Massimo Introvigne, Cristianità n. 32 (1977)
Una classe dirigente di riserva per la Rivoluzione
GRECE E NOUVELLE ECOLE
Un «cocktail» di evoluzionismo, di neopositivismo, di scientismo, di rivoluzione sessuale e di dottrine chiaramente massoniche in una presentazione «indoeuropea»: in primo luogo, per corrompere in modo sottile quei giovani che si sottraggono al conformismo socialcomunista e progressista, favorendo la loro trasformazione in «rivoluzionari anonimi»; in secondo luogo, per preparare l’inquinamento di ogni eventuale reazione anticomunista, e per tentare di soddisfarne le inevitabili esigenze spirituali in senso anticattolico e antimetafisico, nella prospettiva di un oscuro e funesto miraggio neopagano.
PREMESSA
La categoria di Rivoluzione, così come viene definita da de Maistre e intesa da tutta la tradizione contro-rivoluzionaria, designa un fenomeno unico nella sua essenza e molteplice nelle sue manifestazioni. L’essenza della Rivoluzione è l’odio profondo verso Dio, Gesù Cristo, la Chiesa cattolica e l’ordine naturale; la trascrizione filosofica di quest’odio è la negazione dell’essere (conseguenza dell’avversione per quel Dio che ha detto di sé nell’Esodo: «Io sono Colui che è») e l’adorazione filosofica del. divenire; e l’espressione sul piano storico della negazione rivoluzionaria è il rifiuto e la lotta contro la filosofia naturale e cristiana, contro la philosophia perennis greco-scolastica, che ha nel primato dell’essere il principio e la premessa fondamentale. Esistono però due modi di rifiutare la filosofia perenne, due linee rivoluzionarie diverse che si fondano entrambe sul tentativo di separare il cristianesimo dalla tradizione classica di filosofia e di civiltà. La prima ci presenta un cristianesimo senza tradizione; la seconda, una tradizione senza cristianesimo.
La prima linea si presenta in tesi come «antigreca», ma in realtà persegue, sotto le forme storiche della filosofia greca, le verità perenni della filosofia del primato dell’essere. Essa vorrebbe separare completamente il cristianesimo dalla tradizione filosofica classica, costruendo un ambiguo «giudeo-cristianesimo» che toglie alla dottrina cattolica gli elementi che ne consentono una fondazione razionale, riducendola a un profetismo vago e sentimentale. È la posizione del vecchio modernismo e del dilagante neomodernismo, di cui conosciamo bene gli esiti e le conclusioni: ridotta la fede a semplice esperienza religiosa soggettiva si priva il cristianesimo di ogni incidenza morale e sociale, giustificando e fondando così quel processo di secolarizzazione che, iniziato col protestantesimo, trova oggi la sua massima esplicitazione in una società totalmente anticristiana e nell’ateismo istituzionale dello Stato marxista. La seconda linea rivoluzionaria presenta invece, in alternativa a un cristianesimo antitradizionale, un «tradizionalismo» anticristiano, che vede nella Chiesa un fermento di corruzione e di decomposizione dell’antichità greco-romana. Senonché, come il «giudeo-cristianesimo» antitradizionale è in realtà un cristianesimo sfigurato e corrotto, così lo pseudo-tradizionalismo anticristiano presenta una classicità mistificata e tradita, in quanto espelle dalla tradizione greco-romana tutti gli elementi suscettibili di condurre al Cristianesimo, ripudiando assurdamente, tra l’altro, Socrate, Platone e Aristotele.
Delle due linee attraverso cui si articola l’attacco rivoluzionario alla filosofia naturale e cristiana – quella di un cristianesimo senza tradizione e quella di una tradizione senza cristianesimo – la prima parrebbe oggi essere assolutamente dominante, tanto da relegare l’interesse per la seconda nel novero delle semplici curiosità storiche. Tuttavia lo pseudo-tradizionalismo anticristiano ha un ruolo ben preciso nell’economia generale del processo rivoluzionario: è una linea di riserva, solitamente e storicamente proposta agli uomini e ai popoli che manifestano volontà di reazione di fronte alle conseguenze ultime del processo di secolarizzazione caratteristico della prima delle due linee rivoluzionarie, ein particolare di fronte al comunismo. Per evitare che la reazione si trasformi in Contro-Rivoluzione, in recupero e riaffermazione delle verità tradizionali e cattoliche, si giustappone alla reazione una classe dirigente fittizia, una classe dirigente di riserva, pronta a raccogliere e a soddisfare in senso anticattolico e antimetafisico le esigenze spirituali che venissero a manifestarsi, nonostante tutto, nella società secolarizzata. Grazie alle classi dirigenti di riserva il processo rivoluzionario subisce metamorfosi, ma non arresti: anche le reazioni vengono utilizzate e strumentalizzate per garantire l’avanzata della Rivoluzione.
Un aspetto attuale di questa operazione, né nuova né originale, è rappresentato dalla presenza, in Francia, di un gruppo che sembra costituire oggettivamente una classe dirigente di riserva del tipo citato, riunito nella associazione GRECE (Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne) e nella redazione della rivista Nouvelle Ecole. Tale gruppo – capeggiato da Alain de Benoist e sotto la probabile tutela intellettuale di Giorgio Locchi, corrispondente da Parigi di un quotidiano romano – ha abbandonato, dopo il fallimento dell’OAS, un certo tipo di militanza politica, sostituendola, a partire dal 1968, con una nuova forma di «terrorismo culturale». Nouvelle Ecole si presenta come autonoma rispetto al GRECE (il quale dal 1973 pubblica un giornale proprio, Elements pour la civilisation européenne), anche se le stesse persone fisiche sembrano tenere le fila delle due iniziative. Il GRECE si presenta come équipe rivoluzionaria in cerca di base, come «società di pensiero a vocazione intellettuale», che si propone di intervenire sulla società offrendo la propria «ideologia» alle persone «sensibili alla crisi della civiltà» (1). La filosofia di Nouvelle Ecole prende le mosse da una certa lettura della storia dell’occidente, e in questo quadro si pone come «ideologia», come strumento di intervento di una élite sulla storia a un momento dato. Per intendere la posizione del gruppo GRECE-Nouvelle Ecole sarà dunque necessario esaminare anzitutto il quadro storico disegnato dai teorici del movimento, analizzando in un secondo momento la concezione del mondo proposta.
