Mentre il fenomeno dei Testimoni di Geova sta diventando sempre più rilevante, specialmente in alcune regioni del territorio nazionale, la insensibilità del mondo cattolico sembra, in proposito, direttamente proporzionale alla gravità del fatto. Per rovesciare la preoccupante tendenza – una espressione dell’irenismo dilagante e della conseguente diffidenza verso ogni forma di apologetica – si sono svolte due giornate di studio, a Massa Carrara, con il proposito di porre le premesse per una azione di contenimento del proselitismo geovistico e di riconquista di tanti sviati e delusi, anzitutto attraverso una seria e adeguata conoscenza della setta e della sua dottrina.
Per fare fronte al dilagare della setta
Un convegno di studio sul geovismo
Nei giorni 26 e 27 febbraio 1983 si è svolto a Massa, presso l’Istituto Mons. Torta, un convegno di studi sui Testimoni di Geova, promosso da don Ernesto Zucchini, del clero di Apuania, e da don Giovanni Marinelli, del clero di Ferrara, con la partecipazione di diversi studiosi del fenomeno geovistico, di ex appartenenti alla setta, e dei rappresentanti dei gruppi che, in varie parti d’Italia, svolgono attività di ricerca e di diffusione delle armi culturali più adatte a illuminare le coscienza sulla falsità delle dottrine geovistiche, operando spesso in mezzo alla indifferenza del clero locale che, proprio dove è più intensa l’attività propagandistica dei Testimoni di Geova – come in Campania, negli Abruzzi, nelle Marche e ora anche nel Veneto -, è ampiamente insensibile al problema.
Il convegno è stato introdotto da don Giovanni Marinelli, che ne ha illustrato lo scopo: studiare il movimento dei Testimoni di Geova in sé e per sé, per capirne la natura e la organizzazione, e mettere in luce le idee che ne stanno alla base.
Don Ernesto Zucchini ha poi fatto la storia del geovismo: esso nasce a Pittsburgh, negli Stati Uniti, nel 1872, per opera di C. T. Russel, personaggio di scarsa cultura, che vuole piegare la Scrittura a una interpretazione conforme alle sue vedute personali, fra le quali le più ricorrenti sono un gretto razionalismo e la convinzione della imminenza della fine del mondo. Il movimento si sviluppa, quindi, in modo molto eterogeneo, con cambiamenti di nome – assumerà quello attuale solo nel 1932 – e di struttura, dei quali il più significativo è il passaggio da una organizzazione di tipo largamente democratico a una di tipo rigidamente «teocratico». Conosce crisi ricorrenti, ogni qual volta giungono a scadenza le successive date per le quali la organizzazione promette, via via, la fine del mondo, come è accaduto nel 1914, nel 1916, nel 1918, nel 1925 e nel 1975. È anche costretto a successivi cambiamenti di dottrina: in particolare, quando il numero degli adepti, contati a partire dalla fondazione, comincia ad avvicinarsi a quello fatidico dei 144 mila segnati – che, secondo l’arbitraria interpretazione geovistica di un noto passo dell’Apocalisse (7, 4), sarebbe il «numero chiuso» degli eletti a cui è riservato il «regno dei cieli» -, senza che giunga la più volte annunciata fine del mondo, si trova nella necessità di introdurre una sottile distinzione tra il «regno dei cieli», riservato ai soliti 144 mila, gli unti, e una specie di nuovo «paradiso terrestre» per gli altri Testimoni di Geova, le altre pecore. A tutt’oggi, ciò che più rende difficile una critica adeguata e puntuale delle dottrine geovistiche, è appunto il loro continuo mutamento, che costituisce però anche uno dei punti più deboli della setta stessa.
Il sacerdote ferrarese don Giovanni Marinelli ha quindi illustrato gli aspetti più caratteristici della visione del mondo dei Testimoni di Geova: essa si presenta, da un lato, come una nuova forma di gnosi, per la pretesa, comune alla gnosi antica e ai neo-gnosticismi, di comprendere tutto, rifiutando a priori il mistero; dall’altro, come una nuova forma di manicheismo, a causa della suddivisione della umanità in una minoranza di eletti, cioè i seguaci del geovismo, e in una maggioranza di reprobi, cioè tutti gli altri.
Un esame approfondito è stato svolto a proposito delle pubblicazioni sull’argomento «Testimoni di Geova», reperibili oggi in Italia: sono stati stampati solo pochi libri, e, a questo punto, si avverte la mancanza di uno studio veramente scientifico sul problema.
Sono stati inoltre esaminati e discussi altri aspetti della dottrina e della prassi geovistiche: anzitutto il millenarismo e la spasmodica attesa della fine del mondo, annunciata sempre come imminente e a scadenze ben precise. Sono state considerate tutte le «variazioni di data» che i capi della organizzazione hanno dovuto introdurre a ogni scadenza; in che modo le abbiano giustificate, e come tentino di prevenire nuove crisi da «mancata realizzazione di profezia» alla prossima data annunciata.
Un aspetto interessante della «prassi» dei Testimoni di Geova è il modo con cui riescono ad autofinanziare la loro attività propagandistica: avendo sancito il principio che l’adepto appartiene totalmente all’associazione, sono riusciti a fondare una organizzazione editoriale, che dispone di manodopera praticamente gratuita, con evidenti vantaggi quanto al profitto!
Sono state infine esaminate le conseguenze sul piano morale derivanti dalla mutevolezza delle dottrine geovistiche: se, come di fatto avviene, cambia continuamente la posizione nei confronti di alcuni problemi morali più comuni della vita quotidiana, la nozione stessa di morale oggettiva viene distrutta.
Il convegno si è concluso con una discussione dedicata alla stesura di un programma di attività futura. Sono state gettate le basi per un collegamento tra tutti i gruppi decisi ad affrontare seriamente il problema dei Testimoni di Geova. Si è decisa la convocazione, entro l’anno, di un nuovo convegno da tenersi a Napoli, in preparazione del quale saranno anche intensificati i contatti con esperti biblisti, allo scopo di sviluppare i mezzi linguistico-filologici atti a confutare le interpretazioni arbitrarie e le false traduzioni geovistiche della Scrittura.