La civiltà cristiana si ricostruisce con la parola e con l’esempio, seguendo il modello di san Francesco di Sales, a cui il Pontefice regnante dedica una lettera apostolica, e del Papa emerito, forse all’ultimo miglio della sua esistenza terrena
di Michele Brambilla
Papa Francesco incentra l’udienza del 28 dicembre sul grande mistero del Natale, «e poiché proprio oggi ricorre il quarto centenario della morte di San Francesco di Sales, Vescovo e Dottore della Chiesa, possiamo prendere spunto da alcuni suoi pensieri. Lui ha scritto tanto sul Natale. A questo proposito, ho il piacere di annunciare che oggi viene pubblicata la Lettera Apostolica che commemora tale anniversario. Il titolo è “Tutto appartiene all’amore”, riprendendo un’espressione caratteristica di San Francesco di Sales. Infatti, così egli scriveva nel Trattato dell’amore di Dio: “Nella santa Chiesa tutto appartiene all’amore, vive nell’amore, si fa per amore e viene dall’amore” (Ed. Paoline, Milano 1989, p. 80). E magari tutti noi potessimo andare su questa strada dell’amore, tanto bella», sospira il Pontefice.
Come ricorda il Santo Padre, «san Francesco di Sales, in una delle tante lettere indirizzate a Santa Giovanna Francesca di Chantal, scrive così: “Mi pare di vedere Salomone sul grande trono d’avorio, dorato e scolpito, che non ebbe uguale in nessun regno, come dice la Scrittura ( 1 Re 10,18-20); di vedere, insomma, quel re che non ebbe uguale in gloria e magnificenza (cfr 1 Re 10,23). Ma io preferisco cento volte vedere il caro piccolo Bambino nella mangiatoia, piuttosto che tutti i re sui loro troni”», perché «Gesù, il Re dell’universo, non si è mai seduto su un trono, mai: è nato in una stalla – lo vediamo così rappresentato – , avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia; e alla fine è morto su una croce e, avvolto in un lenzuolo, è stato deposto nel sepolcro. In effetti, l’evangelista Luca, raccontando la nascita di Gesù, insiste molto sul particolare della mangiatoia» per far comprendere quale sia la distanza tra il Re dell’universo e gli uomini di potere di ogni tempo.
Infatti «questo segno ci mostra lo “stile” di Dio. E qual è lo stile di Dio? Non dimenticarlo mai: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza», come fece san Francesco di Sales nei confronti dei calvinisti ginevrini. Egli comprese che una reale e profonda conversione delle anime poteva essere ottenuta solo con una predicazione gioiosa e una costante direzione spirituale: non è un caso che san Francesco sia chiamato “il santo del sorriso”. A lui guarderà un altro grande santo, san Giovanni Bosco (1815-1888), per i suoi oratori: non a caso l’ordine religioso fondato in quel di Valdocco si chiamerà salesiano. Ai giornalisti, di cui è patrono grazie alla miriade di opuscoli con la quale “inondò” le case dei ginevrini, san Francesco di Sales insegna un amore della verità che non deve mai essere disgiunto dalla carità nei confronti delle anime dei lettori.
Criteri sempre presenti nell’animo del Papa emerito, Benedetto XVI. Papa Francesco, dicendo che «vorrei chiedere a tutti voi una preghiera speciale, per il Papa emerito Benedetto, che nel silenzio sta sostenendo la Chiesa. Ricordarlo – è molto ammalato – chiedendo al Signore che lo consoli, e lo sostenga in questa testimonianza di amore alla Chiesa, fino alla fine», mette in pre-allarme le cancellerie e le redazioni di tutto il mondo. Subito dopo l’udienza, Papa Bergoglio si reca per primo al capezzale dell’augusto degente.
Giovedì, 29 dicembre 2022