I. IL QUADRO STORICO
Uno dei saggi chiavi per comprendere la visione storica di Nouvelle Ecole è quello dedicato da Giorgio Locchi, in uno dei primi numeri della rivista, al tema Linguistica e scienze umane (2). Contro la linguistica moderna, essenzialmente «sincronica», che studia la lingua come sistema in un momento dato, prescindendo dalle ricerche sulla mutazione e sull’evoluzione storica delle lingue, Locchi tenta una rivalutazione della linguistica romantica tedesca dell’Ottocento (von Humboldt, Bopp, Schlegel), «diacronica» e comparatista, che credette di pervenire, attraverso un’analisi comparata delle lingue europee conosciute, alla ricostruzione di una lingua madre unitaria o protolingua indoeuropea (Urindogermanisch). L’esistenza storica di questa proto-lingua presuppone l‘esistenza storica di un popolo e di una razza che l’abbia parlata: un «popolo indoeuropeo», una «razza nordica», che i comparatisti tendevano a collocare geograficamente in un territorio compreso fra l’Elba e la Vistola e fra il Baltico e il Mare del Nord, ecronologicamente al principio del neolitico. La «rivoluzione neolitica» dei modi di produzione cambiò in modo radicale le condizioni di vita degli uomini del Nord Europa; la loro risposta fu una nuova visione del mondo: la Weltsicht indoeuropea.
1. L’età dell’oro: il mondo indoeuropeo
Per ricostruire in concreto tale Weltsicht, Nouvelle Ecole muove ancora da un punto di partenza linguistico: la «netta separazione tra il soggetto e l’oggetto» caratteristica delle lingue indoeuropee, che si pone come autentico «imperialismo del soggetto sull’oggetto». La dicotomia linguistica rivela la dicotomia fondamentale della Weltsicht indoeuropea: dicotomia divina (contrapposizione tra divinità-soggetto superiori e divinità-oggetto inferiori) e dicotomia sociale tra una casta-soggetto di «predatori» e una casta-oggetto di «produttori». Caratteristica della casta dominante dei «predatori» è di essere costituita da uomini che non sono religiosi, ma piuttosto dediti alla magia; uomini che non sacrificano a un Dio «altro da sé», ma le cui divinità sono «soggettive». Sono i membri della casta inferiore, sono i «produttori» a essere invece uomini «religiosi», in quanto sacrificano a un Dio «oggettivo», in una religione che è l’immagine mitica della loro soggezione e dipendenza. La «dominazione del mago sull’uomo religioso» sarebbe dunque la caratteristica fondamentale della Weltsicht indoeuropea (3). La dualità tra concezioni del mondo «soggettive», fondate sulla magia e sul primato del divenire, e «oggettive», fondate sulla religione e sul primato dell’essere, è la chiave principale della visione storica proposta da Nouvelle Ecole. La visione «oggettiva» è la Weltsicht della casta inferiore dei «produttori» nella società indoeuropea: ma è anche la visione del mondo dei popoli semitici, «estranea e sovversiva» rispetto all’Europea, dove sarà importata dal cristianesimo (4).
Si presentano spontanee ed evidenti le molteplici obiezioni che si potrebbero rivolgere a un tale quadro dell’ «età dell’oro» indoeuropea: un quadro arbitrario, sostanzialmente ricostruito a tavolino nell’Ottocento, che non trova appoggi seri nell’archeologia e nella stessa linguistica (5). Sono obiezioni, però, a cui Nouvelle Ecole fornisce una risposta che, se può apparire a prima vista bizzarra, si inquadra perfettamente in una dottrina della conoscenza coerentemente fondata sul primato della volontà. «Un fatto storico – dichiara la rivista francese – trova la sua realtà solo a livello della coscienza umana. Il fatto indoeuropeo entra dunque nella storia […] solo dal momento in cui una coscienza umana, legata a una prospettiva “epocale” determinata, […] lo ricostruisce come passato del suo presente.
Non è dunque esagerato dire che il vero fatto indoeuropeo è tale solo in noi e per noi: è la nostra proiezione di noi stessi nel passato e, nello stesso tempo, è il mito reinventato attraverso il quale ci proiettiamo anche nell’avvenire. Se fossimo marxisti, diremmo che il fatto indoeuropeo, nella sua “sostanza mitica”, è la teoria della nostra praxis. Ed è appunto per questo che possiamo parlare di “libera scelta” a proposito dell’eredità indoeuropea, che in ultima analisi è il passato che ci diamo tra mille altri possibili» (5). Il soggetto deve prevalere sull’oggetto, la «libera scelta» volontaristica sull’eventuale realtà storica (oggettiva) contraria: sarà dunque lecito, con un atto di volontà creatrice, inventarsi un passato, sia esso storicamente esistito o no. «Lo studio e il “culto” di questo passato che abbiamo scelto […] è solo l’aspetto teorico di una manifestazione di volontà» (7).
2. La decadenza: il cristianesimo
Il conflitto fondamentale fra Weltsicht soggettiva e Weltsicht oggettiva si esprime sul piano razziale nella grande opposizione tra la razza indoeuropea e la razza camo-semitica, che sbocca, in epoca storica, nel «conflitto essenziale» descritto da Nietzsche tra Roma e la Giudea, presentato già nel primo numero di Nouvelle Ecole come «uno dei fatti più decisivi della storia del mondo» (8). Il «pensiero negativo» giudaico e poi cristiano, statico e intollerante, viene pesantemente denunciato. Per Nouvelle Ecole, come già per il nazional-patriottismo tedesco dell’ottocento e poi per il nazional-socialismo, il giudaismo non è tanto una realtà storica, quanto una categoria filosofica (sia pure a base razziale), o, secondo l’espressione dì Rauschning, «un principio» (9). L’etichetta «giudaismo» copre allora non solo e non tanto il giudaismo reale, ma tutta la concezione del mondo fondata sul primato dell’essere, sia essa ebraica, greca o cristiana: dietro la facciata antiebraica, il vero obiettivo rivoluzionario è l’anticristianesimo (10). Sulla scorta di vecchie e screditate opere pubblicate negli anni ’20 dal neopositivista Louis Rougier, il cristianesimo viene infatti presentato come fenomeno razzialmente e dottrinalmente estraneo all’Europa, espressione della sovversione camo-semitica che invade e corrompe l’antica «Indo-Europeania», manifestazione di ugualitarismo e di collettivismo che demoralizza e poi distrugge l’Impero romano (11).
