Nota del novembre 2018
Nel centenario della nascita di Giuseppe Toniolo riproponiamo un articolo del 2012 scritto in occasione della beatificazione. Sempre di Marco Invernizzi la voce del “Dizionario del Pensiero Forte” dedicata al grande studioso ed esponente del movimento Cattolico.
Marco Invernizzi, Cristianità n. 364 (2012)
Il beato Giuseppe Toniolo
Il 29 aprile 2012 è stato beatificato, a Roma, nella basilica di San Paolo fuori le Mura, Giuseppe Toniolo (1845-1918), uno degli esponenti più significativi del movimento cattolico italiano, sia per gli studi in campo economico e sociale, sia per l’attività accademica, sia per la lunga militanza cristiana che non volle separare dalla ricerca scientifica e dallo studio (1).
Toniolo nasce a Treviso il 7 marzo 1845 da Isabella Alessandri (1818-1887) e da Antonio (m. 1867), ingegnere apprezzato soprattutto per la direzione dei lavori di bonifica delle valli veronesi e ostigliesi. Frequenta il ginnasio e il liceo nel collegio veneziano Santa Caterina e conclude gli studi laureandosi in legge nell’università di Padova il 27 giugno 1867. Intrapresa la carriera universitaria proprio a Padova, nel 1878 ottiene per concorso la libera docenza in economia politica all’università di Modena, ma il 13 gennaio dell’anno successivo, con decreto ministeriale, viene chiamato all’ateneo di Pisa, dove insegnerà fino al 1917. Il 4 settembre 1878, a Pieve di Soligo, nei pressi di Treviso, sposa Maria Schiratti (1852-1919), dalla quale avrà sette figli, tre dei quali moriranno in tenera età e un’altra, Emilia (1886-1915), suora della Visitazione, all’età di ventotto anni. Ottenuta la cattedra universitaria, già con numerose pubblicazioni al suo attivo, si dedica più intensamente all’apostolato nell’Opera dei Congressi, lavorando soprattutto a fianco di Stanislao Medolago Albani (1851-1921) nella sezione economico-sociale. Nel 1889 fonda l’Unione Cattolica per gli Studi Sociali, sempre con Medolago e sotto gli auspici del vescovo di Padova mons. Giuseppe Callegari (1841-1906). Il nuovo sodalizio organizza a Genova, nel 1892, il primo Congresso di studi e promuove, nel 1893, la Rivista Internazionale di Studi Sociali e discipline ausiliarie. All’interno dell’Opera tenterà, con Medolago e altri amici, di “salvare” le istanze migliori dei “giovani” democratici cristiani, cercando di mantenerli nella fedeltà e nell’obbedienza alla gerarchia ecclesiastica e per questo arrivando alla rottura con don Romolo Murri (1870-1944), senza peraltro riuscire a ricuperare il rapporto di collaborazione con i “vecchi” intransigenti veneti. Dopo la soppressione dell’Opera e la riorganizzazione del movimento cattolico in seguito all’enciclica di Papa san Pio X (1903-1914) Il fermo proposito del 1905, con Medolago e Paolo Pericoli (1859-1942) prepara gli statuti per la costituzione delle nuove associazioni in sostituzione dell’Opera, cioè l’Unione Popolare fra i Cattolici d’Italia, di cui sarà presidente, l’Unione Elettorale Cattolica Italiana e la riconfermata Unione Economico-Sociale. Nel 1907, dal 20 al 22 settembre, organizza a Pistoia la prima Settimana sociale e l’anno seguente dà un contributo decisivo alla costituzione dell’Unione delle Donne Cattoliche d’Italia. Muore a Pisa il 7 ottobre 1918, festa della Madonna del Rosario.
