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Un Dio che mangia e si mangia

19 Aprile 2021 - Autore: Michele Brambilla

Il Risorto è visibile, mangia in mezzo ai suoi discepoli e si fa toccare. La fede cattolica non è solo questione di intelletto, ma carne, sangue e dottrina sociale, come provano gli stessi martiri di Casamari e l’Università Cattolica, di cui il Pontefice ricorda i 100 anni dalla fondazione

di Michele Brambilla

Come riassume Papa Francesco introducendo il Regina Coeli del 18 aprile, «in questa terza domenica di Pasqua, ritorniamo a Gerusalemme, nel Cenacolo, come guidati dai due discepoli di Emmaus, i quali avevano ascoltato con grande emozione le parole di Gesù lungo la via e poi lo avevano riconosciuto “nello spezzare il pane” (Lc 24,35). Ora, nel Cenacolo, Cristo risorto si presenta in mezzo al gruppo dei discepoli e li saluta: “Pace a voi!” (Lc 24,36)». Subito dopo, tende loro le mani e i piedi piagati dalla crocifissione.

Cristo, quindi, si rende visibile nella concretezza del Suo corpo glorificato. Come osserva il Pontefice, «questa pagina evangelica è caratterizzata da tre verbi molto concreti, che riflettono in un certo senso la nostra vita personale e comunitaria: guardare, toccare e mangiare». Azioni che possono essere compiute solo da un vivente in carne e ossa, pertanto, «fratelli e sorelle, questa pagina evangelica ci dice che Gesù non è un “fantasma”, ma una Persona viva; che Gesù quando si avvicina a noi ci riempie di gioia, al punto di non credere, e ci lascia stupefatti, con quello stupore che soltanto la presenza di Dio dà, perché Gesù è una Persona viva». Il Banchetto eucaristico è non a caso il rito principale dei cristiani: ci permette di incontrare il Risorto in corpo, anima e divinità. «Essere cristiani», rimarca il Santo Padre, «non è prima di tutto una dottrina o un ideale morale, è la relazione viva con Lui, con il Signore Risorto: lo guardiamo, lo tocchiamo, ci nutriamo di Lui e, trasformati dal suo Amore, guardiamo, tocchiamo e nutriamo gli altri come fratelli e sorelle».

Fu proprio per difendere la concretezza di Cristo, nel SS. Sacramento dell’altare, che uno dei sei monaci martiri di Casamari, beatificati sabato 17 aprile nell’abbazia laziale, fu raggiunto dai sicari dell’esercito napoleonico (1799): non stringeva tra le mani un calice prezioso con un po’ di pane azzimo, ma il Signore realmente presente! Il Papa ricorda le vittime del massacro giacobino con queste parole: «ieri, nell’Abbazia di Casamari, sono stati proclamati Beati Simeone Cardon e cinque compagni martiri, monaci cistercensi di quell’Abbazia. Nel 1799, quando soldati francesi in ritirata da Napoli saccheggiarono chiese e monasteri, questi miti discepoli di Cristo resistettero con coraggio eroico, fino alla morte, per difendere l’Eucaristia dalla profanazione. Il loro esempio ci spinga a un maggiore impegno di fedeltà a Dio, capace anche di trasformare la società e di renderla più giusta e fraterna», cogliendo così anche il risvolto sociale della lotta contro la Rivoluzione.

Siamo quindi un popolo fatto di persone reali, che si nutrono del vero Corpo di Cristo e non temono di dire qualcosa anche sui “corpi sociali”. Francesco sottolinea ancora una volta la bellezza di rivedere i pellegrini in piazza S. Pietro con il nuovo decrescere del contagio: «grazie a Dio possiamo ritrovarci di nuovo in questa piazza per l’appuntamento domenicale e festivo. Vi dico una cosa: mi manca la piazza quando devo fare l’Angelus in Biblioteca». La Fede non è qualcosa di meramente intellettuale, bisogna incarnarla: il Papa ricorda che «oggi si celebra in Italia la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che da cento anni svolge un prezioso servizio per la formazione delle nuove generazioni. Possa continuare a svolgere la sua missione educativa per aiutare i giovani ad essere protagonisti di un futuro ricco di speranza», da progettare, appunto, nella sua concretezza.

Lunedì, 19 aprile 2021

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