Card. Joachim Meisner, Cristianità, 316 (2003)
Omelia nella Messa per la Conferenza dei Vescovi Tedeschi, tenuta a Fulda, in Germania, il 25-9-2002 e pubblicata dall’Ufficio Stampa dell’arcidiocesi di Colonia. Traduzione e titolo redazionali
Cari confratelli,
cari fratelli e sorelle!
Nei Messali propri di Colonia vi è un Prefazio dei santi vescovi. Vi si legge: “Tu hai donato alla Chiesa (di Colonia) la luce della tua grazia e della tua verità per mezzo della parola e dell’esempio di Pastori santi. Per incarico di Cristo essi hanno edificato e confermato nella fede il tuo popolo, lo hanno rafforzato nell’amore, e lo hanno condotto nel tuo regno eterno in questa età terrena”. Questo compito — se ci si occupa della vita di questi vescovi santi — ha prodotto sempre e in ogni tempo un coraggioso impegno per la fede e una paziente intrepidezza.
La misericordia divina ci ha posti in un’epoca in cui la Chiesa nel nostro paese rischia, a forza di statuti, di segretariati e di commissioni, di fossilizzarsi in una mera organizzazione. Se la struttura diventa più forte della vita che dovrebbe difendere si trasforma allora in pericolo, che può schiacciare e uccidere la vita, ma allora non restano che ossa, impalcatura, pezzi di carta. Sarebbe interessante commissionare una specie di sondaggio sulle conoscenze dei nostri fedeli nel campo della fede. Non è necessario essere profeti per prevedere che esso sarebbe ancor più negativo [di quello relativo al loro numero]. Questo è tanto più tragico, dal momento che molti hanno responsabilità in organi direttivi e in commissioni e quindi anche il diritto di partecipare a decisioni mentre le loro conoscenze sulla fede sono molto limitate. È chiaro che rette decisioni di coscienza presuppongono una retta conoscenza.
Però non si tratta solamente del fatto che la vitalità della fede sembra averci abbandonato, ma piuttosto che al suo posto vi è una fede ideologica, arbitraria, che è cattolica solo di nome. Non è possibile contraddire questa critica che viene dalla gente. Alcune nostre istituzioni ottenebrano la fede cattolica. Gli apparati sono diventati così potenti che spesso noi vescovi ci sentiamo impotenti e deboli e dobbiamo fare buon viso a cattivo gioco. In questo caos di apparati, di strutture, di competenze e di responsabilità deve entrare lo Spirito di Dio e come una tempesta soffiare via tutto quanto relativizza la voce della Chiesa e la sua parola profetica, annebbia la forza luminosa del suo messaggio.
In occasione della visita del Papa a Cracovia l’arcivescovo di Oppeln mi ha raccontato, per esempio, che per la sua facoltà di teologia, ora integrata in un’università statale, ha stabilito la procedura seguente: i professori dei suoi seminaristi devono esser sempre sacerdoti; devono tenere le lezioni in abito clericale, celebrare la Messa con un gruppo di studenti almeno una volta alla settimana e trasmettere con le loro azioni la gioia in Dio e l’amore per la Chiesa. Se manca quest’ultimo non possono restare a lungo — anche se ottimi specialisti — docenti ed educatori di sacerdoti.
Il Signore pone sempre la domanda della fede: “Credi tu?”. Ai nostri numerosi collaboratori nelle nostre numerose istituzioni dobbiamo porre sempre anche la domanda: “Quanto devi fare come collaboratore di un’istituzione cattolica è sostenuto dalla tua fede?”. Talvolta nella mia diocesi mi capita di sentir dire di una maestra d’asilo che il suo servizio è per lei solo una via verso la fede. Bisogna aver pazienza, forse questa educatrice potrebbe inserirsi in un processo di fede, così che alla fine trova la fede. Ma che cosa sarà dei bambini se l’educatrice non trova la fede? I bambini sono solamente un mezzo al fine di consentire all’educatrice di trovare la fede? Qualcosa di simile lo sento da parte di catechiste impegnate nella preparazione alla prima comunione: si utilizza la preparazione alla prima comunione come strumento missionario per portare alla fede le catechiste. Questo non può finire bene! Dei ciechi non possono guidare altri ciechi! Le nostre istituzioni meritano la denominazione di “cattoliche” solo se sono animate da cristiani cattolici convinti.