Nel 1933, su richiesta della FUCI, la Federazione Universitaria dei Cattolici Italiani, nelle diocesi di Pisa e di Vittorio Veneto — dov’è Pieve di Soligo, la cittadina in cui riposano le spoglie del beato —, viene avviato il processo di beatificazione. Dopo l’esame teologico delle sue opere e il relativo nihil obstat del 1° giugno 1947, il 7 gennaio 1951 viene introdotta la causa di beatificazione e vent’anni dopo, il 14 giugno 1971, Papa Paolo VI (1963-1978) approva il decreto di eroicità delle virtù del servo di Dio; il 14 gennaio 2011 Papa Benedetto XVI autorizza la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto con cui si riconosce “un miracolo operato da Dio per intercessione del Venerabile Servo di Dio Giuseppe Toniolo, laico, consistente nella guarigione celere, perfetta e permanente del signor Francesco Bortolini da “coma profondo post-traumatico e intossicazione da alcool”” (2).
Il progetto di restaurazione della società
Fra i tanti uomini d’azione con i quali ha condiviso l’impegno apostolico nell’Opera dei Congressi e poi nell’Unione Popolare, Toniolo si distingue perché ha un progetto di ricostruzione della società contemporanea inquinata dall’ideologia liberale e minacciata dal socialismo. Un progetto che non si limita, come per tanti suoi confratelli, alla diffusione dei princìpi della dottrina cattolica, ma cerca di coniugare i valori di fondo indicati dal Magistero della Chiesa con uno sforzo molto concreto, fino ai minimi particolari, di ricostruzione di una civiltà cristiana. Accanto a questa significativa opera di elaborazione culturale, prevalentemente nel campo economico-sociale, egli non disdegna di assumere importanti responsabilità nel campo dell’impegno apostolico, accettando incarichi significativi nel movimento cattolico italiano.
L’idea di fondo di Toniolo è in queste sue parole, scritte nel luglio 1900: “I Girondini, inaugurando la falsa democrazia liberale, si persuasero coll’abolizione dei privilegi delle classi di aver del pari nella notte dell’11 agosto 1789 conguagliato per sempre la gerarchia sociale. Ma l’età nostra, quasi a protesta, assistette al giganteggiamento non mai visto delle classi borghesi capitaliste in opposizione a quelle nobiliari terriere sull’asservimento dei ceti artigiani operai; e udì proclamarsi da questi la lotta di classe come condizione e legge fatale del progresso” (3). Questo progetto aveva preso corpo in particolare in seguito alla pubblicazione, nel 1891, dell’enciclica Rerum novarum (4) di Papa Leone XIII (1878-1903) e aveva assunto il nome di “democrazia cristiana”. Il nome era carico di ambiguità e suscita fin da subito sia riserve — per esempio da parte del gesuita Giuseppe Chiaudano (1858-1915) e di mons. Emiliano Manacorda (1833-1909), vescovo di Fossano, in provincia di Cuneo —, sia resistenze nell’ambiente degl’intransigenti veneti che guidavano l’Opera, oltre agli entusiasmi esagerati dei giovani guidati da don Murri. Il progetto avrebbe potuto chiamarsi diversamente e il Magistero della Chiesa, in particolare con l’enciclica Graves de communi, pure di Papa Leone XIII, avrebbe anche offerto il nome alternativo di “azione popolare”, cioè di “benefica azione cristiana a favore del popolo” (5). Tuttavia, la riforma proposta da Toniolo va effettivamente oltre l’azione a favore delle classi più deboli — peraltro già largamente praticata e con successo nelle iniziative dell’Opera — ed è di natura anche politica, prevedendo una radicale riforma della società individualistica sorta dai princìpi liberali del 1789 e quindi una partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica, che si richiamava all’esperienza medioevale dei Comuni. Come don Antonio Rosmini Serbati (1797-1855), circa mezzo secolo dopo Toniolo elabora un progetto di restaurazione cristiana della società che va oltre i problemi del momento — anche se parte da questi problemi — e ciò suscita equivoci e incomprensioni.
