contro Wade. La presentazione di una disegno di legge in Congresso in un anno elettorale, che vedrà il rinnovo totale della Camera e di un terzo del Senato, è stata dettata in parte dal desiderio di costringere i democratici ad esprimere con chiarezza il loro “no” a un limite che sempre più americani considerano legittimo, nella speranza che questa posizione danneggi le loro possibilità di rielezione.
Il disegno di legge prevedeva delle eccezioni per l’aborto dopo le 20 settimane, come in caso di violenza sessuale, incesto o rischi per le condizioni di salute della madre, ed era costruito non sul riconoscimento del feto come essere umano – una nozione sulla quale la Corte suprema statunitense non si è mai espressa – ma sulla sua capacità di provare dolore. Sempre più medici sono infatti convinti che i feti sviluppino la capacità di percepire il male fisico attorno alla soglia del quinto mese di gestazione. «Studi scientifici hanno dimostrato che i bambini nell’utero provano dolore alla ventesima settimana – ha sostenuto ieri infatti il capo della Casa Bianca – è quindi necessario difenderli».
Attualmente negli Stati Uniti il limite legale federale entro il quale sono permessi gli aborti volontari è «il momento in cui un feto potrebbe sopravvivere fuori dall’utero», nella pratica intorno alle 24 settimane, anche se resta una certa libertà per i singoli Stati. Gli Stati Uniti sono dunque uno dei sette Paesi al mondo – compresa Cina e Corea del Nord – che permettono l’aborto dopo le 20 settimane di gravidanza. Il limite temporale delle 20 settimane indicato nella nuova misura si basa sui sempre più numerosi casi di neonati partoriti prematuramente e sopravvissuti. Alcuni dei più stretti consiglieri del presidente Usa sono schierati nel campo della difesa della vita, compreso il vicepresidente Mike Pence. Inoltre il giudice Neil Gorsuch, insediatosi da poco alla Corte Suprema degli Stati Uniti, è pro-life.