Il Battesimo, dice il Papa, ci dona un’identità ben precisa, che i genitori hanno il dovere di custodire e alimentare
di Michele Brambilla
«C’è un inno liturgico molto bello, nella festa di oggi, che dice che il popolo di Israele andava al Giordano “con i piedi scalzi e l’anima scalza”, cioè un’anima che voleva essere bagnata da Dio», dice Papa Francesco domenica 9 gennaio ai genitori e ai padrini dei 16 neonati che vengono battezzati dal Pontefice nella Cappella Sistina. «Questi bambini oggi vengono qui anch’essi con “l’anima scalza” a ricevere la giustificazione di Dio, la forza di Gesù, la forza di andare avanti nella vita. Vengono a ricevere l’identità cristiana. È questo, semplicemente. I vostri figli riceveranno oggi l’identità cristiana», ribadisce nell’omelia, «e voi, genitori e padrini, dovete custodire questa identità. Questo è il vostro compito durante la vostra vita: custodire l’identità cristiana dei vostri figli. È un impegno di tutti i giorni: farli crescere con la luce che oggi riceveranno».
Il Santo Padre ripete, introducendo l’Angelus, che «l’inno liturgico di oggi dice che il popolo andava a farsi battezzare con l’anima e i piedi nudi, umilmente. Bell’atteggiamento, con l’anima nuda e i piedi nudi. E Gesù condivide la sorte di noi peccatori, scende verso di noi: discende nel fiume come nella storia ferita dell’umanità, si immerge nelle nostre acque per risanarle, si immerge con noi, in mezzo a noi», dandoci una nuova identità, quella dei redenti.
Come si vive da redenti? Il Papa sottolinea che la discesa dello Spirito Santo avviene mentre Cristo si raccoglie in preghiera: «Ma come? Lui, che è il Signore, il Figlio di Dio, prega come noi? Sì, Gesù – lo ripetono tante volte i Vangeli – passa molto tempo in preghiera: all’inizio di ogni giorno, spesso di notte, prima di prendere decisioni importanti… La sua preghiera è un dialogo, una relazione con il Padre», bilanciando con l’asse verticale dell’orazione l’asse orizzontale della condivisione fraterna.
Questo «è un grande insegnamento per noi: tutti siamo immersi nei problemi della vita e in tante situazioni intricate, chiamati ad affrontare momenti e scelte difficili che ci tirano in basso. Ma, se non vogliamo restare schiacciati, abbiamo bisogno di elevare tutto verso l’alto. E questo lo fa proprio la preghiera, che non è una via di fuga, la preghiera non è un rito magico o una ripetizione di cantilene imparate a memoria. No. Pregare è il modo per lasciare agire Dio in noi, per cogliere quello che Lui vuole comunicarci anche nelle situazioni più difficili, pregare per avere la forza di andare avanti». Allora «la preghiera – per usare una bella immagine del Vangelo di oggi – “apre il cielo” (cfr Lc 3,21). La preghiera apre il cielo: dà ossigeno alla vita, dà respiro anche in mezzo agli affanni e fa vedere le cose in modo più ampio. Soprattutto, ci permette di fare la stessa esperienza di Gesù al Giordano: ci fa sentire figli amati dal Padre. Anche a noi, quando preghiamo, il Padre dice, come a Gesù nel Vangelo: “Tu sei mio figlio, l’amato” (cfr Lc 3,22)». Il Papa ricorda: «Questo nostro essere figli è cominciato il giorno del Battesimo, che ci ha immersi in Cristo e, membri del popolo di Dio, ci ha fatto diventare figli amati del Padre. Non dimentichiamo la data del nostro Battesimo».
Lunedi, 10 gennaio 2022