Toniolo è convinto dell’esaurimento del ciclo inaugurato dalla vittoria dell’ideologia liberale e di quella nazionalista dopo la Rivoluzione francese e le rivoluzioni nazionali, e quindi prevede che il processo rivoluzionario, iniziato con il Rinascimento e proseguito con la Riforma protestante e poi con il liberalismo, possa continuare con l’avvento del socialismo oppure essere fermato da una restaurazione cristiana, che egli ritiene possibile nel tempo del pontificato di Leone XIII, l’età della grande “controrivoluzione cattolica” (6), come la definisce nel 1892, a Genova, nella sua relazione al Congresso degli studiosi cattolici di scienze sociali. Da questi presupposti nasce, all’interno dell’Opera, il tentativo di offrire ai giovani democratici cristiani — che negli ultimi vent’anni del secolo XIX rappresentano effettivamente una porzione significativa del mondo cattolico, sia per il numero che per il valore dei singoli — una dottrina per l’azione, che permettesse ai cattolici di proporre soluzioni, non solo pratiche ma anche teoretiche, ai mali provocati dal liberalismo nel corpo sociale, soprattutto nei ceti più poveri, gli operai e i contadini. Ma il suo disegno insospettisce gl’intransigenti “veneti” e trova un alleato “scomodo” in don Murri.
Lo sguardo alla cristianità medioevale
L’analisi di Toniolo ha un punto di riferimento nella società medioevale, con una funzione politica attribuita al pontificato e l’articolazione gerarchica dei poteri su base federalistica, affinché tutte le classi sociali possano partecipare alla gestione della cosa pubblica, secondo una concezione organica della democrazia. Questo equilibrio sociale era stato violato dal processo di sovvertimento dei princìpi cristiani e dalla concentrazione dei poteri nelle mani delle dinastie, nel tempo del dispotismo illuminato, e degli Stati sempre più centralisti, dopo il 1848. In seguito a tale opera di distruzione per Toniolo rimangono in Europa Stati che assomigliano a unità meccaniche, ma egli crede in una rinascita, confidando nella possibilità per la Chiesa di rivolgersi direttamente ai popoli: “Ora si riprende finalmente la interrotta genesi storica medioevale e si riproduce il concetto di grandi Stati risultati dal coordinamento di vari circoli concentrici di vita autonoma comunale, provinciale, regionale, in una vasta unità nazionale politica federale, non più meccanica ma organica“ (7). Egli crede che le riforme non debbano calare dall’alto dello Stato, ma salire dalla società o almeno dalla convinzione, da parte della società, che alcune riforme sono praticabili. Così scrive di Toniolo una sua discepola e biografa: “Benché tanto avesse fatto per la protezione legale dei lavoratori, egli non credeva che il fulcro delle riforme dovesse essere puntato sullo Stato, ma svolgersi per virtù spontanea di energie umane, rappresentate da individui e da associazioni private” (8).
Così si sarebbe tornati a “[…] quella politica cristiana per eccellenza, per cui da Costantino [274-337] a Clodoveo [466 ca.-511], a Carlomagno [742-814], ai prìncipi feudali e alle repubbliche guelfe d’Italia, tutti i reggitori degli Stati, accanto all’ufficio di tutelare gli interessi della nazione, assumevano il comune dovere di difendere e promuovere gli interessi di tutta la Cristianità e della Chiesa” (9). Toniolo indica allo Stato moderno la strada per allontanarsi dalla tendenza a invadere sfere non di propria competenza e, per quanto riguarda la politica internazionale, a non esaurirsi in lotte nazionalistiche fra Stati. Il professore ricorda così l’eccellenza in sé dello Stato, a prescindere dalle forme di governo, come ricorda anche l’enciclica Immortale Dei (10) di Papa Leone XIII, e come la legittimità di queste ultime dovesse essere vagliata alla luce della nozione di bene comune, che deve coordinare il fine nazionale con gl’interessi della civiltà.
