Da Avvenire del 18/08/2023
Lomé «Più di mille persone sono state uccise il 15 giugno in una città del Darfur, nel Sudan occidentale». Le voci su una carneficina nella località di El Geneina che avrebbe coinvolto centinaia di civili circolavano da qualche giorno e secondo un’inchiesta pubblicata ieri dall’emittente statunitense Cnn sarebbero vere. Una serie di scontri armati a sfondo etnico avevano seminato morte e violenza poco dopo l’inizio del conflitto in Sudan ad aprile. A luglio le Nazioni Unite avevano lanciato l’allarme sul ritrovamento di una fossa comune con «almeno 87 cadaveri». Tra i morti, secondo l’Ufficio Onu per i diritti umani (Ohchr), c’erano numerosi membri della popolazione darfuriana dei masalit. Oggi come allora, gli analisti puntano il dito contro le famigerate Forze di supporto rapido (Rsf ), il cui leader, Mohamed Dagalo Hemmeti, è noto dal 2003 per aver ordinato ai suoi uomini di massacrare tutti i darfuriani di origine non-araba. «I morti sono stati sepolti in cinque diverse fosse comuni dentro e intorno a El Geneina – ha rivelato alla Cnn un operatore umanitario, elevando le prime stime dell’Onu». «Il 15, 16 e 17 giugno sono stati giorni molto sanguinosi in questa città », ha aggiunto. Un portavoce delle Rsf ha negato categoricamente le accuse, ma i testimoni ascoltati dall’emittente americana raccontano tutto un altro scenario. «Svelare che facevi parte della comunità dei masalit era una condanna a morte – ha spiegato Jamal Khamiss, un avvocato per i diritti umani –. Sono riuscito a fuggire da El Geneina verso il Ciad solo nascondendo la mia etnia».Senza accesso alla città, è stato impossibile verificare le dichiarazioni delle vittime, ma le indagini hanno incluso testimonianze di persone incaricate di raccogliere i cadaveri, di organizzazioni umanitarie, medici e sopravvissuti. «Alcuni di noi si sono salvati perché avevamo detto di appartenere all’etnia Tagoy – ha assicurato un sopravvissuto ai massacri –. Ma abbiamo visto le Rsf uccidere con un colpo alla testa un bambino di otto anni che non ha saputo mentire». In quei giorni centinaia di famiglie si erano riunite a El Geneina per pianificare la fuga dal Paese. Gran parte dei rifugiati hanno attraversato il confine con il Ciad e da allora vivono nei campi a cui hanno accesso anche i media internazionali.Ieri Medici senza frontiere ha denunciato il «dramma di oltre 350mila persone ospitate nel campo di Adré». Molti di loro hanno ammesso di aver visto edifici distrutti, coperti di graffiti razzisti, oltre a numerose strade disseminate di cadaveri. Il 17 giugno, alcuni gruppi di milizie arabe hanno invece ucciso Khamis Abdullah Abakar, governatore dello Stato del Darfur occidentale. Quest’ultimo aveva appena finito un’intervista telefonica con un media saudita in cui aveva fatto l’errore di criticare le Rsf.