Come Leonardo da Vinci riuscì a rappresentare perfettamente i sentimenti che coinvolgevano sant’Anna, la Madonna e Gesù Bambino. Nonna, Madre e Figlio, tutti consapevoli del “prezzo” da pagare per la Salvezza dell’umanità
di Francesca Morselli
Le immagini comunicano con un linguaggio proprio, capace di arrivare direttamente al cuore. Una celebre opera di Leonardo da Vinci (1452-1519), Sant’Anna con la Vergine e il Bambino (1503, Louvre, Parigi), rappresenta un dialogo che coinvolge tre persone: sant’Anna, Maria e Gesù Bambino, legati da un vincolo di sangue (nonna, Madre, Figlio), ma anche da un affetto profondo.
Leonardo avrebbe inizialmente disegnato questo soggetto nei primi anni del Cinquecento, per poi dipingerlo e modificarlo in un secondo momento, tra il 1510-1513, come era solito fare. L’artista toscano, infatti, iniziava e riprendeva continuamente le sue opere, senza mai finirle completamente. Il quadro ha una struttura piramidale, tipica del periodo rinascimentale, ed è diviso orizzontalmente in due parti: la zona superiore presenta colori freddi e sfumati in un cielo con delle montagne sullo sfondo, mentre la parte inferiore mostra un terreno roccioso di colore scuro, su cui sono collocate le quattro figure ritratte (oltre alle due donne e al Bambino c’è anche un agnellino); infine, in un angolo a destra, un alberello chiude la scena.
Ma ecco le figure: in alto, centrale, spicca il capo di sant’Anna, colei che ha generato la Vergine Maria, la Madre di Dio. Maria siede sulle gambe della madre, in una posa quasi fanciullesca, nonostante sia adulta e abbia le stesse dimensioni di Anna: è un modo per esprimere la continuità familiare ed educativa sotto il segno della santità. Sant’Anna continua a proteggere la figlia e veglia su di lei. Maria cinge per la vita il piccolo Gesù, intento a stringere un agnello tra le gambe. Questo gesto, che a prima vista potrebbe sembrare un gesto tipicamente bambinesco, ci rimanda invece al sacrificio che Gesù, vero Agnus Dei, dovrà affrontare: è Lui l’Agnello che sarà avvinto e immolato per la nostra redenzione. Il gesto della Madre, che sembra voler distogliere Cristo dal suo “gioco”, ci fa pensare ad una Madonna presaga della tragica fine che attende il Figlio. Sant’Anna stessa, immobile e scultorea, assume una posa protettiva nei confronti della figlia, che desidera sostenere anche nei momenti più difficili che la storia le riserverà.
La chiave di lettura del dipinto, il legame d’amore che intercorre tra i personaggi, passa attraverso i loro sguardi: sant’Anna tiene il volto abbassato verso la figlia e la segue con un sorriso di grande dolcezza e compiacimento; Maria, a sua volta, segue il Bambino con un’espressione amorevole e leggermente malinconica, mentre il Bimbo ricambia le due donne con un sorriso compiaciuto. Persino l’agnello fissa Gesù con uno sguardo amoroso, ma fermo, come a ricordarGli il Suo destino.
La grandezza di Leonardo è proprio quella di riuscire a far emergere da un dipinto una forte emozione, un sentimento che ci riporta al ruolo di Maria e sant’Anna nella vita di Gesù, al loro legame speciale, che rimarrà intatto per l’eternità. Sant’Anna rimane salda nella storia come testimone del primo grande atto di amore. Per questo noi cattolici la preghiamo così: «Prostrato ai piedi del tuo trono, o grande e gloriosa sant’Anna, vengo ad umiliarti la mia fervida prece, la preghiera del cuore; accoglila benigna, rendimi grazie, prega per me».
Sabato, 30 gennaio 2021