Dalla «colonizzazione» forzata del mondo indoeuropeo a opera del cristianesimo nasce il Medioevo: un’epoca che Nouvelle Ecole non ama. Se ne parla, è soltanto per ripresentare la vecchia tesi di un Medioevo «in tensione» tra cristianesimo e paganesimo, migliore del cristianesimo delle origini solo in quanto segretamente permeato di elementi pagani. Dal punto di vista filosofico la «tensione» medioevale si esprime, per i teorici del GRECE, in un polo positivo e in un polo negativo. Il polo positivo sarebbe rappresentato da Meister Eckhart, definito senz’altro come «filosofo della volontà erede di Eraclito», non cristiano in realtà ma «panteista», precursore dei «grandi maestri» moderni Fichte e Schelling (12). Il polo negativo è la Scolastica, la filosofia di san Tommaso che sistematizza tutte le aborrite dottrine «oggettivistiche», di cui Nouvelle Ecole ripropone il tentativo di confutazione in chiave neopositivista presentato nel 1925 da Louis Rougier nel suo La Scolastique et le Thomisme (13). Contro il Medioevo – almeno contro il Medioevo «ufficiale» e ortodosso – Nouvelle Ecole rivaluta il Rinascimento, il protestantesimo, la Rivoluzione francese: il «libero esame», il «liberalismo», la «tolleranza» sarebbero idee tipicamente indoeuropee, in opposizione al «Dio esclusivo e intollerante che la Chiesa ha ereditato dalla Sinagoga» (14). Ma sarà solo nell’Ottocento che, dopo due millenni di decadenza cristiana, la rinascita apparirà possibile: per la prima volta l’opzione alternativa al cristianesimo e alla filosofia dell’essere, che era sempre rimasta individualmente possibile, diverrà socialmente rilevante. Oggi così, arginata e ridimensionata l’invasione cristiana, la scelta del proprio passato è ormai per ogni uomo una pura questione di volontà.
«Non bisogna nasconderselo: siamo tutti bastardi. Lo vogliamo o no, siamo i prodotti di una cultura che ha incorporato elementi stranieri e li ha fatti suoi. Solo con una decisione puramente volontaria […] riconoscendoci nel «padre indoeuropeo» che ci ha generati, siamo in grado, contemporaneamente, di smascherare il «padre abusivo» che ci aveva adottato. Abbiamo deciso di riconoscerci nel passato europeo, non nel miraggio orientale» (15). I termini sono chiari. Il «padre abusivo» da smascherare è Nostro Signore, il «miraggio orientale» da dissipare è il cristianesimo: come loro sostituto ci è offerto il «padre indoeuropeo». Un padre, però, quest’ultimo, che, nonostante l’apparenza veneranda, è relativamente giovane: il mito indoeuropeo resta un mito, costruito nell’Ottocento in una delle tante officine della filosofia classica tedesca. Sono Fichte e Nietzsche, e non presunti avi ancestrali, i veri «padri» di Nouvelle Ecole.
3. La rinascita: da Nietzsche al neopositivismo
È nell’Ottocento, dunque, che si gioca la partita decisiva tra «pensiero negativo» e «pensiero positivo», tra filosofia dell’essere e filosofia del divenire, tra anima semitico-cristiana e anima indoeuropea dell’Occidente. La filosofia dell’essere trova – paradossalmente – i suoi continuatori in Hegel e in Marx: nonostante le apparenze in contrario, ci si assicura che «in Marx la materia ha lo stesso ruolo dello spirito in Hegel: si tratta sempre di quel famoso Essere di cui bisogna conoscere l’essenza» (16). L’autentica filosofia del divenire sarebbe invece rappresentata da Fichte, Schelling, Schopenhauer e Nietzsche. Fichte e Schelling rappresenterebbero un’alternativa radicale alla linea Hegel-Marx nell’ambito dell’idealismo, per gli aspetti volontaristici del loro pensiero, non suscettibili di essere continuati nell’hegelismo: Nouvelle Ecole riecheggia la tesi del filosofo marxista ungherese Lukàcs secondo cui l’esito ultimo di Fichte e di Schelling «anti-hegeliani» sarebbe il nazional-socialismo (17). Ma ben più della linea Fichte-Schelling il GRECE rivendica, come alternativa a Hegel e a Marx, la linea Schopenhauer-Nietzsche: a Nietzsche, in particolare, viene tributato un autentico culto. Nietzsche è visto come maestro positivo, non invece (secondo la nota interpretazione di Heidegger) come testimone tragico e profeta della fine del pensiero occidentale: l’ateismo del «Dio è morto» e l’anticristianesimo radicale; la «filosofia della vita» e l’eterno ritorno in contrapposizione alla filosofia dell’essere; la distruzione della morale e l’affermazione di una nuova «morale dei signori», fondata sulla volontà di potenza, sono rivendicati come i grandi insegnamenti del solitario di Sils-Maria. Quanto al discusso problema del rapporto tra Nietzsche e il nazionalsocialismo, il teorico di Nouvelle Ecole Giorgio Locchi vede una «parentela innegabile» fra i due: Nietzsche sta a Hitler come Gesù Cristo sta a san Paolo e Marx a Lenin. «Dal punto di vista storico» l’hitlerismo è «la realtà e la continuazione» del pensiero di Nietzsche: il che non significa che esso sia obiettivamente fedele a Nietzsche, così come Lenin non è «letteralmente» fedele a Marx. E come all’interno del marxismo sono possibili posizioni diverse, così secondo Locchi anche all’interno del «progetto nietzschiano» e della «dialettica anti-ugualitaria» sono possibili diverse opzioni: l’importante, per essere dalla parte della «filosofia della vita», è situarsi «dentro» questa dialettica (18).
Fichte e Schelling da una parte, dall’altra Nietzsche nella filosofia, Wagner nell’estetica e nella «intuizione metapolitica», Spengler nella storiografia: sono questi per Nouvelle Ecole i «grandi maestri» che segnano la fine di un’epoca, liquidano l’eredità cristiana e rendono possibile la ripresa del discorso indoeuropeo laddove il cristianesimo lo aveva bruscamente interrotto. L’effetto del pensiero anticristiano ottocentesco è catartico, nel senso che libera il campo dalla corruzione giudeo-cristiana e rende possibile «una nuova mutazione», «al di là di ciò che fu il Bene e il Male durante due millenni di decadenza spirituale» (19): rende possibili, cioè, nuove filosofie, nuove teorie libere dall’ipoteca cristiana e scolastica e tali da rispondere adeguatamente alle esigenze della nuova società. Risposta adeguata e coerente alle esigenze della società industriale avanzata sarebbe in particolare il neopositivismo viennese e oxoniense o, come preferisce chiamarlo Nouvelle Ecole, l’«empirismo logico». Liquidata dalla filosofia classica tedesca, da Nietzsche in particolare, la vecchia filosofia del primato dell’essere, si rende possibile una nuova epistemologia, che sveli la base volontaristica e soggettiva di ogni conoscenza e denunci come «privi di senso» gli enunciati della metafisica e della teologia: è, appunto, il neopositivismo del Circolo di Vienna (20). La «grande scoperta» del Wiener Kreis è poi il vecchio sofisma relativistico: non esistono verità oggettive o immutabili, ma tutto è soggettivo, tutto muta al mutare della storia. «Nessuna verità oggettiva»: Nouvelle Ecole combatte, nello stesso ambito neopositivista, coloro che – come Neurath – hanno voluto trovare, almeno nell’ambito della scienza, qualche ultima verità universale, mentre viene dato il massimo rilievo al pensiero di Bertrand Russell, più rigorosamente relativista (21). Caduta la maschera mitica dell’evocazione delle ancestralità indoeuropee, il GRECE e Nouvelle Ecole, al termine del loro quadro storico, ci presentano come guide e maestri per il secolo ventesimo i più convinti apologeti del mondo moderno: i neopositivisti. Dalla barba del dio Odino a quella dell’«empirista logico» Carnap il passo può sembrare singolare: e tuttavia è questo il tortuoso itinerario che Nouvelle Ecole propone.
