Louis Salleron, Cristianità n. 3 (1974)
Traduzione dell’articolo Le nouveau socialisme comparso su Itinéraires, Parigi, luglio-agosto 1973, n. 175, pp. 26-29.
Il futuro della Francia aiuta a comprendere il presente dell’Italia
Sabato 5 maggio 1973 Valéry Giscard d’Estaing apriva il suo cuore ai giovani repubblicani indipendenti.
Alla radio, sentii alcune sue affermazioni che mi parvero troppo belle per essere state riportate esattamente. Ma avevo sentito bene. Le Monde dell’8 maggio me lo confermò.
“Una società omogenea, dichiarò il ministro, deve avere una tassa unica e si deve cominciare a realizzarla sia per i redditi alti che per quelli bassi. I bilanci del 1974 e del 1975 segneranno tappe significative“.
D’altra parte, deve essere apprestato un “regime di protezione sociale a base unica per tutti i francesi“, perché “non vi è nessuna ragione perché, in una società omogenea, il livello della protezione sociale di base vari in funzione della natura dell’attività professionale. Questo fatto porta alla disuguaglianza e alla rigidità“.
Questa è la professione di fede ministeriale. Il ministro la considera come l’espressione di un “progressismo liberale”, di fronte alla “società collettivista”. Ci si chiede come concepisca la società collettivista.
Indubbiamente Valéry Giscard d’Estaing intende svuotare il socialismo dell’opposizione mostrando che quello della maggioranza gli equivale. Posizione tattica dunque. Ma, così facendo, confessa, da una parte, che il socialismo è proprio la verità (in caso contrario lo combatterebbe espressamente) e, d’altra parte, ci si rende conto che il suo pensiero è effettivamente questo.
Perché? Perché il socialismo è anzitutto il razionale, e la razionalità seduce quel grande commis d’Etat che è il ministro.
Imposta unica, protezione sociale unica, società omogenea – gli aggettivi tradiscono la concezione soggiacente. La giustizia è l’uguaglianza. L’uguaglianza è una nozione matematica che compare chiaramente nelle società soltanto sul piano finanziario. Si tratta dunque, per lo Stato, di costruire una società finanziariamente omogenea, affinché ogni individuo possa dare (tassazione) e ricevere (protezione sociale) secondo un regime unico che assicurerà l’uguaglianza, cioè la giustizia.
Il problema da risolvere, per il momento, è quello di rendere la società omogenea, dal momento che non la è certamente di natura. Che omogeneità c’è tra le attività del contadino, dell’operaio, del commerciante, del soldato, del sacerdote, del professore, dello scienziato, dell’artista, della madre di famiglia, dell’infermiere, del deputato, del ministro ecc.? Il corpo sociale è un po’ come il corpo dell’individuo. È difficile rendere omogenee parti della testa, delle membra e dello stomaco, del muscolo, del nervo e della pelle.
Accettiamo comunque di prendere la parola “omogeneo” in un senso che permetta di concepire una società omogenea. Allora l’omogeneità sociale sarà semplicemente l’unità della società realizzata attraverso l’esistenza di un elemento comune alla diversità degli elementi che la compongono. Questo elemento comune è per forza la vita. Ogni corpo vivente è unificato dalla vita stessa. Ma la vita va dalle cime dello spirito ai bassifondi della materia. La “società omogenea” sognata da Giscard d’Estaing sarà tale o per la potenza della vita spirituale o per la potenza della vita materiale – attraverso lo spirito o attraverso la materia.
Una religione comune, una mistica comune, una ispirazione comune fanno una società “omogenea”, una società nella quale lo spirito assicura l’unità e la diversità degli elementi che la compongono. Più sarà elevato il principio spirituale, più grande e più profonda sarà l’unità, come più grande e più profonda sarà la diversità. Quale società è mai stata più “omogenea” – più integrata nell’unità la più viva – della società medioevale? E quale società è mai stata più diversa, più varia, più libera? Il fatto è che l’animava il cristianesimo.
Il più alto principio spirituale sollevava senza fatica e ordinava in civiltà il pesante impasto della materia sociale.
