La chiesa di S. Giovanni Battista in Trenno, oggi inglobata nel comune di Milano, ma in origine persino capo-pieve
di Michele Brambilla
La periferia milanese riserva molte sorprese, e una di esse è particolarmente adatta ai giorni che stiamo vivendo, tra l’Epifania e il Battesimo di Cristo.
Come è noto, a battezzare Gesù fu suo cugino, san Giovanni Battista: a lui è dedicata la bella chiesa parrocchiale di Trenno, un paese della cintura milanese che è stato inglobato nel 1923 dalla metropoli, ma ha goduto un tempo di grande prosperità. Un documento del 1017 pone Trenno a capo di una delle pievi dell’arcidiocesi di Milano. La chiesa parrocchiale all’epoca era però dedicata a S. Maria della Neve. La pieve di Trenno è stata soppressa solo nel 1930 dal beato card. Schuster (arcivescovo 1929-1954).
San Carlo Borromeo (1565-1584), visitando la pieve di Trenno, ordinò di ricostruire la chiesa. I lavori cominciarono, però, solo nel 1635. Furono finanziati dalla confraternita del S. Rosario e dal lascito di un parroco di nobile origine. Per la nuova chiesa si scelsero un nuovo patrono, san Giovanni, e un sito differente rispetto alla collocazione dell’edificio medioevale. Il fatto, però, che accanto alla chiesa nuova svetti un campanile gotico in mattoni, di incerta datazione, fa supporre che in antico esistesse già, nel territorio di Trenno, una cappella dedicata a S. Giovanni Battista. I lavori di ricostruzione si protrassero oltre il 1657, dato che la facciata presenta un portico settecentesco, trasformato in uno spazio chiuso negli anni ’30 del Novecento.
L’interno, molto sobrio, custodisce importanti cappelle. Quella che ha maggiore pregio artistico è la cappella dei SS. Re Magi, in cui si trova, come pala d’altare, l’Adorazione dei Magi del pittore tedesco Johann Christofer Storer (1611-1671), allievo di Ercole Procaccini (1605-1680). Nell’opera spiccano soprattutto i mantelli dei due Magi in rilievo, ma anche il gran numero di armigeri al seguito dei saggi orientali, che allude alla Strage degli Innocenti, decretata da re Erode quando si accorse che i tre re non erano ritornati da lui. La trave portante della capanna è cruciforme, chiaro rimando al destino del Bambino che viene così regalmente omaggiato.
La chiesa conserva anche un notevole S. Girolamo di Gian Paolo Cavagna (1550-1627), che raffigura il santo Dottore nella grotta di Betlemme, mentre contempla un Crocifisso e medita la Scrittura, posta su una mensa con inginocchiatoio che assomiglia a un altare. San Girolamo è cinto di un drappo rosso, dato che per la tradizione fu creato cardinale, ma il galero è appeso ad un ramo, segno di distacco dagli onori terreni, enfatizzato anche dalla presenza di un teschio e di una clessidra.
Dopo la chiusura del portico esterno, il vecchio battistero è stato trasformato in cappella del Sacro Cuore di Gesù. La decorazione della cappella è essenziale, ma la statua è posta su un parallelepipedo in porfido, il marmo “rosso” degli imperatori romani, e le vetrate presentano una simbologia trionfale e regale (lo stendardo del Risorto, la fiamma ardente dell’amore di Dio, uno scettro drappeggiato). Il culto del Sacro Cuore a Milano si è fatto strada lentamente, ma con sicurezza, fin dal tardo Settecento, raggiungendo l’apice sotto i pontificati di san Pio X (1903-1914) e di Pio XI (1922-1939), quando se ne comprese pienamente anche il risvolto sociale. Basti pensare al fatto che l’Università Cattolica, inaugurata nel 1921, è intitolata proprio al Sacro Cuore.
Sabato, 11 gennaio 2025