II. LA CONCEZIONE DEL MONDO
Il quadro storico presentato da Nouvelle Ecole conclude nell’affermazione della grande importanza del momento presente: ormai in ritirata il cristianesimo, è oggi possibile una rinascita della Weltsicht indoeuropea. Questa, come si è visto, si formò in relazione a un grande evento nel mondo della tecnica, la «rivoluzione neolitica». Oggi, di fronte a una nuova rivoluzione tecnologica, è necessaria una nuova proposta «indoeuropea»: tale vorrebbe essere l’«ideologia» di Nouvelle Ecole. Una «ideologia» non particolarmente originale, che ripropone i caratteri tipici di tutte le filosofie rivoluzionarie: ateismo o panteismo in religione, volontarismo nella dottrina della conoscenza, primato del divenire in metafisica, relativismo nella morale, rifiuto del diritto naturale e dell’esistenza di una verità politica. Questo è l’albero degli errori della Rivoluzione in genere: ed è anche, spogliato dai festoni multicolori del presunto mito indoeuropeo, l’albero degli errori di Nouvelle Ecole.
1. Religione: tra ateismo e panteismo
Vi è chi perviene all’ateismo come ultima e inevitabile conseguenza dei suoi errori filosofici, chi – prigioniero di una metafisica dell’immanenza – non riesce ad andare oltre l’uomo per arrivare a Dio: per costui, l’ateismo è un punto di arrivo. Per altri, invece, l’ateismo è un punto di partenza: Dio non deve, non può esistere perché la sua esistenza disturba e ridimensiona l’orgoglio umano. È l’ateismo postulatorio dì Nietzsche: Dio è morto, perché «se vi fossero degli dei, come potrei sopportare di non essere dio! Dunque non vi sono dei» (22). Ed è anche l’ateismo di Nouvelle Ecole, dove però Nietzsche viene integrato dal neopositivismo: la volontà di ateismo di Nietzsche diventa ateismo epistemologico con il Circolo di Vienna, che dimostra definitivamente come «la dottrina dei teologi non è né vera né falsa, è priva di senso» (23).
L’ateismo, l’ateismo rigoroso che elimina Dio e non lo sostituisce con qualcos’altro è, a rigore, impossibile da vivere. Secondo gli studi di Podach, ricordati da Del Noce, fu proprio il tentativo di vivere, un «ateismo assoluto» a determinare la follia di Nietzsche, una malattia mentale squisitamente filosofica e inaccessibile agli psichiatri (24).
Ma vivere un ateismo coerente fino al naufragio della follia non è da tutti: i più, diversamente da Nietzsche, finiranno per rivolgersi a surrogati della religione. E il surrogato più corrente, per chi sia alla ricerca di una religiosità vaga e inafferrabile, è naturalmente il panteismo, che infatti si va diffondendo negli ambienti del GRECE e di Nouvelle Ecole. Alain de Benoist si dichiara «ateo»: ma questo non gli impedisce di presentare lo scrittore panteista Raymond Ruyer come «uno dei più importanti filosofi del nostro tempo» (25) e di apprezzare la cosiddetta «gnosi di Princeton», una sorta di nuova religione evoluzionista creata da un gruppo di scienziati americani (26), mentre Nouvelle Ecole esalta come «religione della vita» il «nuovo paganesimo» di Henry de Montherlant (27). Il termine finale della «religione della vita» è poi la «religione del corpo», «il culto religioso dei corpi, espressioni pure del principio vitale della razza» (28). Nouvelle Ecole va oltre: si parte sì dalle citazioni classiche di Montherlant, ma per arrivare alla «sanità erotica» proposta dai «sessuologi» contemporanei. Nel «comité de patronage di Nouvelle Ecole sono apparsi i nomi del «sessuologo» Gérard Zwang, teorico delle «virtù didattiche e terapeutiche del cinema pornografico» (29), e del giornalista Yves de Saint-Agnes, noto per Le sexe qui vient du froid, una «guida sessuale» del Nord Europa completa «di indirizzi e telefono dei principali stabilimenti galanti dell’Europa del Nord», opera che il GRECE ha raccomandato vivamente ai propri aderenti (30). La «libertà sessuale come modulazione» (31) e il libero sesso sono presentati come conclusione e coronamento del culto della vita e del corpo.
Dal panteismo vitalistico alla «religione del corpo» e quindi alla religione del sesso: al di là dell’apparato simbolico e dei riferimenti «scientifici» si tratta di una rielaborazione, niente affatto originale, del vecchio naturalismo delle logge massoniche. L’itinerario che va dal panteismo al culto del corpo e del sesso – lo ha dimostrato, fra gli altri, padre Giantulli S.J. (32) – è l’itinerario tipico della «religiosità» della massoneria.
2. Gnoseologia: il primato della volontà
La dottrina della conoscenza del gruppo GRECE-Nouvelle Ecole può essere definita come volontarismo rivoluzionario, filosofia del primato gnoseologico della volontà sull’intelligenza. «Per l’uomo non esiste una verità assoluta, perché il suo cervello e i suoi organi di percezione gli mostrano solo una certa prospettiva del mondo […]. Non c’è altra verità che le verità di esperienza. Ciò che importa è avere la volontà (ineguale presso gli individui) di fare queste esperienze» (33). La lezione della logica neopositivista del Circolo di Vienna, che Nouvelle Ecole ripropone, è che i presunti «giudizi oggettivi» non sono altro che i giudizi soggettivi della maggioranza degli uomini. Non esistono visioni «vere» del mondo (si afferma persino che «la visione dell’uomo non è né più né meno “vera” di quella del cane»), ma solo visioni che molti uomini condividono (34). Come non esistono giudizi oggettivi, così non esistono giudizi universali: la conoscenza è sempre conoscenza del particolare, al volontarismo corrisponde il relativismo. Jean-Yves Le Gallou nel numero 16 di Nouvelle Ecole prende posizione nel secolare conflitto tra la logica aristotelica e il nominalismo, optando decisamente per quest’ultimo in nome della moderna «semantica generale». Le Gallau insiste sulla tesi, squisitamente nominalistica, secondo cui i presunti concetti universali sono in realtà «semplici accidenti del linguaggio, da cui le metafisiche hanno tratto argomento», mentre nella realtà non vi sono che concetti particolari e relativi. Ci si propongono così «metodi di valutazione non aristotelici»: una nuova logica, che dovrà sostituire alla «valutazione per definizione» aristotelica una nuova «valutazione per estensione» limitata alle singole situazioni particolari. Il furor nominalistico di Nouvelle Ecole tocca il suo apice nella proposta di bandire dal vocabolario il verbo «essere» per ciò che riguarda la predicazione e l’identificazione, limitandosi a usarlo nel senso di «esistere» o come ausiliare, per evitare di cadere nelle «affermazioni totalitarie» dell’aristotelismo (35).
