di Michele Brambilla
La XII domenica del Tempo ordinario, con al centro il grido dei discepoli: «Maestro, non ti importa che siamo perduti?» (Mc 4, 38), lascia il posto nella liturgia romana alla festa della Natività di san Giovanni Battista, ma la domanda sulla Provvidenza divina continua a risuonare forte e chiara.
L’umanità rivolge spontaneamente gli occhi al Cielo nei momenti di difficoltà, tuttavia si dimentica spesso di aspettare la risposta del Signore. La maternità di santa Elisabetta è evento «[…] circondato da un gioioso senso di stupore, di sorpresa e di gratitudine» perché Giovanni Battista «[…] sarà araldo, testimone della grazia di Dio per i poveri che aspettano con umile fede la Sua salvezza», spiega Papa Francesco alla recita dell’Angelus del 24 giugno.
Il Signore vince la debolezza senile di Elisabetta e del marito Zaccaria perché «[…] nulla è impossibile a Dio» (Lc 1, 37). Il nome stesso “Giovanni” significa «Dio ha fatto grazia». Il Battista diverrà annunciatore instancabile della grazia per eccellenza di Dio, l’Incarnazione del Verbo coeterno al Padre. I cristiani, tuttavia, non sperimentano spesso nella propria vita quotidiana grazie così eclatanti, bensì un accompagnamento più “discreto”, che non è però meno importante. «Domandiamoci, ognuno di noi, in un esame di coscienza: Come è la mia fede? È gioiosa? È aperta alle sorprese di Dio? Perché Dio è il Dio delle sorprese. Ho “assaggiato” nell’anima quel senso dello stupore che dà la presenza di Dio, quel senso di gratitudine?».
L’infermità più grave è sempre quella dello spirito, che intacca la volontà dell’uomo e che lo spinge a negare la bontà della propria costituzione. «La Vergine Santa ci aiuti a comprendere che in ogni persona umana c’è l’impronta di Dio, sorgente della vita», un’impronta che rende la vita sacra e intangibile fin dalle origini, oltre che destinata all’eternità. L’aborto non è quindi solo omicidio, ovvero peccato mortale, ma pure sacrilegio, poiché attenta direttamente alle prerogative del Creatore.
Un figlio è sempre sorpresa, dono e mistero. La vicenda degli anziani genitori di Giovanni Battista diventa allora anche un’esortazione nei confronti del mondo occidentale, che è in crisi demografica perché in piena crisi identitaria: «[…] nella generazione di un figlio i genitori agiscono come collaboratori di Dio. Una missione veramente sublime che fa di ogni famiglia un santuario della vita e risveglia – ogni nascita di un figlio – la gioia, lo stupore, la gratitudine». Come più volte si è detto in questi decenni nella Chiesa, la famiglia non è solo oggetto, ma anche soggetto dell’annuncio missionario: il Catechismo della Chiesa Cattolica la chiama “Chiesa domestica”, nella quale «[…] si esercita in maniera privilegiata il sacerdozio battesimale», ricevuto da ogni credente al momento dell’ingresso nella comunità cristiana (n. 1657).
Sterilità spirituale e sterilità materiale si richiamano sempre a vicenda. Chi non ha ideali sui quali fondare la propria vita è meno stimolato a trasmettere l’esistenza alle generazioni future. Il cattolico non trasmette però solo una dottrina, bensì tutta un’esistenza permeata dalla Grazia, divenendo integralmente, come Giovanni, profeta di un nuovo cielo e di una nuova terra.