Il 12 maggio 1990, a Tallin, la capitale dell’Estonia, per iniziativa dei presidenti delle Repubbliche baltiche, veniva proclamata ufficialmente la rinascita del Consiglio del Baltico, un organismo inteso a coordinare la politica estera della Lituania, della Lettonia e dell’Estonia, istituito a Ginevra nel 1934 e soppresso nel 1940 in seguito all’annessione dei tre Stati da parte dell’Unione Sovietica.
Pochi giorni dopo il pubblico italiano — in due incontri dal titolo Lituania, Lettonia, Estonia: il “volto meno umano” della “perestrojka” — ha potuto accostare la drammatica storia e l’entusiasmante battaglia per la libertà dei popoli baltici attraverso la testimonianza diretta di uno dei maggiori rappresentanti del Fronte Popolare indipendentista della Lettonia, Maris Caklais, venuto in Italia su invito di Alleanza Cattolica accompagnato da Giovanni Bensi, slavista e capo-servizio del dipartimento di lingua russa di Radio Liberty, di Monaco di Baviera, e noto nel nostro paese soprattutto per le sue corrispondenze sui paesi dell’Est pubblicate regolarmente dal quotidiano Avvenire, oltre che per opere nelle quali i problemi della più scottante attualità vengono passati al vaglio di una non comune cultura (1).
Maris Caklais nasce il 16 giugno 1940 a Saldus, in Lettonia, e si laurea alla Facoltà storico-filologica dell’università di Riga; per vent’anni lavora per la casa editrice Liesma di Riga e per diversi giornali lettoni. Insignito del premio letterario lettone Andrej Upit, viene considerato il maggiore poeta contemporaneo di lingua lettone: la sua prima raccolta di versi è uscita nel 1965.
Dall’aprile del 1987 dirige il settimanale politico-culturale Literatura un Maksla, “Letteratura e Arte”, l’organo degli scrittori lettoni che ha assunto un ruolo guida nel promuovere il movimento indipendentista. Dall’8 aprile 1989 sulla rivista non appare più il motto socialcomunista Proletari di tutto il mondo unitevi, sostituito — dopo una lunga battaglia con le autorità sovietiche — da quello degli insorti polacchi antirussi del 1831: Per la nostra e la vostra libertà. Sotto la sua direzione, la rivista ha infranto alcuni tabù del regime socialcomunista, pubblicando testi sul Patto Molotov-Ribbentrop che nel 1939 aprì la via all’annessione dei paesi baltici da parte dell’URSS, e fornendo testimonianze sulle deportazioni di lettoni in Siberia avvenute dopo l’annessione del 1940, fra cui — in particolare — le memorie di Ojars Mednis, che nella notte fra il 13 e il 14 giugno 1941, all’età di dodici anni, venne deportato con la famiglia e con altri dodicimila lettoni in Unione Sovietica. La rivista ha anche steso un elenco di quattrocento lettoni che fra il 1941 e il 1942 perirono nel campo di concentramento di Vjatka, in Siberia.
Literatura un Maksla è stata la culla del Fronte Popolare indipendentista lettone pubblicando dal 10 giugno 1988 una serie di risoluzioni delle organizzazioni degli uomini di cultura dalle quali nacquero successivamente i documenti programmatici del Fronte Popolare indipendentista, che può contare sui due terzi dei membri del parlamento.
L’attuale presidente del Fronte Popolare indipendentista, Dainis Ivans, è anche redattore della rivista Literatura un Maksla.
