Massimo Introvigne, Cristianità n. 357 (2010)
Traduzione italiana, riveduta e annotata, dell’intervento tenuto in inglese, in qualità di rappresentante ad hoc della Santa Sede, all’udienza su L’abuso dei bambini nelle istituzioni: assicurare la piena protezione delle vittime, organizzata il 22-6-2010 dalla Commissione Affari Sociali, Salute e Famiglia dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nell’Aula 1 del Palais de l’Europe di Strasburgo, in Francia. Questo testo non tiene conto delle modifiche al diritto canonico vigente — che hanno reso la procedura penale nei confronti dei sacerdoti e dei religiosi accusati di abusi su minori più rapida e severa, in parte peraltro confermando e codificando una prassi già seguita da anni — introdotte dalla Congregazione per la Dottrina della Fede con la Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi interessati circa le modifiche introdotte nella Lettera apostolica Motu Proprio data Sacramentorum sanctitatis tutela, datata 21 maggio 2010 ma pubblicata il 15 luglio 2010.
«Abuso di minori nelle istituzioni: garantire la piena protezione delle vittime»
1. Sono un sociologo delle religioni e fra i temi di cui mi sono occupato vi è l’abuso dei minori in istituzioni religiose. Ho scritto diversi testi su questo argomento (1). Questo breve intervento si concentra sul problema dell’abuso di minori in istituzioni della Chiesa Cattolica. Il problema è stato trattato in profondità da Papa Benedetto XVI nella recente Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda (2), del 19 marzo 2010. Il punto di partenza di questa lettera è che ci sono sacerdoti che hanno abusato di minori. Alcuni casi sono sconcertanti, e perfino disgustosi. Questi casi — negli Stati Uniti d’America, in Irlanda, in Germania, in Austria e altrove — spiegano le parole molto severe del Papa, la sua richiesta di perdono alle vittime e la sua affermazione che la Chiesa “[…] deve in primo luogo riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi” (n. 2). Anche se ci fosse un solo caso — e purtroppo i casi sono più di uno — sarebbe sempre un caso di troppo. Nulla in questo mio intervento intende negare l’orrore di quanto è avvenuto in alcune istituzioni cattoliche, che costituisce oggetto di vergogna per la Chiesa intera.
2. Benché il Papa non abbia certamente voluto proporre un’analisi sociologica della crisi, come sociologo sono colpito dalla profondità della sua riflessione, che s’inserisce in dibattiti di grande attualità in corso fra i sociologi e gli storici sociali — soprattutto dopo la pubblicazione, nel 2007, dell’importante opera di Hugh McLeod The Religious Crisis of the 1960s (3) — sulla rivoluzione silenziosa che ha profondamente cambiato le abitudini morali, religiose e sessuali degli europei e degli americani del Nord nei decenni 1960 e 1970. Il Papa afferma che in Irlanda — ma la sua osservazione è ugualmente valida per altri Paesi — si sono verificati una “rapida trasformazione e secolarizzazione della società” (n. 4), “[…] un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici” (ibidem), con un “indebolimento della fede” (ibidem ) e una “perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti” (ibidem): “É in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi” (ibidem).
3. Come il Papa afferma nella stessa lettera, “[…] il problema dell’abuso dei minori non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa” (n. 2). La rivoluzione sessuale e morale degli anni 1960 ha coinvolto l’intera cultura occidentale. Se il Papa ha espresso “la vergogna e il rimorso” (n. 6) della Chiesa Cattolica, il sociologo deve sottolineare che il problema riguarda tutte le società occidentali dopo la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) e non soltanto la Chiesa. Paragonare i sacerdoti cattolici ad altre categorie può sembrare per qualche verso di cattivo gusto. Ma nello stesso tempo è importante per comprendere il problema nel suo contesto specifico. Secondo l’opera molto spesso citata di Philip Jenkins Pedophiles and Priests (4), se si paragona la Chiesa Cattolica ad altre organizzazioni religiose negli Stati Uniti d’America si scopre che i casi di abuso di minori sono stati più numerosi in altre denominazioni e religioni, almeno nel periodo di tempo esaminato da Jenkins. Fra l’altro, questi dati dimostrano che il problema non è il celibato. Il personale religioso di altre comunità e religioni è in maggioranza sposato. Il numero di maestri di ginnastica e di allenatori di squadre sportive giovanili che sono stati condannati per abuso sessuale di minori negli Stati Uniti d’America nell’arco di cinquant’anni è di circa seimila (5). Secondo il cosiddetto Rapporto Shakeshaft, commissionato dal Ministero dell’Educazione statunitense e pubblicato nel 2004, il 6,7 per cento degli alunni delle scuole elementari pubbliche americane è stato molestato da maestri o da personale non docente (6). Lo stesso documento ci ricorda che negli Stati Uniti d’America due terzi degli abusi sessuali su minori non vengono da persone estranee alla cerchia familiare — compresi i sacerdoti cattolici e i pastori protestanti — ma da membri della famiglia: zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori.