Anche le scienze – tutte le scienze – non si sottraggono al relativismo universale: esse non sono né oggettive né razionali, ma frutto, a loro volta, di un atto di volontà o, come scrive Giorgio Locchi, di un «rapporto di forza». Il tipo di conoscenza delle scienze naturali deriva dalla volontà di potenza dell’uomo che «rompe la sua solidarietà con la natura, la conosce e la addomestica». Anche le scienze dell’uomo nascono, secondo Locchi, da un atto della volontà di potenza, in particolare da un atto di dominio e di signoria degli uomini più forti sui più deboli: «una scienza umana implica una lotta tra gli uomini e una violenza sempre più spinta sull’oggetto umano». La stessa «scienza della Storia» è l’espressione di una «lotta a livello di esseri umani». Dopo avere negato l’oggettività filosofica, Nouvelle Ecole estende la sua negazione a ogni forma di oggettività scientifica, compresa l’oggettività storica (36). «Nessuna verità oggettiva»: né nella natura, né nella storia.
3. Metafisica: il primato del divenire
Il primato gnoseologico della volontà sull’intelligenza procede e fonda il primato ontologico del divenire sull’essere. Alla «filosofia dell’essere, che è quella dei teologi e dei sognatori», si oppone, secondo Nouvelle Ecole, «la filosofia del divenire, che è quella degli uomini di forte salute […] che si preoccupano non di ciò che è la natura umana, ma di ciò che essa sarà» (37). Non vi sono essenze, ma solo esistenze: non esiste essere, ma solo mutamento e divenire. Da Eraclito a Marx, le forme storiche della filosofia del primato del divenire sono diverse e molteplici: tra esse Nouvelle Ecole sceglie l’evoluzionismo, inteso non solo e non tanto come ipotesi scientifica, ma come spiegazione universale del mondo, della natura e della storia. L’evoluzione, prima che come «fatto» scientifico, è vista come «necessità filosofica», frutto – al solito – di un atto di volontà: l’evoluzione deve essere accettata, perché l’unica spiegazione del mondo alternativa a essa è la creazione, e questa deve essere esclusa in nome dell’ateismo postulatorio di Nouvelle Ecole. La rivista francese ammette francamente che l’evoluzione manca, per ora, di prove definitive e di spiegazioni, e che i risultati delle ricerche più recenti sono «assai poco soddisfacenti» per l’evoluzionismo (38); ma ripete, con le parole del biologo Jean Rostand, che «siamo obbligati e come condannati a credere nell’evoluzione» (39), per non cadere in un agnosticismo insopportabile o tornare all’aborrito creazionismo. Così, presentati brevemente i dubbi e le incertezze, Nouvelle Ecole passa disinvoltamente a raccontare ai suoi lettori la favola evoluzionista nei termini, solo qua e là aggiornati, in cui la narrano da molti anni le pubblicazioni divulgative della vecchia Union Rationaliste, l’associazione paramassonica dei «liberi pensatori» francesi, con la quale il GRECE intrattiene stretti rapporti.
Come i padri del comunismo, Marx ed Engels, così anche i teorici del GRECE propongono un credo evoluzionista completo: la vita ha origine dalla non-vita (biogenesi), gli animali superiori da quelli inferiori (evoluzione), l’uomo dal non-uomo (ominizzazione). Ma essi aggiungono una quarta tappa: la super-ominizzazione, l’«aristogenesi», del superuomo, al termine di un divenire razziale che si svolge all’interno della specie umana. Nouvelle Ecole predica un duro razzismo evoluzionistico, secondo cui le razze umane corrispondono a stadi diversi dell’evoluzione e, non esistendo una natura umana comune, esistono differenze di essenza tra razza e razza e «l’intelligenza e il comportamento degli individui» sono rigidamente determinati da fattori razziali (40). Non solo: continuando l’evoluzione, le razze si andranno differenziando sempre più in «forme adattative e forme fuorviate», tra le quali in futuro, «le unioni non saranno probabilmente più feconde», fino alla nascita, al vertice della piramide razziale, di una razza di dominatori superiore all’attuale umanità (41). L’evoluzionismo, combinando Darwin e Nietzsche, si apre così alla prospettiva vertiginosa sulla razza futura dei superuomini.
4. Morale: la «morale dei signori»
Al relativismo filosofico corrisponde il relativismo morale. Come non esiste una verità oggettiva, così non esistono leggi e valori oggettivi e immutabili: i giudizi etici – come quelli religiosi – sono stati definitivamente relegati dal neopositivismo nella sfera dei giudizi privi di senso. Tuttavia la società è divenire, è lotta, è contraddizione, e l’etica che vince, l’etica storicamente migliore, è allora l’etica dei più forti, che sanno dominare e signoreggiare gli altri. Alla «morale razionale» di Aristotele e alla «morale del peccato» cristiana, Alain de Benoist oppone la Herrenmoral di Nietzsche (42), la «morale dei signori», secondo la quale i dominatori, i veri uomini liberi, non sono misurati da valori e da fini oggettivi, ma creano liberamente i valori e i fini, a cui poi dovrà conformarsi il gregge dei dominati. Il valore «morale» di ogni uomo è solo nella sua energia vitale, nella sua tensione interiore, nella sua potenza intrinseca.
