di Michele Brambilla
Papa Francesco sospende l’udienza del mercoledì per tutto il mese di luglio. Può essere utile, allora, recuperare quanto affermato dal Pontefice in occasione della solennità dei SS. Pietro e Paolo (lunedì 29 giugno).
Celebrando la Messa nella basilica di S. Pietro, il Papa sottolinea che si tratta soprattutto della festa patronale della città di Roma e propone come chiave di lettura della liturgia del giorno due “parole-chiave”: «unità e profezia». Inizia immediatamente ad analizzare l’unità: «celebriamo insieme due figure molto diverse: Pietro era un pescatore che passava le giornate tra i remi e le reti, Paolo un colto fariseo che insegnava nelle sinagoghe. Quando andarono in missione, Pietro si rivolse ai giudei, Paolo ai pagani. E quando le loro strade si incrociarono, discussero in modo animato, come Paolo non si vergogna di raccontare in una lettera (cfr Gal 2,11 ss.)», episodio che è stato spesso rievocato in questi anni di polemiche intra-ecclesiali. «Erano insomma due persone tra le più differenti», conferma il Pontefice, «ma si sentivano fratelli, come in una famiglia unita, dove spesso si discute ma sempre ci si ama. Però», puntualizza, «la familiarità che li legava non veniva da inclinazioni naturali, ma dal Signore. Egli non ci ha comandato di piacerci, ma di amarci. È Lui che ci unisce, senza uniformarci. Ci unisce nelle differenze». Come vuole la tradizione, «oggi si benedicono i palli, che vengono conferiti al Decano del Collegio cardinalizio e agli Arcivescovi Metropoliti nominati nell’ultimo anno. Il pallio ricorda l’unità tra le pecore e il Pastore che, come Gesù, si carica la pecorella sulle spalle per non separarsene mai».
Venendo alla profezia, «i nostri Apostoli sono stati provocati da Gesù. Pietro si è sentito chiedere: “Tu, chi dici che io sia?” (cfr Mt 16,15). In quel momento ha capito che al Signore non interessano le opinioni generali, ma la scelta personale di seguirlo». Saulo-Paolo fu interpellato sulla via di Damasco e scelse anche lui di seguire il Signore. In entrambi i casi «[…] la profezia nasce quando ci si lascia provocare da Dio: non quando si gestisce la propria tranquillità e si tiene tutto sotto controllo. Non nasce dai miei pensieri, non nasce dal mio cuore chiuso», ma dall’apertura di cuore e mente al messaggio evangelico: «quando il Vangelo ribalta le certezze» mondane «scaturisce la profezia» autentica.
Il Papa ribadisce all’Angelus di quello stesso 29 giugno che i cattolici devono essere uniti e profetici, sapendo andare oltre le proprie preoccupazioni personali, «perché c’è un percorso nella vita di Pietro, che può illuminare il percorso della nostra vita. Il Signore gli concesse tante grazie e lo liberò dal male: fa così anche con noi. Anzi, noi spesso andiamo da Lui solo nei momenti del bisogno, a chiedere aiuto. Ma Dio vede più lontano e ci invita ad andare oltre, a cercare non solo i suoi doni, ma a cercare Lui, che è il Signore di tutti i doni». Il Santo Padre dà un piccolo suggerimento per la nostra vita spirituale: «oggi, davanti agli Apostoli, possiamo chiederci: “E io, come imposto la vita? Penso solo ai bisogni del momento o credo che il mio vero bisogno è Gesù, che fa di me un dono? E come costruisco la vita, sulle mie capacità o sul Dio vivente?”. La Madonna, che si è affidata tutta a Dio, ci aiuti a metterlo alla base di ogni giornata».
Giovedì, 02 luglio 2020