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“Uno degli ultimi atti di Pompeo è riconoscere Taiwan (quasi)”

12 Gennaio 2021 - Autore: Alleanza Cattolica

Di Stefano Pelaggi da Il Foglio del 12/01/2021

Sabato scorso, a sorpresa, il segreta­rio di stato americano Mike Pompeo ha annun­ciato l’eliminazione “delle restrizioni autoim­poste” nella relazione tra gli Stati Uniti e la Repubblica di Cina, il nome formale dell’isola di Taiwan. La notizia è stata accolta con pru­denza dagli osservatori, perché ogni volta che si parla di Taiwan, delle relazioni sino-taiwanesi o dei rapporti tra Washington e Taipei gli analisti ricordano la necessità di agire con cautela, attraverso negoziati diplomatici e cer­cando la concertazione tra le parti in causa. Le relazioni tra Cina. Taiwan e America si basano su una complessa serie di compromessi, dove l’equilibrio è legato a interpretazioni spesso discordanti di singole parole o espressioni. Nella vasta bibliografia sulle relazioni tra gli Stati Uniti e Taiwan l’aggettivo “kafkiano” compare in maniera frequente, solo i paper ac­cademici riescono a evitare il riferimento allo scrittore ceco attraverso le citazioni di dichia­razioni e atti legislativi. Ogni cambiamento nei rapporti rappresenta un possibile pericolo nell’equilibrio delle relazioni nello Stretto di Taiwan, definito da Robert Kaplan come “il campo di battaglia definitivo del 21° secolo”.

L’Amministrazione Trump. in uno dei suoi ultimi atti, ha dichiarato di voler rimuovere le restrizioni che hanno definito le modalità delle relazioni diplomatiche tra Taiwan e gli Stati Uniti. Si tratta di un lungo elenco di regole tra cui il divieto di riferirsi a Taiwan come a “un paese”, ogni menzione di un “governo” a Taipei e un controllo delle modalità di incontro tra i funzionari. Alcune città erano formalmente vietate per i diplomatici e i rappresentanti del­le istituzioni taiwanesi. ad esempio Washin­gton. mentre i ranghi dei funzionari statuniten­si in visita a Taiwan erano oggetto di un’accura­ta valutazione. Pompeo ha dichiarato che que­ste restrizioni, prese nel tentativo di una pacifi­cazione con il Partito comunista cinese, non hanno più ragione di esistere. Il comunicato di Pompeo modifica in maniera radicale la prassi delle relazioni tra Taipei e Washington, e ades­so l’Amministrazione Biden si trova nella deli­cata situazione di dover riscrivere le “regole d’ingaggio” con l’alleato taiwanese. Una situa­zione che potrebbe rafforzare le relazioni tra Stati Uniti e Taiwan ma rischia di incrinare i delicati rapporti dello Stretto e generare un an­tagonismo cinese nei confronti di Taipei. Le relazioni diplomatiche tra Washington c Taipei sono state interrotte nel 1979. con l’i­naugurazione di quelle tra Pechino e Wa­shington. Un percorso che era stato avviato nel 1971 con il viaggio segreto a Pechino di Henry Kissinger. all’epoca consigliere per la Sicurezza nazionale, e dalla visita ufficiale del presidente statunitense Richard Nixon nella Repubblica popolare cinese. Da quel momento i rapporti tra l’America e Taiwan vengono definiti da elementi fattuali: dichia­razioni politiche, atti congressuali, leggi e statement congiunti. La strettura centrale delle relazioni tra Taipei e Washington (come quella tra Taipei e i principali attori interna­zionali. compresa l’Unione europea) è la “One China Policy”. La politica dell’Unica Ci­na era un prerequisito fondamentale posto da Pechino per aprire le relazioni con gli Sta­ti Uniti. Washington riconosce sia resistenza di una sola Cina sia la Repubblica Popolare cinese come l’unico governo legale della Cina e prende atto della sovranità cinese su Tai­wan. Ne prende atto, ma non concorda con questa posizione, come dimostrano tre comu­nicati congiunti tra Washington e Pechino del 1972.1979 e 1982. Nell’interpretazione di Pechino, con l’ac­cettazione della “One China Policy” Washin­gton implicitamente riconosce alla Repubbli­ca popolare la sovranità su Taiwan, anche se non esiste una menzione esplicita. E’ un espe­diente semantico usato per superare un osta­colo e mantenere le relazioni diplomatiche. Ma ogni paese e ogni organizzazione interna­zionale ha la propria interpretazione della po­litica dell’Unica Cina. I rapporti tra Taiwan e gli Stati Uniti sono regolati da leggi e decreti: pochi mesi dopo la rottura delle relazioni bila­terali. Washington si impegnò con il Taiwan Relations Act del 1979 a difendere la sovranità dell’isola fornendo “materiale per la difesa e servizi in quantità necessaria affinché Taiwan protegga se stessa ”. E’ quello l’atto del Con­gresso che autorizza de facto le relazioni diplo­matiche tra Taiwan e Stati Uniti e istituisce l’American Institute in Taiwan come rappre­sentanza di Washington a Taipei.

La legge prevede che Taiwan sia conside­rata. ai sensi delle leggi statunitensi, allo stesso modo di “paesi, nazioni, stati, governi o entità simili straniere”, ossia equipara Tai­wan a uno stato quasi-sovrano. Ma il Trattato di mutua difesa tra gli Stati Uniti e Taiwan, abolito nel 1980. non enuncia un automatismo per un eventuale intervento militare a difesa di Taiwan. Vuol dire che una eventuale di­chiarazione di indipendenza taiwanese non rientra nella cornice del sostegno militare americano. E’ una dinamica volta a mantene­re il controllo sull’alleato taiwanese ma so­prattutto la stabilità nella regione.

Da un lato, la fornitura statunitense di ma­teriale bellico a Taiwan è cresciuta in manie­ra costante dagli anni Ottanta a oggi. Se nel 1980 gli armamenti donati o venduti a Taipei ammontavano a 500 milioni di dollari, nel 2019 Washington ha approvato la vendita di armamenti all’isola pari a 2.2 miliardi di dol­lari. Ogni fornitura è soggetta all’approvazio­ne del Congresso ed è quindi espressione di­retta della volontà del governo americano. Dall’altro lato, però, il Taiwan Relations Act dice che gli Stati Uniti prenderanno “qual­siasi tentativo di determinare il futuro di Tai­wan con mezzi diversi da quelli pacifici, in­clusi boicottaggi o embarghi, come una grave minaccia”. Ma il punto è far rimanere stabile la situazione, mantenere lo status quo. Non ci sono solo le periodiche minacce di Pechino, ma anche le spinte taiwanesi animate da vel­leità indipendentistiche. esplicitamente proibite.

Foto da theguardian.com

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