La «morale dei signori» implica lo strapotere di una élite: ma si tratta di una élite che non conosce legittimità di origine né di esercizio. I maiores di Nouvelle Ecole non sono tali, nella società, secondo la maggiore conformità a una norma oggettiva, ma solo secondo rapporti di forza puramente biologici. È la più completa inversione della prospettiva della società tradizionale medioevale, che conosceva sì una pluralità di ordini, ma non, conosceva pluralità di morali, come non conosceva pluralità di metafisiche: come unico era il fine della società, unica era la metafisica e unica la morale. Ed era appunto il rapporto all’unica verità a misurare gli individui e gli stati, a diversificare i compiti e i ruoli, a determinare le gerarchie. Non l’élite creava la verità e la morale, ma la verità e la morale creavano e legittimavano le élites. La Herrenmoral, invece, è una morale creata arbitrariamente dai più forti e poi imposta come maschera ideologica alla società.
La volontà di potenza, che non conosce limiti estrinseci, ha tuttavia un limite intrinseco: dev’essere «in armonia con la vita» e «in ordine» con l’evoluzione (43). L’uomo nietzschiano-darwinista di Nouvelle Ecole conosce, come l’uomo marxista, la prospettiva dell’evoluzione, e sa che la sua grandezza e la sua unica ascesi consistono nel collaborare, per quanto gli è possibile, all’avanzata del flusso evolutivo. La sua misura non sarà dunque, come spiegava a un convegno del GRECE Pierre Lance, fondatore della Societé Nietzsche, «l’amore del prossimo» attualmente esistente, ma «l’amore del lontano, di quest’uomo migliore che non c’è ancora e che solamente si spera», l’amore dei frutti futuri dell’evoluzione, a cui egli è chiamato fin da ora a preparare il terreno (44). Per l’evoluzionista Marx, morale è ciò che affretta la marcia dell’evoluzione verso la futura società socialista; per gli evoluzionisti di Nouvelle Ecole morale è ciò che affretta la marcia dell’evoluzione verso il «grande meriggio» dei superuomini.
5. Politica: la biopolitica
Alla negazione della legge morale naturale segue la negazione del diritto naturale e dell’esistenza di verità politiche oggettive. Per Nouvelle Ecole il diritto è solo «una tecnica di normalizzazione dei rapporti volta a ottenere risultati positivi»: ma il positivismo giuridico incontra l’evoluzionismo, così che la «legittimità di un principio giuridico» si valuta secondo la capacità di condurre a un «miglioramento» o ad una «degradazione» biologica della specie umana (45). La vera politica è la biopolitica: […] il resto, l’economia, il sociale sono applicazioni importanti ma secondarie»: il GRECE rifiuta tutte le attività strettamente politiche, limitando i suoi interventi «civici» alla promozione e alla propaganda dell’eugenismo (46). In particolare la politica eugenetica proposta dal gruppo GRECE-Nouvelle Ecole prevede:
a. Limitazioni del diritto al matrimonio: massima estensione delle limitazioni giuridiche al matrimonio (si ricorda la proposta di C. Richet secondo cui dovrebbero essere esclusi dal matrimonio i giovani riformati alla visita militare di leva); promozione di speciali «unioni eugenetiche» tra individui particolarmente dotati, destinate direttamente al miglioramento della razza, riprendendo così il programma nazional-socialista Lebensborn (47).
b. Limitazioni del diritto alla procreazione: propaganda in favore degli anticoncezionali e family planning selettivo, limitando al massimo le nascite presso le razze e gli individui peggiori, e vietando al contrario l’uso degli anticoncezionali a popoli e a coppie razzialmente avanzati; sterilizzazione degli individui geneticamente tarati o «deboli» e aborto eugenetico non solo permessi, ma resi obbligatori (il GRECE ha preso posizione a favore della legalizzazione dell’aborto, in Francia, con la cosiddetta legge Veil); eutanasia e infanticidio eugenetici (48). Secondo il professor Crick «si potrebbe prospettare una nuova definizione della nascita, spostando la data a due giorni dopo il parto. Questo permetterebbe di esaminare i neonati […] e di amministrare l’eutanasia a quelli che sono nati con una qualsiasi deformità» (49). Come provvedimenti, positivi: uso dell’inseminazione artificiale per dare un numero indefinito di figli, usando centinaia di donne diverse, agli individui meglio dotati («con lo sperma di Einstein – ci si assicura – si sarebbero potuti fare centinaia di Einstein»); possibilità, entro pochi anni, di realizzare artificialmente la partenogenesi, ossia la fecondazione della donna con mezzi meccanici o termici senza l’intervento del maschio, e la stessa androgenesi, o fecondazione del maschio, per «sopprimere l’alea della fecondazione a due e programmare rigorosamente le caratteristiche del nascituro; domani, forse, «riproduzione per clonazione» mediante la riproduzione di cellule in laboratorio, partendo da frammenti di tessuto di individui particolarmente interessanti, che permetterebbe di costruire da poche cellule nuovi individui, copie esatte dell’individuo originario (50).
c. Chirurgia genetica. Ben al di là delle misure fin qui citate, in futuro la «programmazione della cellula» e l’inserzione di geni supplementari nelle cellule germinali umane apriranno «possibilità praticamente illimitate» fino alla effettiva «costruzione» artificiale del superuomo (51).
Ogni commento è superfluo. Ci si può chiedere, soltanto, se quello che il GRECE promette sia un avvenire auspicabile e desiderabile per il genere umano, e se non sia invece più probabile che la natura violata e negata si ribelli, che l’apprendista stregone rimanga vittima delle sue stesse creature. La fattoria umana di Nouvelle Ecole, presunto vivaio di superuomini, non finirà per produrre una razza mostruosa di sub-uomini decaduti e abietti?
CONCLUSIONE: UN «REVIVAL» NAZIONAL-SOCIALISTA?
L’interrogativo che si impone, di fronte al programma e alla dottrina del gruppo GRECE-Nouvelle Ecole, è se non si tratti di una riproposizione e di un revival delle più classiche tesi del nazional-socialismo. Del nazional-socialismo tedesco Nouvelle Ecole è variamente tributaria: ne risuscita i simboli, secondo lo schema fondamentale ultraantico-ultramoderno (52), ne riprende l’iconografia, ne ripresenta – travestite e aggiornate in chiave scientista – le principali dottrine. La più recente storiografia, abbandonando vecchie etichette, ha messo in luce il carattere antitradizionale e la «matrice rousseauiana» (53) e illuminista del nazional-socialismo, opposta e contraria alla matrice cattolica e anti-illuminista della destra tradizionale e contro-rivoluzionaria. Da Rousseau, secondo il più recente pensiero di De Felice, originerebbero due distinte linee politiche: l’una, quella della «democrazia totalitaria» descritta da Talmon, arriverebbe, attraverso Babeuf e Blanqui, fino al comunismo marx-leninista (ma sempre a questa linea per De Felice, sia pure come variante o eresia, andrebbe ricollegato quell’interventismo rivoluzionario che è il nucleo del movimento fascista italiano); l’altra, quella della «nuova politica» descritta da Mosse, sarebbe, attraverso il movimento nazional-patriottico tedesco dell’ottocento, alle origini del nazional-socialismo (54). Ancora, secondo Mosse, il nazional-socialismo si esprime in Germania come movimento politico di massa, in Francia come «estasi nietzscheana» di un piccolo gruppo di intellettuali (55). Ed è appunto questa «estasi nietzscheana» che viene aggi riscoperta in Francia e che si manifesta nel gruppo GRECE-Nouvelle Ecole: un gruppo che si avvia a ripercorrere l’itinerario vissuto negli anni ‘30 e ‘40, con più romanticismo che raziocinio, dagli ammiratori francesi del nazional-socialismo, e che non potrà non ripeterne il fallimento esistenziale e politico.