L’esponente indipendentista lettone ha parlato a Torino, presso la Sala Seat, giovedì 17 maggio 1990, nel corso di un incontro promosso da Alleanza Cattolica che ha avuto eco sugli organi di comunicazione sociale locali, soprattutto sul settimanale cattolico il nostro tempo (2). A nome dell’associazione organizzatrice ha introdotto gli oratori Ferdinando Leotta, indicando anche lo scopo della manifestazione. Quindi Giovanni Bensi ha tracciato una breve, puntuale storia della “questione baltica”, poi ha presentato Maris Caklais e ne ha tradotto l’intervento. L’esponente lettone ha anzitutto descritto a grandi linee la situazione delle nazionalità non russe in Unione Sovietica, situazione “diversa da quella dell’Europa Orientale”, per esse infatti si tratta non solo di riconquistare l’indipendenza e la libertà, ma anche di assicurare la propria sopravvivenza come popoli e come paesi: infatti, “nell’Unione Sovietica com’è adesso le nazionalità non russe tendono a scomparire”, dal momento che sempre “nell’Unione Sovietica la cultura è nazionale nella forma, ma socialista nella sostanza”: “Così si è tentato di uccidere tutte le tradizioni e le culture nazionali, quella russa compresa. Le popolazioni della Lettonia vogliono riconquistare e mantenere le loro diversità culturali e nazionali, nell’indipendenza dall’oppressione sovietica: questo è il programma del Fronte, in cui si riconosce la maggioranza delle sedici società culturali delle varie nazionalità presenti in Lettonia”. Di recente — ha riferito Maris Caklais — persone andate a raccogliere l’ambra portata dal mare sulla spiaggia lettone “sono rimaste misteriosamente ferite e ustionate, mentre compivano questa semplice operazione. Si è scoperto, poi, che si erano imbattute in ordigni al napalm che la marina sovietica aveva scaricato in mare, perché poco affidabili per l’usura del tempo. Questo è il rispetto che l’occupante sovietico ha nei confronti della popolazione lettone e della natura in genere…”. Proseguendo, ha chiesto all’opinione pubblica e al governo italiani “in primo luogo comprensione. I nostri tre paesi, Lettonia, Lituania ed Estonia, non intendono manifestare ostilità a nessuno. Viviamo sul Baltico e abbiamo i vicini che abbiamo e vogliamo vivere in pace con tutti, ma vogliamo creare condizioni che ci permettano di conservare senza impedimenti la nostra identità”: “La linea di demarcazione fra indipendentisti e anti-indipendentisti — ha detto — non è di carattere etnico, ma politico. Soltanto i comunisti e i membri dell’apparato sono contrari all’indipendenza e alla piena sovranità lettone”; “un’indagine demoscopica condotta dall’Istituto di sociologia dell’università di Riga ha mostrato che il 35% circa dei non lettoni (praticamente dei russi) è favorevole all’indipendenza”. Il relatore ha quindi criticato l’opinione diffusa in Occidente secondo cui aiutare i popoli baltici significherebbe danneggiare la perestrojka definendola “un’assurdità”, sostenendo al contrario che “ogni pressione su Gorbaciov è positiva” e confessando che, “di fronte all’indifferenza e alla complicità dell’Occidente, abbiamo timore che si possa avverare un modo di dire che è assai diffuso oggi fra i baltici: “Siamo i figli non soltanto di Yalta ma anche di Malta””. Maris Caklais ha concluso affermando che il mondo occidentale deve capire che l’Impero sovietico comunque cadrà e che l’importante è non trovarsi sotto di esso quando avverrà il crollo.
Infine, il direttore di Cristianità, Giovanni Cantoni, ha ricordato che, “se esiste una “questione baltica” per l’Oriente, esiste anche, parallelamente, una “questione baltica” per l’Occidente”: infatti, quello dei paesi baltici costituisce un “caso esemplare” dell’arroganza dei “padroni del mondo”, che dominano la politica internazionale “facendo e disfacendo” gli Stati a loro piacimento, nel caso concreto “permettendo” la nascita delle Repubbliche baltiche nel 1919 dopo il Trattato di Versailles; poi, nel 1940, “accettando” la loro scomparsa in seguito all’annessione sovietica, e oggi, nel 1990, “disimpegnandosi” e guardando “con freddezza” alla loro rinascita.
Venerdì 18 maggio, a Milano, Maris Caklais è stato intervistato da un redattore di Radio Popolare e dalla giornalista Paola Delle Fratte de il Giornale (3); quindi, ha partecipato all’incontro promosso nella serata da Alleanza Cattolica presso la basilica del Corpus Domini, di nuovo preceduto dall’intervento di Giovanni Bensi e presentato da Marco Invernizzi, dell’associazione organizzatrice, che ha anche concluso la manifestazione, alla quale erano presenti oltre cento persone, fra cui i docenti universitari Giovanni Codevilla, Enrico Fasana e padre Tasius Ereminas, il consigliere regionale Ignazio La Russa e quello comunale Vincenzo La Russa.
