Card. Camillo Ruini, Cristianità, n. 311 (2002)
Dal 20 al 24 maggio 2002 in Vaticano, nell’Aula del Sinodo, si è svolta un’assemblea generale della CEI, la Conferenza Episcopale Italiana, dedicata principalmente al tema L’annuncio di Gesù Cristo, unico Salvatore e Redentore, e la missione dei credenti in un contesto di pluralismo culturale e religioso e aperta il 20 da una prolusione del Cardinale Presidente Camillo Ruini. Per contribuire a che “progetti e propositi” in essa enunciati non cadano nell’oblio — favorito, se non promosso, dall’aggressione massmediatica — trascriviamo alcuni stralci dai nn. 6, 7 e 9 del documento “Come avanguardie della storia”, comparso in Avvenire. Quotidiano d’ispirazione cattolica, anno XXXV, n. 117, Milano 21-5-2002. Il titolo è redazionale.
Il punto di partenza che ci fa comprendere il senso e la portata del problema non sembra difficile da individuare: l’affermazione che Gesù Cristo è l’unico Salvatore di tutto il genere umano è infatti un tema centrale, qualificante e unificante, dell’intero Nuovo Testamento e della Tradizione della Chiesa, decisivo oggi come all’inizio, quando rappresentò l’impulso e il motivo fondamentale della prima grande espansione missionaria del cristianesimo. Questo ruolo determinante di Cristo nella salvezza di ogni essere umano non toglie affatto, come precisa la Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede Dominus Iesus riprendendo un bellissimo testo del Vaticano II (Gaudium et spes, 22), che a tutti, anche a coloro che non hanno mai conosciuto Cristo, sia data, proprio in Cristo e tramite l’azione dello Spirito Santo, una concreta possibilità di salvezza.
La Dichiarazione conciliare Nostra aetate (n. 2) ha indicato la via maestra per il nostro rapporto con le religioni non cristiane: “La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini. Essa però annuncia ed è tenuta ad annunziare incessantemente Cristo che è “la via, la verità e la vita” (Gv. 14, 6), in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato a sé tutte le cose”. Un’altra importantissima Dichiarazione conciliare, quella sulla libertà religiosa, mostra come, nel concreto dei rapporti sociali, la profonda convinzione e l’aperta testimonianza della verità e del valore salvifico della propria religione possano limpidamente armonizzarsi con un atteggiamento di sincero rispetto, dialogo e collaborazione con i seguaci delle altre religioni.
Tutto ciò assume già oggi un rilievo concreto anche in Italia, per la presenza crescente di altre religioni, dovuta soprattutto all’immigrazione, e probabilmente acquisterà ancor maggiore importanza in avvenire.
[…] per individuare in maniera più puntuale come può articolarsi nella vita e nella pastorale quotidiana la missione cristiana in rapporto al contesto attuale, occorre misurarsi con quel problema di fondo che è la formazione di una “coscienza missionaria” nell’intero popolo di Dio, pienamente compresi i fedeli laici. Questa coscienza implica il sentirsi partecipi di quella responsabilità universale che nella prima Lettera di Pietro (3, 15) è espressa con le parole “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”.
Fa parte di una tale responsabilità anzitutto la testimonianza esplicita di Cristo unico Salvatore, ma anche il proporre nel concreto del tessuto sociale quei criteri e norme di vita che sono conformi all’autentica realtà dell’uomo, come nel medesimo Cristo si è fatta pienamente conoscere a noi: specialmente a questo fine risultano essenziali l’impegno e la creatività dei laici cristiani, accanto alla parola di verità della Chiesa. Nel concreto della vita quotidiana, in quello scambio continuo che ha luogo all’interno delle famiglie come nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei locali pubblici e in tante altre occasioni, sono i laici ad avere le più frequenti e per così dire “naturali” opportunità di svolgere una specie di apostolato o diaconia delle coscienze, tenendo vigile anzitutto e traducendo in comportamenti effettivi e visibili la propria coscienza cristianamente formata, ma anche aiutando ogni uomo e ogni donna con cui hanno a che fare a mantenere desta a loro volta la propria coscienza, a lasciarsi da essa interrogare e possibilmente ad ascoltarla in concreto.
Una reale conversione missionaria delle nostre Chiese richiede pertanto ulteriori e sostanziosi passi in avanti di quella valorizzazione dei laici cristiani che, in forme diverse, è in corso da molto tempo e ha trovato nell’ecclesiologia del Vaticano II la sua più propria fondazione sacramentale. […] Le nuove e molteplici forme di aggregazione, sorte negli ultimi decenni, rappresentano a loro volta delle felici opportunità di crescita del laicato, chiamate a inserirsi con genuina disponibilità nel comune tessuto ecclesiale e a spendere generosamente i propri talenti nei tanti campi della missione.
A partire dall’11 settembre è diventato […] più chiaro che sui rapporti tra l’Occidente e le altre parti del mondo non pesano soltanto gli aspetti economici. Altre grandi civiltà, che a differenza dell’Occidente non hanno il cristianesimo tra le proprie principali matrici storiche e culturali, si sentono tenute in posizione subordinata e intendono e vogliono uscire da questa condizione: ora l’attenzione è concentrata sull’Islam, ma non meno rilevante è, ad esempio, il ruolo che appare destinata a giocare la Cina.
Per quanto riguarda i rapporti con l’Islam, […] la matrice religiosa e “identitaria” a cui ha preteso di richiamarsi il terrorismo islamico […] ha […] provocato nelle popolazioni dei Paesi occidentali, Italia compresa, una reazione profonda, che si esprime in forme variegate e a volte assai discutibili e paradossali, ma che contiene in sé un impulso a riscoprire e valorizzare a nostra volta quell’identità che storicamente e culturalmente ci appartiene e che in larga misura è un’identità cristiana. Si tratta allora di orientare questa riscoperta in senso autenticamente cristiano, liberandola da pulsioni contraddittorie e pericolose, ma non lasciando cadere quella richiesta e quella volontà positiva che essa certamente racchiude: è questo un compito che ci interpella come Chiesa e per il quale è assai importante il dialogo cordiale con tutti coloro che da questa stessa riscoperta si sentono intimamente toccati.
+ Camillo Card. Ruini
Presidente