La differenza tra le varie linee rivoluzionarie non deve fare dimenticare l’essenziale unità della Rivoluzione. Dire che il marxismo e il nazional-socialismo hanno una «comune matrice rousseauiana» significa dire che entrambi accettano tutte le negazioni pronunciate da Rousseau e cercano di svilupparne, in modi diversi, il progetto rivoluzionario. Nei termini del prof. Corrêa de Oliveira marxismo e nazional-socialismo – e così il nuovo nazional-socialismo di Nouvelle Ecole,- si pongono dopo la I Rivoluzione umanistico-protestantica e la II Rivoluzione liberale-illuminista, presentandosi come progetti diversi per la III Rivoluzione. Il progetto comunista si mostra storicamente prevalente: il progetto di Nouvelle Ecole resta come carta di riserva, come schema alternativo di III Rivoluzione da proporre – a chi manifesti una invincibile ripugnanza per il marxismo e si mostri disposto a reagire.
Ma il gruppo GRECE-Nouvelle Ecole non è solo una classe dirigente di riserva per la III Rivoluzione: come ha mostrata in Francia la campagna sull’aborto, esso è, fin da ora, in grado di giocare anche un ruolo ulteriore, Nella nuova terza parte del suo Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (56) il prof. Corrêa de Oliveira prospetta l’avvento di una IV Rivoluzione ulteriore allo stesso comunismo; che ha sì le sue dottrine, come lo strutturalismo, ma che si svolge soprattutto in interiore homine, come sovversione nelle tendenze umane, e si articola in tappe quali il divorzio, la rivoluzione sessuale, l’aborto, l’eutanasia, la droga. Proponendo apologie sedicenti «di destra» dell’aborto, della pornografia, dell’eutanasia, giustificate da considerazioni immoralistiche o eugenetiche, Nouvelle Ecole disorganizza e disorienta l’opposizione alla legalizzazione di questi crimini e offre una facile giustificazione a chi, pur dicendosi «anticomunista» o «a destra», non trova comodo andare controcorrente e rifiutare l’immoralismo alla moda. La classe dirigente di riserva è dunque già all’opera anche per la IV Rivoluzione.
Molteplici segni fanno prevedere, per i prossimi mesi, una intensificazione dello sforzo per la penetrazione in Italia, e in particolare nell’area sociologica della destra politica italiana, delle tesi del GRECE e di Nouvelle Ecole. Residui di uno pseudo-tradizionalismo neopagano da una parte, dall’altra postumi dell’infausta opera svolta dal filosofo radical-idealista Armando Plebe per diffondere «a destra» tematiche filosofiche immoralistiche e relativistiche (57) rischiano di costituire un terreno fertile alla diffusione di queste dottrine presso ambienti giovanili numericamente assai ristretti, ma che pare non meritano di essere sottoposti a questo tipo di inquinamento. A chi fosse sedotto dalle dottrine del GRECE, dovremo chiedere di guardare bene sotto le maschere, e di distinguere – sempre – tra etichetta e contenuto. L’etichetta di Nouvelle Ecole, neopagana e «indoeuropea», può forse attirare un certo tipo di «tradizionalisti». Basterà questo per fare accettare un contenuto che è un cocktail di evoluzionismo e di neopositivismo, di scientismo e di rivoluzione sessuale, di dottrine della massoneria e dell’Union Rationaliste? C’è dunque chi è pronto a farsi ingannare da una semplice etichetta multicolore?
Chi è disposto a esaminare con oggettività i fatti, a guardare con onestà in se stesso e nelle cose, finirà per scoprire l’essenziale menzogna di Nouvelle Ecole: e, forse, da questa saprà risalire ad altre menzogne diffuse, imparerà a considerare con diffidenza il paganesimo «ancestrale» fabbricato a tavolino da qualche filosofo dell’ottocento, gli «indoeuropei» costruiti non molti anni fa in qualche università tedesca – quando non in qualche loggia massonica – e dissiperà così ogni funesto miraggio neopagano.
Autori medioevali immaginarono che gli antichi dei pagani, sconfitti dal cristianesimo, si fossero ridotti, per sopravvivere, a servitori e messi del demonio. La fine che riserva loro Nouvelle Ecole non è meno triste: etichette e maschere per le dottrine di Darwin, del Circolo di Vienna e dei teorici del libero sesso. Le divinità pagane non sono soltanto morte: sono decadute, il che è forse peggiore. Uno solo è il Dio vivente.
MASSIMO INTROVIGNE
Note:
(1) Cfr. Nouvelle Ecole, n. 9, giugno-luglio 1969, p. 7 (cito con la semplice indicazione del numero della rivista gli editoriali e le note non firmate).
(2) Cfr. G. LOCCHI, Linguistique et Sciences Humaines, in Nouvelle Ecole. n. 2, aprile-maggio 1968, pp. 31-51.
(3) Cfr. Nouvelle Ecole, n. 21-22, novembre 1972 – febbraio 1973, numero speciale su Georges Dumézil et les études indoeuropéennes, p. 11.
(4) Ibid., p. 10.
(5) I linguisti contemporanei, anche i più vicini al comparatismo, ricordano che il cosiddetto Urindogermanisch della linguistica romantica non è che «uno stadio linguistico costruito mediante una comparazione che teoricamente comprendeva tutto il complesso delle lingue indoeuropee, ma di fatto si basava essenzialmente sul sanscrito e sul greco, considerate come le lingue più arcaiche fra quelle indoeuropee». (M. LEROY, Profilo storico della linguistica moderna, 2ª ed. it., Laterza, Bari 1969, p. 159); e mettono in guardia contro la pretesa di dedurre le caratteristiche complessive di una razza e di una civiltà da questa ricostruzione linguistica effettuata a tavolino, talmente incerta da essere suscettibile di tante modalità e interpretazioni quanti sono i linguisti che se ne sono occupati. Affatto fantasioso è poi il tentativo di delineare un presunto magismo antireligioso indoeuropeo, con la conseguente eliminazione della casta sacerdotale e la riduzione – contro lo stesso Dumézil, che parla di «società trifunzionale» – dei tre ordini classici (sacerdoti, guerrieri, produttori) a due (predatori e produttori).