Nel luglio del 1897, sulla Rivista Internazionale di Scienze Sociali e discipline ausiliarie, Toniolo spiega perché ha dato il nome di democrazia cristiana a questo progetto di restaurazione sociale e civile: democrazia è “[…] quell’ordinamento civile nel quale tutte le forze sociali, giuridiche ed economiche, nella pienezza del loro sviluppo gerarchico, cooperano proporzionalmente al bene comune, rifinendo in ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi inferiori” (11).
Altrove svolge un ragionamento più complesso, sul quale però vale la pena soffermarsi proprio perché in poche righe riesce, sempre nel 1897, ad affrontare diversi problemi: “Il concetto essenziale e più ampio di democrazia […] è pur sempre quello di una cospirazione di forze sociali, giuridiche ed economiche particolarmente rivolte a proteggere, rispettare, elevare il popolo. Altri concetti accidentali e più ristretti, per esempio quello stesso politico, ne sono una semplice conseguenza razionale e storica. Affrancato, onorato, elevato, educato il popolo, è naturale che presto o tardi anche politicamente il popolo acquisti importanza e trovi il suo posto nel governo, sino ad affrettare, se si voglia, in certi casi, un tipo di governo repubblicano. Ma questa democrazia politica in tal senso è una conseguenza di quella sociale, giuridica ed economica, e non viceversa” (12).
Il ruolo della Rerum novarum
Sarebbe riduttivo utilizzare come unica chiave di lettura il legame fra Toniolo e l’enciclica di Papa Leone XIII sulla questione operaia, ma indubbiamente il legame vi è e rimane, anche per l’importanza che il documento pontificio ha avuto nella vita del movimento cattolico italiano. Si è soliti attribuire alla Rerum novarum, sbagliando, l’inizio della dottrina sociale della Chiesa, che invece nasce con il Vangelo e ancor prima con il disegno creatore di Dio. Tuttavia, ciò non significa che il documento del 1891 non sia importante, anzi. Esso segna l’inizio, questo sì, di un modo organico e articolato di presentare la dottrina sociale, affinché i cattolici, e chiunque volesse — come scriverà molti decenni dopo il Papa beato Giovanni Paolo II (1978-2005) —, possano servirsene per costruire una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio (13). La Chiesa stessa riconoscerà l’importanza di questo testo pubblicando in occasione delle sue diverse ricorrenze i successivi principali documenti della dottrina sociale: nel 1931 l’enciclica Quadragesimo anno di Papa Pio XI (1922-1939), nel 1961 la Mater et Magistra del Papa beato Giovanni XXIII (1958-1963), nel 1971 l’esortazione Octogesima adveniens di Papa Paolo VI, nel 1981 l’enciclica Laborem exercens del beato Giovanni Paolo II e nel 1991, centenario della pubblicazione della Rerum novarum, l’enciclica Centesimus annus, del medesimo Pontefice.
Ma qui, scrivendo di Toniolo, interessa un altro aspetto. Verso la seconda metà del secolo XIX era in corso in Europa una profonda rivoluzione sociale e politica, oltre che ideologica, che aveva come obbiettivo la scristianizzazione della società nata con la prima evangelizzazione del continente, che peraltro stava scomparendo sotto i colpi mortali del processo rivoluzionario. Uno degli aspetti più significativi del tempo era la Rivoluzione Industriale, che stava profondamente cambiando l’assetto sociale dei Paesi del Nord Europa, dov’era iniziata, e cominciava a penetrare anche in Italia, un Paese ancora prevalentemente agricolo. Uno degli effetti della Rivoluzione Industriale, unitamente allo smantellamento del sistema corporativo dopo la Rivoluzione del 1789 e le rivoluzioni liberali nei Paesi europei, è stato la crescita di una classe operaia sempre più numerosa e spesso in balia dell’ingiusta avidità d’imprenditori senza scrupoli e senza valori, che la legislazione degli Stati non prevedeva si potessero controllare. La situazione di oggettiva miseria della classe operaia interrogava la Chiesa e il suo Magistero, sia perché venisse salvaguardata la giustizia, sia perché le difese della classe operaia non venissero assunte esclusivamente da socialisti e marxisti, o anarchici.