Nel capoluogo lombardo la manifestazione è stata preceduta da una pubblica raccolta di firme — svoltasi sabato 12 maggio nei pressi di piazza Duomo — in calce a un appello rivolto al presidente del Consiglio della Repubblica Italiana, on. Giulio Andreotti, affinché il governo riconosca formalmente le Repubbliche autonome e indipendenti di Lituania, Lettonia ed Estonia e le aiuti economicamente a superare le conseguenze del blocco economico imposto loro dall’Unione Sovietica dopo le rispettive dichiarazioni d’indipendenza. La raccolta di firme è stata accompagnata dalla diffusione di diecimila volantini e dall’affissione di centinaia di manifesti nei quali si denunciavano le forze politiche e i mass media che hanno sostenuto tiepidamente o non hanno sostenuto affatto la richiesta d’indipendenza dei popoli baltici, “per timore di danneggiare l’azione politica di Mikhail Gorbaciov”, volantini e manifesti nei quali si citavano in proposito le parole del deputato ucraino greco-cattolico Stefan Chmara: “Destabilizzante è chi vuole frenare questo processo storico, perché più la disintegrazione è artificialmente ritardata e più gravi e violente saranno le conseguenze della esplosione” (4).
Raccolte di firme e analoghe manifestazioni di solidarietà con i popoli baltici sono state organizzate da Alleanza Cattolica a Portici, in provincia di Napoli, il 2 giugno, e a Lecce, il 7 giugno. Alle iniziative ha fatto pervenire un messaggio — datato Parigi, 20 maggio 1990 — Richard Backis, presidente della Comunità Lituana in Francia nonché rappresentante della Repubblica di Lituania in questo paese: “La Lituania soffre — vi si legge —. Essa soffrirà ancora prima di accedere all’indipendenza piena e completa alla quale aspira il suo popolo e che i suoi rappresentanti, il parlamento della Repubblica di Lituania, hanno restaurato con la proclamazione dell’11 marzo 1990.
“La Lituania è già stata terra di democrazia. Essa vuol essere terra di libertà. La sua lotta è pacifica e degna. Possano le democrazie di tutto il mondo provare la loro reale solidarietà.
“Grazie del sostegno che daranno alla Lituania tutti gli uomini legati ai valori spirituali che hanno fatto l’Europa. La Lituania farà parte dell’Europa libera, l’Europa di tutti noi”.
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(1) Cfr. Giovanni Bensi, L’incognita jugoslava, Pan, Milano 1975; Idem, Mosca e l’eurocomunismo, “La Casa di Matriona”, Milano 1978; Idem, La pista sovietica. Terrorismo, violenza, guerra e propaganda nella teoria e nella prassi di Mosca, SugarCo, Milano 1983; Idem, L’Afghanistan in lotta, Punto-SPES, Roma 1987 (recensione di Giovanni Cantoni, in Cristianità, anno XVI, n. 155, marzo 1988); e Idem, Allah contro Gorbaciov. Azerbaigian, Afghanistan e Asia Centrale: la spina nel fianco dell’Unione Sovietica, Reverdito, Trento 1988.
(2) Cfr. il nostro tempo, 27-5-1990.
(3) Cfr. Maris Caklais, “Il tempo è dalla nostra parte”, intervista a cura di Paola Delle Fratte, in il Giornale, 21-5-1990; cfr. anche Idem, “Anche i non lèttoni sono favorevoli all’indipendenza”, intervista a cura di G. Bensi, in Avvenire, 17-5-1990.
(4) Cit. in Lucio Brunelli, Ucraina. La miccia nel granaio, in Il Sabato, anno XII, n. 17, 28-4-1990, p. 40; cfr. anche Appello ai milanesi per i Paesi baltici, in il Giornale, 13-5-1990.