di Giovanni Maria Leotta, del 14 febbraio 2018
Il 5 febbraio il giudice David R. Lampe della Corte superiore della contea di Kern, in California, ha negato al Department of Fair Employment and Housing la concessione di una misura cautelare contro la cake designer Cathy Miller, che nell’estate 2017 si è rifiutata di realizzare una torta che sarebbe stata utilizzata da Eileen e Mireya Rodriguez-Del Rio.
Le due donne avevano organizzato per il 7 ottobre 2017 una festa con più di cento invitati per celebrare il proprio “matrimonio” avvenuto nel dicembre 2016. La scelta sul negozio dove acquistare la torta cadde sulla pasticceria della Miller, la Tastries Bakery, dopo averne assaggiato le prelibatezze il 17 agosto, ma la settimana successiva la proprietaria si scusava e informava le acquirenti che aveva provveduto a trasmettere l’ordine alla Gimme Some Sugar, pasticceria concorrente, dal momento che lei non poteva appoggiare un “matrimonio” tra due persone dello stesso sesso. Due mesi dopo, le clienti, rimaste a bocca asciutta, presentavano una lagnanza denunciando che la Miller, cristiana praticante, aveva violato l’Unruh Civil Rights Act, ovvero la legge statale di contrasto alla discriminazione, a causa del loro orientamento sessuale.
Non proprio caratterizzato dal fair play risulta il comportamento delle due donne. Come si legge nel memorandum della Freedom of Conscience Defense Fund, a cui la Miller ha affidato la propria difesa, le richiedenti avrebbero consultato diversi negozi del circondario, quasi a tastare il terreno, chiedendo ai diversi pasticcieri se erano contrari o favorevoli al matrimonio omosessuale e registrandone accuratamente le risposte. Insomma, sembra davvero che «[…] non stavano cercando di comperare una torta, quanto piuttosto di allestire una causa». Precisa la difesa che la Tastries Bakery offre i propri servizi e vende i propri prodotti, inclusi quelli già preparati, senza discriminazione alcuna ma non intendeva realizzare una torta che celebrasse un avvenimento offensivo dei propri intimi principi religiosi: Cathy si era rifiutata di creare la torta nuziale poiché le unioni tra persone dello stesso sesso violano il comando biblico secondo cui il matrimonio è solo tra un uomo e una donna.
Nell’esame della causa il giudice Lampe precisa che l’intento dello Stato di garantire un mercato che sia privo di discriminazioni è lodevole, poiché nessun venditore può rifiutarsi di vendere i propri prodotti a causa dell’orientamento sessuale dei clienti, fosse anche in virtù dei propri convincimenti religiosi. E, tuttavia, il diritto alla libertà di parola garantito dal Primo Emendamento della Costituzione federale statunitense supera l’interesse dello Stato nel garantire un mercato liberamente accessibile.
Una rivendita di penumatici, esemplifica il giudice, non può negare la vendita delle gomme poiché il suo proprietario non intende venderle a una coppia di persone dello stesso sesso, e questo perché «non vi è nulla di sacro o di espressivo in uno pneumatico». Allo stesso modo nessun artista, avendo messo in vendita la propria opera, può poi rifiutarsi di venderla con un intento discriminatorio né un fornaio può mettere le sue merci in vetrina, aprire il loro negozio e poi rifiutarsi di venderle a causa della razza, della religione, del sesso o dell’orientamento sessuale degli avventori.
Ma nel caso specifico la differenza da tenere a mente è che la torta in questione non è ancora stata realizzata: lo Stato, infatti, non sta chiedendo alla corte di ordinare alla signora Cathy di vendere la torta. Come spiega Lampe: «Lo Stato chiede a questa corte di costringere Miller a usare i propri talenti per progettare e creare una torta che non ha ancora concepito, con la consapevolezza che il suo lavoro sarà esposto all’interno di una celebrazione di un’unione coniugale che la sua religione proibisce». Ne consegue il rigetto della richiesta perché forzare tale adempimento significherebbe fare violenza agli elementi costitutivi della libertà di parole garantita dal Primo Emendamento.
L’Unruh Civil Rights Act proibisce la discriminazione sulla base della religione, così come in virtù dell’orientamento sessuale delle persone. Il giudice pone un quesito illuminante, a spiazzare gli accusatori della sua ipotetica faziosità: «potrebbe questa Corte costringere una panettiera che fosse dichiaratamente a favore dei diritti LGBT a realizzare una torta nuziale che ella avesse rifiutato a una coppia cattolica come forma di protesta contro l’insegnamento della Chiesa Cattolica sul matrimonio omosessuale? La risposta è “no”». Il giudice, infatti, «[…] ha l’obbligo di difendere la libertà di parola, indipendentemente dal proprietario del piede che sta indossando la scarpa».
Apprezzabile è la saggezza salomonica del giudice Lampe che, lungi dal coltivare una tutela della “libertà di discriminazione” contro le persone omosessuali, riconosce che lo Stato non può costringere una persona ad agire contro i propri convincimenti religiosi né contrastando gli intimi dettami della coscienza.
La questione è tutt’altro che chiusa. E mentre le ricorrenti affermano che la «loro battaglia contro la discriminazione e il fanatismo è solo all’inizio» a giugno si terrà la prossima udienza. Intanto l’estate vedrà anche l’attesa pronuncia della Corte Suprema degli Stati Uniti sul caso Masterpiece Cakeshop v. Colorado Civil Rights Commission, originato dal pasticciere Jack Philipps che nel luglio 2012 a Lakewood, in Colorado, rifiutò di prendere in ordine una torta per il “matrimonio” omosessuale di Charlie Craig e David Mullins