Ma ciò presupponeva che lo Stato intervenisse a livello legislativo, proteggendo la classe operaia e permettendole di organizzarsi per far valere i propri diritti, e questa era una novità, anche per il mondo cattolico, che aveva sempre, sulla base del Magistero, guardato con timore e con sospetto all’estendersi delle competenze e dell’invadenza dello Stato moderno.
È proprio la Rerum novarum a segnare questa inversione di tendenza significativa per cui i cattolici cominciano a comprendere che certi problemi, come la questione operaia, non possono essere risolti semplicemente con l’intervento della carità anche organizzata dei fedeli, ma necessitano pure dell’aiuto statale. È uno di quei casi in cui il principio di sussidiarietà, uno dei cardini della dottrina sociale, descritto nell’enciclica Quadragesimo anno, viene richiesto dai fatti e cioè dalla profondità e dalla gravità del problema, che nessun privato ma neppure un insieme di privati può risolvere del tutto. La questione operaia nasce, infatti, dalla soppressione dell’ordine corporativo, voluta in Francia durante la Rivoluzione con la legge Le Chapellier [Isaac René Guy (1754-1794)] del 1791 e poi applicata nelle altre nazioni europee nel corso del secolo XIX. Si tratta di una mutazione strutturale, che investe tutta l’articolazione della società. Una società di corpi e di ordini viene sostituita da un’altra fondata sull’individuo, nella quale l’operaio si trova solo di fronte al datore di lavoro. La dottrina sociale della Chiesa aveva sempre guardato con sospetto alle associazioni semplici di lavoratori, preferendo un sistema corporativo che favorisse il dialogo e la collaborazione delle classi fra loro. Ma, vista la difficoltà di ricostituire i corpi intermedi, anche il Magistero finisce per accettare questa impostazione, pur di non lasciare solo il lavoratore. Sorgono così sindacati ispirati dalla dottrina sociale della Chiesa in conflitto con altri d’ispirazione socialista o marxista. Il movimento operaio viene poi egemonizzato da gruppi marxisti, come spiega il beato Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, fino alla stagione di Solidarność in Polonia, dove a partire dal 1980 il rapporto fra la classe operaia e il regime comunista entra drasticamente in crisi con ripercussioni su tutto il mondo.
Il beato Toniolo muore al termine della Prima Guerra Mondiale (1914-1918) che provoca, accanto alle note tragedie, alle vittime e alle conseguenze sulla vita dei popoli, anche il conflitto fra i cattolici delle differenti nazioni in guerra fra loro, interrompendo così quel processo d’integrazione fra i diversi movimenti cattolici d’Europa a cui egli stesso aveva contribuito in numerose occasioni. Muore dopo aver guidato il movimento cattolico italiano e aver contribuito alla nascita di un movimento femminile, alla vigilia del radicale cambiamento che avrebbe comportato, nel 1919, la fondazione del Partito Popolare da parte di don Luigi Sturzo (1871-1959).
