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Un binomio inscindibile

5 Settembre 2020 - Autore: Michele Brambilla

Eucaristia e Papato nelle Stanze vaticane di Raffaello


di Michele Brambilla

Nel 2020 ricorrono i 500 anni dalla morte del grande pittore urbinate Raffaello Sanzio (1483-1520). Raggiunse il vertice artistico negli affreschi delle Stanze vaticane, che gli furono commissionati tra il 1509 e il 1513 da Papa Giulio II (1503-1513), nei quali sviluppò due temi che stavano molto a cuore al Pontefice: l’Eucaristia e la successione apostolica.

Raffaello trattò immediatamente il tema dell’Eucaristia nella Stanza della Segnatura, nella forma più solenne. La celebre Disputa del Sacramento è, infatti, un’opera dall’architettura molto complessa: Sanzio pone al centro del “piano terreno” un altare, sul quale è stato esposto il SS. Sacramento. Ai lati, teologi, vescovi, Papi (sulla destra si riconosce Sisto IV) e persino poeti (Dante Alighieri, che fa capolino alle spalle del primo Papa della famiglia Della Rovere) discutono animatamente della presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. A risolvere ogni dubbio la “scena celeste” posta esattamente in linea con l’ostensorio: la SS. Trinità nel suo massimo fulgore regale, attorniata dall’Ecclesia triumphans. Il messaggio teologico è molto chiaro: nei Sacramenti riceviamo davvero ciò che promettono e vi è assoluta continuità tra l’insegnamento di Cristo e della Chiesa.

A conferma di ciò, Raffaello dipinge nella vicina Stanza di Eliodoro il Miracolo di Bolsena: il dubbio di un sacerdote boemo sull’ostia che sta consacrando viene prodigiosamente risolto dallo stesso Signore. Il pittore sfrutta con maestria l’ostacolo creato dalla presenza di una porta per disegnare ai suoi lati i gradini del presbiterio. L’altare è “girato” sul lato corto per mettere sulla stessa linea i ministranti, il sacerdote e Giulio II, ritratto anacronisticamente (il miracolo è del 1264) sulla destra. Quella che Raffaello tratteggia alla perfezione è una liturgia dei primi anni del secolo XVI, con il sacerdote rivestito di una lunga casula verde, l’altare ricoperto di stoffe preziose, i chierichetti, che indossano una cotta più lunga della talare rossa sottostante e sorreggono lunghi ceri al momento della Consacrazione, e il popolo orante, il quale si accalca attorno al celebrante esprimendo una fede sincera, sebbene poco disciplinata. Dall’altro lato il Papa è assiso in faldistorio: i cardinali si tengono a distanza, con il capo scoperto, e ai piedi della scala si notano i sediari pontifici, pronti a scattare sull’attenti non appena Giulio II avrà bisogno di loro. L’Eucaristia è esattamente al centro, culmen et fons della vita della Chiesa.

Il culmine della teologia petrina di Raffaello è rappresentato dalla Liberazione di san Pietro dal carcere. L’episodio è narrato in At 12, 1-19: l’apostolo riceve la visita di un angelo mentre è imprigionato per ordine del Sinedrio e riesce a sottrarsi ai carcerieri. Sanzio dà al suo san Pietro il volto di Giulio II, che nel 1512 usciva da un periodo tribolato: il re Luigi XII di Francia (1494-1515) aveva appena tentato di spodestarlo nel corso delle guerre d’Italia. A proteggere il Pontefice furono la convocazione del V Concilio Lateranense e la sollevazione popolare contro il conciliabolo di Pisa-Milano, che tentava di violare i diritti del Papato, ma anche il primo contingente di guardie svizzere, a cui si allude nell’abbigliamento degli armigeri dell’affresco. L’umile pescatore di Galilea continua a parlare a noi attraverso i suoi successori pro tempore, che ripetono instancabilmente l’unica Parola che salva e che non si può incatenare (2 Tm 2, 10).

Sabato, 5 settembre 2020

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