
Il patto anti-Orban tra gli eredi delle Croci Frecciate e un ex-segretario della Gioventù Comunista Ungherese
di Andrea Morigi
Poiché, a partire dalla caduta del quarantennale regime comunista, nel 1989, le istituzioni dell’Ungheria hanno intrapreso un percorso democratico e, nonostante l’opinione contraria diffusa da una parte della stampa e del Parlamento europeo, continuano a seguirne le regole, esiste naturalmente un’alternativa al governo di Viktor Orbàn, leader del partito di centrodestra Fidesz.
Le prove generali per la costituzione di un fronte unico si erano svolte durante la campagna elettorale per le elezioni comunali della capitale Budapest, tenutesi il 13 ottobre 2019, alle quali, grazie a un patto di desistenza con la formazione di estrema destra “Movimento per un’Ungheria migliore” – Jobbik, aveva prevalso il candidato della sinistra post-comunista – definita nella vulgata mediatica «europeista e ambientalista» – il candidato dei Verdi Gergely Karácsony, battendo con meno di 6 punti percentuali di distacco il sindaco uscente, Istvan Tarlos, di Fidesz. Le opposizioni, presentandosi unite, avevano ottenuto in quella tornata elettorale altri successi in una ventina di capoluoghi magiari.
L’esperimento di creazione di un Frankenstein politico è riuscita e ora, a quasi due anni di distanza, come ricorda il think-tank conservatore ungherese The Center for Fundamental Rights, il presidente di Jobbik Péter Jakab ha stretto un patto elettorale con la sinistra postmoderna, guidata dall’ex primo ministro Ferenc Gyurcsány, già primo segretario della Gioventù Comunista Ungherese, il quale un tempo definiva i propri attuali alleati «rifiuti umani che diventano animali» (Hierencoredesnazis – et aujourd’hui… | MagyarNemzet; Yesterday theywerenazis… | MagyarNemzet), salvo accoglierli ora nella coalizione arcobaleno.
Celato da un’immagine di novità politica, il volto del coacervo di forze che sta dando vita a quell’ibrido nelle urne, in realtà, affonda le sue radici nel doppio passato totalitario dell’Ungheria del secolo XX. Ne è un efficace monito una lapide posta all’ingresso della “Casa del Terrore” (www.terrorhaza.hu), il museo che a Budapest conserva la memoria della tragedia che schiacciò le libertà del popolo ungherese dapprima, fra il 1944 e il 1945, attraverso lo Stato-fantoccio del Terzo Reich, governato dal partito delle Croci Frecciate di Ferenc Szálasi (1897-1946) e successivamente, fra il 1945 e il 1989, con le varie repubbliche filosovietiche che diedero vita al cosiddetto “comunismo goulash”. Nel percorso espositivo, due divise militari appartenenti alle polizie dei due regimi ne testimoniano la contiguità e la continuità storica, realizzatasi anche attraverso l’adesione dei membri delle Croci Frecciate ai ranghi del Partito Comunista.
Ora che i fan dei due totalitarismi tornano di nuovo a procedere a braccetto, occorre precisare che non si tratta di un’operazione nostalgia del patto Molotov-Ribbentrop, ma di una progettualità ormai in fase avanzata.
La prospettiva era stata tracciata da Cas Mudde, politologo olandese, esperto di populismo, il quale l’8 giugno 2017, in occasione di una conferenza alla Central European University finanziata da George Soros a Budapest (CasMudde – Fighting Back: Liberal DemocraticResponses to the Populist Challenge, June 8, 2017 – YouTube) e, in seguito, il 28 marzo 2018 in un articolo sul quotidiano progressista britannico The Guardian, indicava la via della collaborazione tattica fra “centristi” ed estrema destra come l’unica strada possibile per sconfiggere Fidesz ai ballottaggi e salvare la democrazia liberale in Ungheria (To saveHungary’s liberal democracy, centrists must work with the far right | Hungary | The Guardian).
Una lezione che gli eredi del totalitarismo non hanno ancora appreso e che, di conseguenza, non possono impartire a nessuno.
Giovedì, 4 marzo 2021