Note:
(1) Del beato Giuseppe Toniolo, cfr. i venti volumi dell’Opera omnia, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1947-1953; Il concetto cristiano di democrazia. I fondamenti di una società organica. Raccolta antologica, a cura di Romano Molesti, con Prefazione di Giustino Moro e Rina Biz, Ipem Edizioni, Pisa 2008; e I fondamenti della società cristiana. Raccolta antologica, a cura di R. Molesti e Stefano Zamberlan, con Prefazione del card. Angelo Scola, Ipem Edizioni, Pisa 2009; su di lui, cfr. Paolo Pecorari, voce Toniolo, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia. 1860-1980, vol. II, I protagonisti, Marietti, Casale Monferrato (Alessandria) 1982, pp. 636-644; mons. Domenico Sorrentino, Giuseppe Toniolo. Una Chiesa nella storia, Paoline, Cinisello Balsamo (Milano) 1987; Amleto Spicciani, Giuseppe Toniolo tra economia e storia, con Presentazione di Cinzio Violante (1921-2001), Guida, Napoli 1990; Fiorenza Manzalini, Elementi di economia politica in Giuseppe Toniolo, Cantagalli, Siena 2009, con ampia, ancorché incompleta, ricostruzione bibliografica; P. Pecorari, Alle origini dell’anticapitalismo cattolico. Due saggi e un bilancio storiografico su Giuseppe Toniolo, Vita e Pensiero, Milano 2010, il cui titolo è abbastanza fuorviante rispetto al contenuto; e Oreste Bazzichi, Giuseppe Toniolo. Alle origini della dottrina sociale della Chiesa, Lindau, Torino 2012.
(2) Cit. in G. Toniolo, Voglio farmi santo. Diario spirituale, a cura di mons. D. Sorrentino, con Prefazione di Luigi Alici, AVE, Roma 2012, p. 134.
(3) Idem, Indirizzi e concetti sociali all’esordire del secolo ventesimo, Libreria Gregoriana, Padova 1944, pp. 100-101.
(4) Cfr. Leone XIII, Litterae encyclicae “Rerum novarum” de conditione opificum, del 15-5-1891, in Enchiridion delle Encicliche, vol. 3, Leone XIII (1878-1903), ed. bilingue, EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 1997, pp. 600-665.
(5) Idem, Epistola encyclica “Graves de communi” de democratia christiana, del 18-1-1901, ibid., pp. 1212-1235 (p. 1219).
(6) R. Molesti (a cura di), Giuseppe Toniolo. Il pensiero e l’opera, con Prefazione di mons. D. Sorrentino, Franco Angeli, Milano 2005, p. 16, che fa riferimento a G. Toniolo, Ragioni, intendimenti e criteri di un primo congresso per le scienze sociali, in Idem, Iniziative culturali e di azione cattolica, Comitato Opera Omnia di G. Toniolo, Città del Vaticano 1951, pp. 329-358 (p. 345): “Una grande evoluzione, o meglio controrivoluzione, si compié in quest’ultimo ventennio, la quale non sarà mai abbastanza apprezzata”.
(7) G. Toniolo, Indirizzi e concetti sociali all’esordire del secolo ventesimo, cit., p. 139.
(8) Elena da Persico (1869-1948), La vita di Giuseppe Toniolo, Attività sociali Elena da Persico, Verona 1959, p. 198.
(9) G. Toniolo, Indirizzi e concetti sociali all’esordire del secolo ventesimo, cit., p. 142.
(10) Cfr. Leone XIII, Epistola encyclica “Immortale Dei” de civitatum constitutione christiana, del 1°-11-1885, in Enchiridion delle Encicliche, vol. 3, cit., pp. 330-375.
(11) Cit. in Francesco Vistalli (1877-1951), Giuseppe Toniolo, Comitato Giuseppe Toniolo, Roma-Bergamo 1954, p. 444.
(12) G. Toniolo, Democrazia cristiana. Concetti e indirizzi, cit. in P. Pecorari, Giuseppe Toniolo e il socialismo. Saggio sulla cultura cattolica tra ’800 e ’900, Pàtron, Bologna 1981, p. 177.
(13) “La coerenza con i propri principi e la conseguente concordia nell’azione ad essi ispirata sono condizioni indispensabili per la incidenza dell’impegno dei cristiani nella costruzione di una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio” (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana sul tema “Dalla “Rerum novarum” ad oggi: la presenza dei cristiani alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa”, del 31-10-1981, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. IV, 2, 1981. (Luglio-Dicembre), Libreria Editrice Vaticana, Roma 1982, pp. 519-523 [p. 523]).