4. Per quanto riguarda i sacerdoti e le istituzioni cattoliche, pochi Paesi hanno compiuto uno sforzo di raccolta di dati paragonabile a quello del rapporto irlandese della Commission to Inquire into Child Abuse, il cosiddetto Rapporto Ryan (7), o del rapporto statunitense pubblicato nel 2004 dal John Jay College della City University of the New York (8). Quest’ultimo esamina gli anni fra il 1950 e il 2002, e conclude che 4.392 sacerdoti e religiosi statunitensi, su un totale di oltre 109.000, sono stati accusati di molestie sessuali a minorenni, con un numero di condanne congruamente più basso. Vi sono anche stati casi clamorosi di sacerdoti accusati ingiustamente. Lo studio del John Jay College ci dice, come si legge spesso, che il quattro per cento dei preti americani è pedofilo? Non è così. Secondo la ricerca, il 78,2 per cento delle accuse si riferisce a minori che hanno superato la soglia della pubertà. Avere un rapporto sessuale con una, o un, diciassettenne non è certo una bella cosa per un adulto, e lo è ancora meno per un prete, ma non è pedofilia. Infatti nell’arco di cinquantadue anni il numero di sacerdoti e di religiosi accusati di pedofilia, nel senso tecnico di rapporti o di molestie sessuali a minori prepuberi, è 958. Anche in questo caso, le condanne sono in numero molto minore rispetto alle accuse.
5. Permettetemi di ripetere che i casi di abusi sessuali di minori da parte di sacerdoti cattolici, benché siano meno numerosi di quanto alcuni media hanno riferito e non siano più diffusi fra i sacerdoti che fra altre categorie in frequente contatto con minorenni, sono oggetto di seria preoccupazione e di “vergogna e rimorso” per la Chiesa, come ha detto il Papa. Nessuna statistica può attenuare la tragedia. Come ha reagito la Chiesa? A questa domanda occorre rispondere tenendo ben fermo il riferimento ai dati e ai testi, che spesso non sono ben compresi da giornalisti che hanno scarsa familiarità con il diritto canonico o con la Chiesa. Per esempio, è stata molto criticata l’istruzione Crimen sollicitationis (9), che risale al 1922. Normalmente si legge che questa istruzione è del 1962. Ma in effetti il testo del 1962 della Crimen sollicitations è identico a quello di un’analoga istruzione del 1922 intitolata Pagella, se si eccettuano tre piccole aggiunte relative ai membri d’istituti religiosi. Lo stesso testo del 1922 non costituiva tanto una nuova normativa quanto una compilazione di vecchie norme, che si trattava di armonizzare con il Codice di Diritto Canonico che era stato allora da poco pubblicato, nel 1917. Alcuni che attaccano le diocesi cattoliche hanno scoperto la Crimen sollicitationis solo perché è citata nel motu proprio di Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) Sacramentorum sanctitatis tutela (10) del 2001. Qualcuno ha pensato di avere finalmente trovato la prova decisiva contro la Chiesa, un documento che avrebbe coperto le inchieste sugli abusi sessuali del clero con uno spesso velo di segretezza. Ma in realtà la Crimen sollicitationis faceva obbligo alle vittime e a chiunque altro fosse venuto a conoscenza degli abusi di denunciarli sollecitamente all’autorità ecclesiastica. Che la successiva procedura canonica dovesse svolgersi a porte chiuse e in segreto era, ed è, normale per cause di questo genere in tutti gli ordinamenti giuridici, e protegge la riservatezza della vittima non meno di quella dell’accusato, che può essere a sua volta colpevole ma anche innocente. Non ha niente a che fare con il tenere nascosti i fatti alle autorità degli Stati, un problema che cade completamente al di fuori dell’oggetto e degli scopi della Crimen sollicitationis. Ma forse l’aspetto più importante è che la Crimen sollicitationis ha avuto una circolazione molto limitata, e fino al primo decennio del secolo XXI le diocesi che dovevano occuparsi di casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti in genere non sapevano neppure che l’istruzione esistesse (11).
