Esce in italiano una delle opere più importanti dello storico delle idee Russell Kirk. Uno studio sulla Costituzione federale che rievoca un mondo e spiega una forma mentis
di Marco Respinti
Una chiacchiera si aggira spettrale nella cultura europea, e come tutte le pochezze è dura da debellare. Conosce formulazioni inclite e varianti dozzinali, ma la si può riepilogare così: la Rivoluzione Americana fu l’antenato soft della Rivoluzione Francese, madre e matrice, anche quando matrigna, delle «magnifiche sorti e progressive» della modernità. Non è però così, e chi si assume la responsabilità culturale, nobile e contundente, di affermarlo è l’intellettuale (benché detestasse la definizione) più importante che il conservatorismo statunitense abbia espresso nella seconda metà del Novecento, lo storico delle idee Russell Kirk (1918-1994).
Anzi, è stato proprio Kirk che, remando controcorrente, ha rifondato quello che oggi negli Stati Uniti si definisce appunto «conservatorismo».
La documentazione principale Kirk l’ha raccolta in un libro cruciale che giunge ora in italiano con il titolo Diritti e doveri. Saggio sullo spirito conservatore della Costituzione americana. Per i tipi dell’Editoriale Scientifica di Napoli, lo cura Agostino Carrino, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università di Napoli Federico II e fra i pochi cattedratici italiani disposti a spingersi oltre il conformismo plumbeo.
Il tono e la pretesa di questo studio Kirk li manifesta sin nel titolo tranchant della prima edizione del volume, del 1990, The Conservative Constitution. La legge fondamentale degli Stati Uniti, afferma Kirk, è intrinsecamente ma pure esplicitamente conservatrice. Non nasce da una rivoluzione, non sovverte, non spacca: preserva, difende e tutela. Innova nella continuità. Al suo cuore sta la difesa del concetto di ordine della persona, come prima esigenza dello spirito umano, e di ordine della cosa pubblica, come costruzione storica di un ambiente autenticamente a misura dello spirito umano.
Il titolo italiano calca invece quello della seconda edizione, Rights and Duties, pubblicato nel 1997 in versione accresciuta soprattutto di un saggio su quel nemico pubblico n.1 dell’ideocrazia, relativistica nelle democrazie o assolutistica nei totalitarismi, che è il diritto naturale, nonché di un altro saggio incentrato proprio sull’idea forte che se l’uomo diritti ha, pure è tenuto a corrispettivi doveri (da cui appunto il nuovo titolo).
Per Kirk è il diritto naturale il fondamento dell’architettura giuridica e signorilmente politica che può garantire un diritto positivo a tutela e non a sopraffazione della persona. A coronamento di un itinerario culturale, giuridico e politico plurisecolare, nel 1789 la Costituzione statunitense forgia dunque le strutture istituzionali che permettono alla comunità nazionale degli ex coloni britannici dell’America Settentrionale di costituirsi in uno Stato che ne preserva il volto umano. Una Costituzione, insomma, conservatrice per un Paese di identità e a vocazione conservatrici.
Un’altra chiacchiera micidiale e persistente, rispolverata in anni recenti e a cui credono anche diversi statunitensi (perché di per sé nulla li garantisce in grazia), dice a questo punto che della propria Costituzione gli americani fanno una panacea da imporre con la moral suasion o con la violenza ovunque. Ancora Kirk è l’antidoto eccellente a una dabbenaggine simile.
La Costituzione conservatrice degli americani, spiega infatti, incarna la modalità storica con cui una determinata comunità umana in un determinato momento del tempo ha eletto determinati strumenti giuridici a protezione di una libertà ordinata. Altre comunità umane hanno trovato, trovano e troveranno i propri strumenti giuridici per il medesimo fine. La dinamica con cui gli americani hanno immaginato e realizzato la propria realtà istituzionale può al massimo ispirare, ma le vie dei popoli sono infinite. Ciò su cui vanno giudicate tutte, e promosse o bocciate, è il modo in cui preservano l’ordine e la persona. Nessun latitudinarismo relativista, nessuna omologazione globalista: la Costituzione conservatrice di Kirk è così americana da liberare il mondo dal presunto “modello americano”.
Nulla però si capirebbe se non si comprendesse il cuore del conservatorismo kirkiano. Per Kirk ‒ come correttamente sottolinea Carrino in una generosa introduzione a Diritti e doveri che merita discussione e approfondimento ‒ il conservatorismo è anzitutto un atteggiamento spirituale che plasma una mentalità.
La chiave di volta è il pensiero dello statista irlandese Edmund Burke (1729-1797), il primo critico ‒ a tratti sbalorditivamente profetico ‒ della Rivoluzione Francese come spartiacque fra due mondi antagonisti. «L’era della cavalleria è finita. Le è succeduta quella dei sofisti, degli economisti e dei calcolatori, e la gloria d’Europa è estinta per sempre», scrisse Burke nelle Riflessioni sulla rivoluzione in Francia del 1790 (che tradussi in italiano nel 1998, pubblicandola a Roma per i tipi di Ideazione), scagliando contro l’era nuova delle ideologie la madre di tutti gli strali.
Prima ancora Burke aveva difeso la protesta dei coloni britannici dell’America Settentrionale ‒ culturale e addirittura metafisica, ma vestita da rivolta fiscale ‒ rimproverando alla Corona degli Hannover il rinnegamento della propria storia plurisecolare di ordine nella libertà e una pericolosa china assolutistica. Qui una terza chiacchiera o non comprende questi due aspetti della medesima battaglia politico-culturale di Burke o crede sia la prova provata della parentela fra Rivoluzione Americana e Rivoluzione Francese.
Invece la battaglia dello statista irlandese contro la Rivoluzione Francese dello Stato padre-padrone e a favore della non-rivoluzione degli americani difendeva in maniera unitaria su fronti diversi l’essenza della civiltà occidentale fondata sulla concezione aristotelica-cristiana del diritto naturale.
Ed ecco allora apparire Kirk, l’erede migliore di Burke e l’interprete più cosciente non di un’“altra America”, bensì dell’America vera. Oggi minoritaria, certo, ma Kirk non è mai stato fra chi pensa che la verità dipenda da una conta democratica. Come illustra sul piano storico ne Le radici dell’ordine americano (che tradussi nel 1996, pubblicandolo a Milano per i tipi di Mondadori), anche gli Stati Uniti, persino gli Stati Uniti sono figli della Grecia della filosofia dell’essere, della Gerusalemme della rivelazione divina, della Roma del diritto e poi del cristianesimo ‒ «quella Roma onde Cristo è romano», diceva Dante (Purgatorio, 32, 102), riattualizzato dal poeta T.S. Eliot, modello di conservatorismo e amico di Kirk ‒ e della tradizione medioevale che Londra “ha tradotto in inglese”. È questa storia la loro Costituzione conservatrice, questi i Diritti e doveri che li vincolano.
Martedì, 4 giugno 2024
Versione originale e completa dell’articolo pubblicato con il titolo
Ecco come è cresciuto il sogno americano
in Libero quotidiano, anno LIX, n, 123Milano 5 maggio 2024, p. 25