Da La bianca Torre di Ecthelion del 23/10/2018. Foto da articolo
Viviamo nel mondo libero, ma qualcuno è più libero degli altri. È quel qualcuno che ha la forza dei numeri, il potere della censura, il consenso dei manovratori e il plauso delle masse mugghianti che credono di volere quello che vogliono semplicemente perché il demagogo di turno li ha così tanto rintronati da indurli a pensare che la loro libertà sia quella che sorbiscono per via ipodermica dalla voce del padrone. Twitter, per esempio.
Giovedì 18 il social medium che regna incontrastato dalla comunicazione politica a quella commerciale ha bannato LifeSiteNews, uno dei siti storici della battaglia per i princìpi non negoziabili, noto, famoso, senza peli sulla lingua e quindi più che scomodo. E lo ha fatto come lo fanno le tirannie totalitarie: sentenza capitale applicata in modo retroattivo, senza parola alla difesa, senz’appello. LifeSiteNews è infatti stato oscurato da Twitter qualche giorno fa per un articolo di quattro anni fa sull’aumento, tra gli omosessuali, delle malattie che si trasmettono per via sessuale (HIV, sifilide, gonorrea), un articolo, scientifico e documentato, firmato da Gerard M. Nadal, biologo molecolare e microbiologo, presidente e CEO della Coalition on Abortion/Breast Cancer. Per Twitter, infatti, l’articolo violerebbe le regole che il social medium si è dato contro chi fomenti l’odio e minacci o molesti altri per via del loro orientamento sessuale o per qualche grave male che li affligga. Adesso, per uscire dall’“isolamento sanitario”, LifeSiteNews avrebbe una sola possibilità: fare quello che impone Twitter e rimuovere il post che rimanda all’articolo incriminato.
Ora, un potrebbe dire che Twitter ha fatto bene. In fin dei conti ogni utente di Twitter, come di qualsiasi altro social medium, di Twitter è ospite. Fruisce di un servizio gratuito e dunque deve comportarsi secondo le regole della casa. Verissimo. Ma il punto è che Twitter, come qualsiasi altro social medium, si definisce orgogliosamente una piazza virtuale dove ognuno può esprimere il proprio parere senza censura a meno che non si volino le norme minime della convivenza, cioè non si sparli degli altri prendendone di mira caratteristiche o difetti. Ora, da quando in qua è gossip, calunnia o hate crime citare una statistica scientifica resa nota dai Centers for Disease Control and Prevention, che, dipendendo dal ministero della Salute, sono un pezzo del governo degli Stai Uniti, da quando lo è citare The New York Times e da quando lo è citare AIDS and Behavior, il periodico medico peer-reviewed edito dalla prestigiosa Springer tedesca e diretto da Seth C. Kalichman, docente di Psicologia sociale nell’Università del Connecticut a Stoors, esperto di ricerche sulla prevenzione e la cure dell’HIV/AIDS) come fa l’articolo di Nadal che LifeSiteNews ha pubblicato e quindi twittato?
Ovviamente mai. Ma l’episodio fa venire alla mente una di quelle notizie che tanto sono importanti quanto sono nascoste: le parole di Mark Zuckerberg, il ricchissimo fondatore di Facebook che, incalzato dal senatore Ted Cruz, nei giorni caldi dello scandalo di Cambridge Analytica e Facebook, ha detto candidamente al mondo che Silicon Valley «[…] è un luogo estremamente di sinistra». Del resto, che sia esattamente così lo dice anche Peter Thiel, che è sì il milionario amico del presidente Donald J. Trump co-fondatore di PayPal e tra i primi azionisti di Facebook, ma che è pure un omosessuale notorio, il quale non ha il minimo dubbio. Silicon Valley, dice, è un «luogo totalitario».
Marco Respinti