6. Con il già citato motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001 e il relativo regolamento costituito dalla lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede De delictis gravioribus (12), pure del 2001, la Chiesa ha riformato le norme canoniche relative a certi crimini, compreso l’abuso sessuale di minori da parte di sacerdoti e di religiosi. Queste regole sono già di per sé stesse una prova di quanto la Chiesa Cattolica prenda sul serio il problema dell’abuso di minori da parte di sacerdoti. Lo include nei delicta graviora, i “crimini più gravi” che le diocesi devono segnalare alla Congregazione per la Dottrina della Fede a Roma. Contrariamente a quanto talora si è letto, le nuove regole non hanno sottratto al vescovo locale la sua responsabilità. Infatti, la Congregazione studia i documenti che arrivano dal vescovo e in molti casi autorizza l’avvio di una procedura nella diocesi locale. In questo caso il processo è condotto nella diocesi e la Congregazione opera sia con una funzione di consulenza sia come istanza d’appello. Si deve notare che il Promotore di Giustizia presso la Congregazione può presentare appello anche contro una decisione della diocesi locale che ha giudicato innocente l’imputato. In altri casi la Congregazione e il vescovo possono imporre sanzioni amministrative, come l’esclusione del sacerdote da ogni ulteriore esercizio pubblico del suo ministero. Fin dall’inizio della procedura si raccomanda che il vescovo locale adotti “misure precauzionali per la salvaguardia della comunità, comprese le vittime” (13). Le direttive della Santa Sede, contenute nel testo Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) riguardo alle accuse di abusi sessuali, precisano pure che “va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte” (14).
7. È piuttosto importante notare che la procedura della Congregazione rubrica fra i “crimini più gravi” l’abuso sessuale di minori, ma questo “non significa solo contatto fisico o abuso diretto, ma comprende anche l’abuso indiretto […]. È compreso anche il possesso, o il download da Internet, di materiale pornografico dove compaiono minori. Questo tipo di comportamento è considerato un reato in diversi Paesi. Mentre il browsing su Internet può essere involontario, è difficile concepire situazioni dove sia involontario il download, che non solo implica compiere una scelta o scegliere una specifica opzione, ma spesso comprende un pagamento tramite carta di credito e la fornitura da parte dell’acquirente di informazioni personali che permettono d’identificarlo[…]. Secondo la prassi della Congregazione per la Dottrina della Fede anche questo comportamento è considerato un delictum gravius“ (15).
8. Il motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela e le varie direttive della Santa Sede sono state accompagnate da documenti delle varie Conferenze Episcopali, come la Carta di Dallas del 2002 negli Stati Uniti d’America, le Direttive su come si debba procedere in casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti e religiosi che rientrano nella sfera d’influenza della Conferenza Episcopale Tedesca (Leitlinien zum Vorgehen bei sexuellem Missbrauch Minderjähriger durch Geistliche im Bereich der Deutschen Bischofskonferenz), pure del 2002; e simili documenti in Irlanda, nel Regno Unito e altrove.
9. Il John Jay Report del 2004 concludeva che vi era stato un “significativo declino” (16) nel numero di casi nuovi — da non confondersi con casi più antichi, che venivano alla luce o arrivavano a un processo dopo molti anni — emersi nella Chiesa Cattolica fra il 2000 e il 2003. Ci si attende che un nuovo rapporto del John Jay College, di prossima pubblicazione, insista su questa tendenza. Ciò conferma che le misure prese dalla Chiesa Cattolica fra la fine del secolo XX e l’inizio del XXI sono state ragionevolmente efficaci. È anche importante notare che il diritto canonico non ha mai favorito le incertezze o i veri e propri insabbiamenti da parte di qualche vescovo. Ai vescovi irlandesi Papa Benedetto XVI ha scritto nella sua lettera: “Non si può negare che alcuni di voi e dei vostri predecessori avete mancato, a volte gravemente, nell’applicare le norme del diritto canonico codificate da lungo tempo circa i crimini di abusi di ragazzi” (n. 11). Vi furono mancanze di vescovi? Sì, vi furono. Ma furono mancanze commesse contro il diritto canonico, non a causa o con il favore della normativa. Beninteso, il diritto canonico è opera di uomini e come tale può sempre essere migliorato.
