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Una chiesa per due capolavori

9 Maggio 2020 - Autore: Michele Brambilla

di Michele Brambilla


Le dolci colline che si alternano nell’entroterra della città marchigiana di Senigallia (AN), d’estate illuminate dall’oro del grano e dei campi di girasole, nascondono un gioiello architettonico del primo Rinascimento, il convento francescano di S. Maria delle Grazie, oggi chiesa parrocchiale. Voluta nel 1490 dal duca Giovanni Della Rovere (1457-1501), Santa Maria delle Grazie godette a lungo dei frutti del suo mecenatismo.

Fu proprio per il convento senigalliese, progettato dall’architetto Baccio Pontelli (1449-1494), che furono infatti commissionati due autentici capolavori: la cosiddetta Madonna di Senigallia (1470) di Piero della Francesca (1420-1492), oggi conservata nel Palazzo Ducale di Urbino, e la pala intitolata Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista, Ludovico, Francesco, Pietro, Paolo e Giacomo Maggiore (1490-1500) di Pietro Vannucci detto “il Perugino” (1445-1523), che illuminava il presbiterio della chiesa conventuale fino al sisma del 2016, quando per precauzione è stata trasferita nella Pinacoteca Diocesana di Senigallia. Entrambe le opere permettono di entrare nella poetica dei loro autori.

Piero della Francesca era solito inserire le figure bibliche all’interno di contesti architettonici marcatamente classici e alludere agli ambienti di corte suoi contemporanei: la Madonna di Senigallia non fa eccezione. La Vergine è ritratta come una dama quattrocentesca, priva di aureola, all’interno di una stanza semplice ed allo stesso tempo ricercata nella decorazione, come appare evidente nell’architrave della porta sulla sinistra e nell’armadio a muro iscritto in un arco a tutto sesto sulla destra. Il Bambino è rivestito di una solenne toga romana (la toga candida, attributo del candidatus alle cariche pubbliche, con la quale si allude alla regalità di Cristo) e indossa un ciondolo di corallo, simbolo di risurrezione e immortalità. La Madonna è scortata da due angeli, dotati delle tradizionali ali: l’angelo sulla destra, dai caratteri più femminili, contempla la Madre e il Bambino, il secondo, dai tratti più virili, volge lo sguardo sui fedeli per invitarli a prendere parte all’adorazione e sembra rassicurarli: «non temete, la Vergine e il divin Figliolo sono in buone mani!». Il prevalere del grigio nelle sue varie sfumature e le linee essenziali del disegno contribuiscono ad imprimere al quadro un carattere “militaresco”, che ben si addice ad un soldato quale era il committente.

Perugino per la sua pala sceglie linee morbide e colori squillanti; ad un ambiente chiuso preferisce un porticato aperto ai lati. Al centro è ugualmente intronizzata la Madonna con il Bambino Gesù. Colpisce immediatamente la straordinaria bellezza della Vergine, vestita con i colori tradizionali, il rosso e l’azzurro, che sono anche i colori araldici di Senigallia. Cristo è raffigurato in maniera molto naturalistica mentre si aggrappa, come fanno spesso i neonati, al vestito della Madre.

In primo piano, accanto a Maria, si notano san Giovanni Battista e l’apostolo san Giacomo il Maggiore, il quale regge un libro che allude alla sua Lettera, conservata nella Bibbia cattolica. Alle spalle di san Giovanni si riconoscono san Francesco d’Assisi (1182-1227), che sfoglia un grande volume (era un uomo colto, come si evince dalla perfezione metrica del Cantico delle Creature), e san Ludovico di Tolosa (1274-97), uno dei primi frati francescani ad essere elevato all’episcopato. Dietro san Giacomo si scorgono, invece, san Pietro e san Paolo. Gesù si china verso san Pietro, il quale, stringendo tra le mani le chiavi del Regno, sembra ripetere il suo «Signore, tu conosci tutto; lo sai che ti voglio bene», a cui Cristo risponde «Pasci le mie pecore» (Gv 21,17-18).

Sabato, 9 maggio 2020

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