Oggi si tenta di trovare il principio omogeneizzante della società nella materia stessa. Impresa assurda. La materia è nulla; essa esiste soltanto in attesa di una forma che è necessariamente di natura spirituale. Da questo derivano le forme illusorie alle quali ci si aggrappa: il progresso, l’avvenire, la uguaglianza, ecc., alle quali bisogna trovare un denominatore comune organizzante, anch’esso di natura materiale, e che in fondo è sempre o la materia stessa o il denaro.
La “società collettivista” è la società resa omogenea dall’organizzazione diretta della materia.
Il “progressismo liberale” è la società resa omogenea dal denaro.
Sono le due forme moderne del socialismo.
In entrambi i casi, la società si arrende alla nazione, e la nazione allo Stato.
In entrambi i casi, il fisco – cioè lo strumento di contabilità e di coazione dello Stato – è re.
In entrambi i casi, il mezzo privilegiato di asservimento dell’individuo allo Stato è il regime di salariato, che solo permette il controllo dei redditi del lavoro.
C’è una differenza tra il socialismo della società collettivista e quello del progressismo liberale, ed è che il secondo è ostacolato dai valori spirituali ereditati dal cristianesimo, che assicurano ancora certe zone di protezione alle libertà personali. La differenza è apprezzabile, ma sta scomparendo. Il regime di organizzazione della materia attraverso il denaro è a tal punto superiore a quello dell’organizzazione diretta della materia che non si può neppure escludere che il progressismo liberale sbocchi un giorno in una società collettivista più perfetta di quella comunista.
Circa l’80% della popolazione francese attiva è costituita da salariati. Quando il regime di salariato sarà fiscalmente a punto, lo Stato potrà togliere di mezzo la proprietà privata, o tenerla sotto una sorveglianza così stretta da ridurla a un’illusione (come avviene già in così numerosi casi).
È per altro divertente – per modo di dire – constatare che il nostro sistema fiscale è costruito su un principio che con il tempo si rivela sempre più assurdo.
Per instaurare l’uguaglianza, si vuole, infatti, utilizzare l’imposta sul reddito. L’imposta indiretta è cieca e pesa sui più poveri. Bisogna dunque operare un prelevamento progressivo sui redditi personali. Ma questi redditi sono identificabili soltanto nel salariato. Siccome il salario è determinato ed è un costo dell’azienda, non vi è differenza tra un salario di 100 franchi senza tassa e un salario di 120 franchi decurtato di 20 franchi di tassa. Se la tassa è prelevata alla fonte, equivale a una imposta sull’azienda; non è più una imposta sul reddito, che implica la proprietà di un bene o di una attività. Per ragioni di comodità, Giscard d’Estaing ha intenzione di estendere, per cominciare, la mensilizzazione dei versamenti fiscali, in attesa di fare il prelevamento mensile alla fonte, cioè presso l’azienda. L’imposta personale diretta sul reddito diventerà così, logicamente, una imposta indiretta sull’attività dell’azienda.
Ci stiamo avviando, in tutti i paesi, verso questa formula. Nell’URSS l’imposta sul reddito è secondaria e Kruscev aveva intenzione di sopprimerla “per le masse lavoratrici” (vi sono sempre gli scrittori e qualche lavoratore indipendente). In Inghilterra si pensa seriamente di dare a ogni cittadino uno statuto finanziario che, secondo la sua attività e la sua situazione familiare o l’età, lo renderebbe debitore di una certa somma determinata (imposta) e creditore di un’altra (protezione sociale). Egli verserebbe o incasserebbe soltanto la differenza.
Si va verso sistemi di questo tipo.
Per il momento, in Francia, Giscard d’Estaing, nel suo discorso del 24 maggio all’Assemblea nazionale, ha lasciato intravedere soltanto la marcia in questa direzione. E questo significa semplicemente un giro di vite fiscale per le classi medie appartenenti al salariato o a professioni stabili e identificabili.
È il nuovo socialismo, quello che asservisce la sostanza della nazione allo Stato, lasciando libero soltanto il capitalismo selvaggio.
Il processo della socializzazione – questa grazia – è fatale. Sarà interrotto soltanto dalla catastrofe o dall’asfissia. Sarà sostituito solo da un sistema derivante da una dottrina politica ispirata a un principio nel quale la materia non sarà più regina.
LOUIS SALLERON