Da La bianca Torre di Ecthelion del 22/05/2018. Foto da articolo
Venerdì 18 maggio il presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump è passato dalle parole ai fatti. Il leader del Paese più potente del mondo aveva promesso di privare dei finanziamenti federali la Planned Parenthood (PP), il maggiore abortificio del globo con la testa negli USA e i tentacoli un po’ ovunque. Adesso ha deciso di farlo con un gesto forte sul piano sia pratico sia simbolico.
Sul piano pratico il suo è un gesto forte perché toglie fisicamente denaro all’aborto; sul piano simbolico lo è perché così Trump dice al mondo che il governo degli Stati Unit non ha e non vuole avere nulla a che fare con l’omicidio legalizzato di cittadini innocenti. Nel linguaggio comune, “simbolico” vuol dire di facciata, virtuale, propagandistico, ma è un abuso. Il simbolo è un segno concreto – un gesto, in questo caso – che rimanda a una realtà più grande che l’uomo non possiede totalmente e che totalmente non può possedere senza ridurla. Il valore simbolico del gesto di Trump è dire a tutti che la politica amministra qualcosa di più grande, la vita, che gli uomini non possiedono, nemmeno ognuno la propria, e che dunque risponde a criteri altri e alti di cui è solo custode e pastore.
Concretamente, la Casa Bianca impedirà agli abortifici di attingere al “Title X Family Planning Program”, cioè la Public Law 91-572 varata nel 1970 durante la presidenza di Richard M. Nixon (1913-1994), l’unico stanziamento federale per il sostegno economico di persone e famiglie a basso reddito nell’ambito della pianificazione famigliare. Gestito dall’Ufficio per la pianificazione famigliare dell’Ufficio per la demografia del sottosegretariato alla Salute, attualmente assiste 4 milioni di cittadini e 4mila centri.
Il “Title X” non finanzia l’aborto e negli anni 1980 il presidente Ronald Reagan (1911-2004) ne ha ulteriormente rafforzato le prescrizioni, sorretto dalla sentenza che la Corte Suprema federale ha emesso nel 1991 concludendo il caso Rust v. Sullivan. Ma con il tempo le linee guida si sono confuse, sovrapposte, mescolate e la PP ci ha lucrato. Adesso basta.
La decisione della Casa Bianca nasce da Kellyanne Conway, Consigliere del presidente, cattolica, conservatrice, che ha proposto di separare fisicamente le strutture coperte dal “Title X” da quelle abortive. Il che dimostra che la forza di un leader non è sapere tutto e non sbagliare mai, bensì scegliere il personale giusto e poi ascoltarlo.
Stante che i servizi alla famiglia coperti dal “Title X” possono essere ubicati nelle medesime strutture che praticano l’aborto finanziato privatamente, da cui il deragliamento fattuale della norma del 1970 rafforzata negli anni 1980, la Casa Bianca procede ora a un cambio di passo. Lo U.S. Government Accountability Office documenta del resto che nel 2015 il “Title X” ha generato alla PP 57,3 milioni di dollari per un totale di 171 milioni tra 2013 e 2015. Alla PP mancheranno dunque tra i 50 e i 60 milioni di dollari l’anno.
La Conway ha convinto Trump mostrandogli una indagine condotta dal Charlotte Lozier Instituteda cui si evince la falsità della pretesa della PP di essere parte ineliminabile e sostanziale dell’assistenza medica ai cittadini. Qualche volta Trump ci era infatti cascato, distinguendo l’aborto praticato dalla PP da presunti altri servizi sanitari per le donne. Menomale che c’è la Conway. Addirittura The New York Times afferma che il core business della PP è nient’altro l’aborto e non a caso Cecil Richards, la CEO della PP appena andata in pensione, definisce Trump il presidente più antiabortista di sempre.
A monte del consiglio sussurrato dalla Conway all’orecchio di Trump vi è l’iniziativa di più di 200 legislatori Repubblicani fra Camera federale e Senato federale, oltre a più di 80 leader dell’associazionismo pro-life, che nelle scorse settimane hanno chiesto una riforma immediata delle procedure attuative del “Title X”.
Certo, il 70-75% del denaro federale percepito dalla PP arriva sotto la forma dei rimborsi previsti dal programma federale Medicaid, istituito nel 1965 per l’assistenza sanitaria a persone e famiglie a basso reddito, ma il colpo inferto oggi dalla Casa Bianca è grande. La dirigenza di National Review, il maggiore periodico conservatore americano, dice opportunamente che è solo il primo passo di una lunga battaglia da cui i legislatori Repubblicani non debbono sottrarsi, ma plaude con convinzione.
Da fare c’è davvero ancora moltissimo. In nome dell’aborto libero, la PP ignora le vittime degli abusi sessuali. Pratica 320mila aborti l’anno, cioè 876 al giorno, più di 36 ogni ora, più di uno ogni due minuti. Per iniziativa sua e dall’American Civili Liberties Union (ACLU) – che dovrebbe essere un sindacato e che invece è da sempre la punta di diamante della Sinistra più ideologizzata -, 19 Stati hanno fatto causa al ministero della Salute per avere voluto, in febbraio, privilegiare l’educazione all’astinenza sessuale rispetto alla distribuzione di contraccettivinell’atto di distribuire finanziamenti alla pianificazione famigliare del valore di 260 milioni di dollari. Ha pure denunciato, sempre assieme all’ACLU, lo Stato dell’Iowa per avere varato la maggiore restrizione all’aborto di tutti gli Stati Uniti. E sta dando manforte al miliardario George Soros nel sostenere i Democratici filoabortisti per le elezioni “di medio termine” del 6 novembre annunciando una spesa di 20 milioni di dollari, cioè il budget più alto mai racimolato per consultazioni di questo tipo (nel 2016, in concomitanza delle presidenziali che hanno eletto Trump, spese 30 milioni per influenzare le elezioni al Congresso).
Oggi Trump parla all’11° gala nazionale della Susan B. Anthony List, l’organizzazione nata per eleggere quanto più personale antiabortista possibile nelle istituzioni americane, il cui presidente, Marjorie Jones Dannenfelser, cattolica (per conversione), è nel comitato d’indirizzo delle politiche della Casa Bianca. Sì, la partita per le elezioni di autunno è appena cominciata, ma siamo in vantaggio di un goal.
Marco Respinti