Il modello della fede non si trova nelle nostre associazioni e neanche nelle nostre istituzioni, ma nell’incontro dell’uomo con Cristo, il Figlio del Dio vivente, che pone loro la domanda: “Credi tu?”. Questo processo precede ogni collaborazione. Per questo motivo noi nella Chiesa non abbiamo attualmente compito più grande della catechesi e della predicazione.
L’unico rigagnolo della trasmissione della fede sembra essere rimasto l’insegnamento della religione nella scuola, dal momento che questo non accade più nella famiglia e neanche in parrocchia. Come ci si presenta l’insegnamento della religione nella scuola? Nell’attuale dibattito di politica ecclesiastica troviamo esempi non molto edificanti. Non è che la nostra società sia diventata incredula, piuttosto si sono moltiplicate sul mercato le altre offerte religiose. Ed è tragico che noi ci troviamo ad agire in questo mercato di proposte religiose in una condizione così indebolita. Qui si avverte poco del fascino, dello Splendor veritatis, dello splendore della verità. Il veleno della mezza fede e della fede falsa decompone la forza di convinzione della vera fede.
Il Signore chiede: “Ma il Figlio dell’uomo, alla sua venuta, troverà la fede sulla terra?” (Lc. 18, 8). La nostra Chiesa non è una società per il miglioramento del mondo, ma ha la missione di rendere presente Cristo per condurre il popolo di Dio attraverso questo tempo nel regno di Dio. Non perdiamo di vista questo fine ultimo a forza di altri fini penultimi! Perché il fine determina la via. Gesù dice: “Io sono la via” (Gv. 14, 6), cioè Lui ci porta e ci conduce al fine. Questo è il fascino del Vangelo, che ci dà sempre il mezzo di fare quello che pretende da noi. Non pretende quanto noi non possiamo dare. Ci conduce, e non ci lascia imboccare vie senza uscita, ma ci tiene sulla giusta rotta che ci conduce alla nostra perfezione.
Il presente non ci può essere indifferente per l’eternità, perché il presente decide la forma dell’eternità. La nostra vita non è una scaramuccia senza conseguenze, ma è decisiva per la qualità della mia esistenza eterna, che viene decisa nel giudizio personale. Ciò non significa: “Noi andiamo tutti quanti in cielo”, ma molto semplicemente: “Quelli che hanno seguito le parole di Gesù saranno alla sua destra. E quelli che non si sono preoccupati del suo messaggio, alla sua sinistra” (cfr. Mt. 25, 31-46). La sentenza del Signore sancisce quanto l’uomo stesso si è scelto. Per quelli alla sua destra ciò significa: “Sia fatta la vostra volontà” e anche per quelli che si trovano lontano da Dio alla sua sinistra, significa: “Sia fatta la vostra volontà”. L’uomo si condanna da solo! Se questa prospettiva non viene più percepita nell’annuncio, il presente perde la sua serietà e il suo peso. Se noi però annunciamo il messaggio integralmente, ciò aiuta l’uomo a trasformare la società del divertimento in una società in cui si viene messi alla prova, in cui l’uomo già oggi sulla terra comincia a provare qualcosa del cielo. Questa è la nostra missione nel presente per il futuro.
Dio voglia che anche in un lontano futuro nelle Messe proprie delle diocesi tedesche si possa pregare: “Tu hai donato alla Chiesa (di Colonia) la luce della tua grazia e della tua verità per mezzo della parola e dell’esempio di pastori santi. Per incarico di Cristo essi hanno edificato e confermato nella fede il tuo popolo, lo hanno rafforzato nell’amore, e lo hanno condotto nel tuo regno eterno in questa età terrena”.
+ Joachim Card. Meisner
Arcivescovo di Colonia