10. La Chiesa Cattolica crede pure che la radice profonda di questa tragedia sia il peccato. Benché questo punto possa essere più difficile da capire per i non credenti, il Papa nella sua lettera ha anche affermato che i problemi dei sacerdoti derivano per una parte importante dal fatto che “le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali, sono state disattese” (n. 4). A queste pratiche il Papa raccomanda di tornare. Nello stesso tempo sono state prese misure anche sul piano del diritto e della prassi amministrativa, che sono state piuttosto efficaci e forse possono essere studiate da altre istituzioni che oggi patiscono gli stessi problemi. Nessuno ha fatto di più per instaurare nella Chiesa procedure nuove e più rigorose per affrontare questa tragedia del cardinale Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI. Per questa ragione, sia come cattolico sia come studioso sono profondamente turbato dagli attacchi alla persona e all’insegnamento del Santo Padre. Sono convinto che uno studio di questa materia fondato sui dati e sui documenti, più che sulle emozioni e sui ritagli di stampa, potrà sia confermare come siano appropriati “la vergogna e il rimorso” (n. 6) cui ci chiama il Papa, sia fare emergere il suo ruolo luminoso di avvocato tanto delle vittime quanto di quella stragrande maggioranza dei sacerdoti cattolici che non ha niente a che fare con gli abusi e continua a offrire in silenzio la sua opera quotidiana per l’amore di Dio e per il bene comune della nostra umanità sofferente.
Note
(1) Cfr. in particolare il mio Preti pedofili. La vergogna, il dolore e la verità sull’attacco a Benedetto XVI, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2010.
(2) Cfr. Benedetto XVI, Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, del 19-3-2010, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 20/ 21-3-2010. Tutte le citazioni senz’altra indicazione sono tratte da questo testo, di cui, fra parentesi, viene indicato il paragrafo.
(3) Cfr. Hugh McLeod, The Religious Crisis of the 1960s, Oxford University Press, Oxford 2007.
(4) Cfr. Philip Jenkins, Pedophiles and Priests, Oxford University Press, New York 1996, pp. 50 e 81.
(5) Cfr. Michael Dobie, Violation of Trust; When Young Athletes Are Sex-Abuse Victims, Their Coaches Are Often the Culprits, in Newsday, New York 9-6-2002, p. C25.
(6) Cfr. Charol Shakeshaft, Educator Sexual Misconduct. A Synthesis of Existing Literature, U.S. Department of Education, Office of the Under Secretary, Washington D.C. 2004, p. 20.
(7) Cfr. Commission to Inquire into Child Abuse, Report of the Commission to Inquire into Child Abuse, 5 voll., Commission to Inquire into Child Abuse, Dublino 2009.
(8) Cfr. National Review Board for the Protection of Young People, A Report on the Crisis in the Catholic Church in the United States, National Review Board for the Protection of Young People, Washington D.C. 2004.
(9) Cfr. Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, Instructio de modo procedendi in causis sollicitationis, del 16-3-1962, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1962.
(10) Cfr. Giovanni Paolo II, Litterae apostolicae motu proprio datae “Sacramentorum sanctitatis tutela” quibus normae de gravioribus delictis Congregatione pro Doctrina Fidei reservatis promulgantur, del 30-4-2001, in Enchiridion Vaticanum. Documenti ufficiali della Santa Sede, vol. 20, 2001, EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 2004, pp. 396-401.
(11) Cfr. John P. Beal, The 1962 Instruction Crimen sollicitationis. Caught Red-Handed or Handed a Red Herring?, in Studia Canonica, vol. 41, 2007, pp. 199-236.
(12) Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Epistula “De delictis gravioribus” eidem Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis, del 18-5-2001, in Enchiridion Vaticanum. Documenti ufficiali della Santa Sede, vol. 20, 2001, cit., pp. 490-497.
(13) Eadem, Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) riguardo alle accuse di abusi sessuali, s.d., in La Civiltà Cattolica, anno 161, quad. 3837, Roma 1°-5-2010, pp. 272-273.
(14) Ibidem.
(15) Mgr. Charles J. Scicluna, Promotore di Giustizia, The Procedure and Praxis of the Congregation for the Doctrine of the Faith regarding Graviora Delicta, disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo <www.vatican.va/resources/resources_mons-scicluna-graviora-delicta_en.html>.
(16) National Review Board for the Protection of Children and Young People, op. cit., p. 26.