(6) Nouvelle Ecole, n. 21-22, cit., p. 9.
(7) Ibid., p. 12.
(8) Nouvelle Ecole, n. 1, febbraio-marzo 1968, p. 6.
(9) H. RAUSCHNING, Gespräche mit Hitler, New York 1940, p. 220, cit. in G. L. MOSSE, Le origini culturali del Terzo Reich, tr. it., Il Saggiatore, Milano 1968, p. 448.
(10) P. E. Rosa S. J. invitava, nel 1934, nel suo La “questione giudaica” e l’antisemitismo nazional-socialista (La Civiltà Cattolica, 1934, IV, pp. 126-136 e 276-285), a distinguere accuratamente tra il tradizionale antigiudaismo cattolico a base religiosa e l’antigiudaismo biologico-filosofico che si esprimeva allora nel nazional-socialismo. Esiste in effetti una opposizione radicale tra l’antico antigiudaismo cattolico, che si presenta come antitalmudismo, e l’antigiudaismo di marca nazional-socialista ripreso da Nouvelle Ecole, che si presenta come antisemitismo. Il primo si mostra ostile agli ebrei perché e nella misura in cui si sono allontanati dal Vecchio Testamento, il secondo odia gli ebrei perché ancora in qualche modo eredi del Vecchio Testamento.
(11) Sulla palese falsità storica di questa ricostruzione cfr. R. TAMBURRINI, Contro l’interpretazione messianico-rivoluzionaria del Cristianesimo delle origini, in Cristianità, n. 16, marzo-aprile 1976, pp. 8-11.
(12) Cfr. Etudes et Recherches pour la civilisation européenne (rivista teorica del GRECE), n. 2, 1975, p. 5. Per il problema interpretativo circa Eckhart e la proposta di una diversa interpretazione cfr. E. GILSON, la filosofia nel Medioevo, tr. it., La Nuova Italia, Firenze 1973, pp. 831-838.
(13) Cfr. L. ROUGIER, La Scolastique et le Thomisme, Gauthier-Villars, Parigi 1925.
(14) L. ROUGIER, Le conflit du Christianisme primitif e de la religion antique, GRECE édit., Aix-en-Provence 1974, p. 149.
(15) Nouvelle Ecole, n. 17, marzo-aprile 1972, numero speciale su Les Celtes, p. 18.
(16) Etudes et Recherches pour la civilisation européenne, n. 2, cit., p. 5.
(17) Cfr. G. LUKÀCS, La distruzione della ragione, tr. it. Einaudi, Torino 1969. Ma un’allieva di Lukàcs, Agnes Heller, ha recentemente mostrato come l’elemento volontaristico fichtiano, assente in Hegel, è presente in Marx, dove coesiste con l’hegelismo; e diverrà prevalente in Lenin, che vedrà la rivoluzione (con Fichte) come frutto della volontà degli uomini, più che della necessità storica. Cfr. A. HELLER, La teoria dei bisogni in Marx, 3ª ed. it., Feltrinelli, Milano 1977, pp. 81 ss.
(18) Cfr. G. LOCCHI Nietzsche et ses “récupérateurs”, in Nouvelle Ecole, n. 18, maggio-giugno 1972, pp. 83-88.
(19) IDEM, A propos d’une réedition: “L’homme et la technique”. Considérations inactuelles sur les denières oeuvres de Spengler, in Nouvelle Ecole, n. 13, maggio-dicembre 1970, p. 92.
(20) Cfr. Nouvelle Ecole, n. 13, cit., p. 11.
(21) Cfr. Nouvelle Ecole, n. 12, marzo-aprile 1970, dedicato principalmente a un Hommage à Bertrand Russell.
(22) F. NIETZSCHE, Così parlò Zarathustra, tr. it., Adelphi, Milano 1976. t. I. p. 101.
(23) Nouvelle Ecole, n. 13, cit., p. 12.
(24) Cfr. E. F. PODACH, Nietzsche Zusammenbruck, Niel Kampmann Verlag, Heidelberg 1930.
(25) A. DE BENOIST, Bibliographie de Raymond Ruyer, in Etudes et Recherches pour la civilisation européenne, n. 2, cit., p. 95.
(26) cfr. R. RUYER, La Gnose de Princeton, Calmann-Lévy, Parigi 1974.
(27) Cfr. Nouvelle Ecole, n. 20, settembre-ottobre 1972, numero speciale su Henry de Montherlant 1896-1972, p. 47.
(28) Ibid., p. 45.
(29) Elements pour la civilisation européenne, n. 13, dicembre 1975, p. 38.
(30) Cfr. L. TERY, recensione a Le sexe qui vient du froid di Y. de Saint-Agnes, in Elements pour la civilisation européenne, n. 13, cit., p. 39.
(31) Elements pour la civitisation européenne, n. 12, ottobre 1975, p. 44.
(32) Cfr. F. GIANTULLI, S. J., L’essenza della massoneria italiana: il naturalismo, Pucci Cipriani, Firenze 1973.
(33) Etudes et Recherches pour la civilisation européenne, n. 2, cit., p. 4.
(34) Cfr. Nouvelle Ecole, n. 13, cit., pp. 10-11.
(35) Cfr. J. Y. LE GALLOU, La sémantique générale et les méthodes d’évaluation non-aristotéliciennes, in Nouvelle Ecole n. 16, maggio 1971 – febbraio 1972, pp. 55-65.
(36) Cfr. G. LOCCHI, Linguistique et Sciences Humaines, cit., p. 50.
(37) Nouvelle Ecole, n. 14, gennaio-febbraio 1971, numero speciale su L’eugénisme, p. 11.
(38) Cfr. Nouvelle Ecole, n. 18, cit., numero speciale su L’évolution, p. 12: «Gli “anelli mancanti” continuano a mancare», confessa la rivista francese: e soprattutto «non si è ancora mai riusciti a osservare mutazioni che migliorino il tipo selvatico di una specie qualunque. Le sole mutazioni osservate sono o mutazioni sfavorevoli, o mutazioni favorevoli che però non fanno altro che rendere a un individuo, in precedenza mutato sfavorevolmente, l’integrità delle sue caratteristiche selvatiche».
(39) Cit. in Nouvelle Ecole, n. 18, cit., p. 11.
(40) Nouvelle Ecole cerca di utilizzare le ricerche, peraltro assai discusse, di alcuni studiosi americani. Cfr. in particolare W. C. GEORGE, Biologie du probleme racial: génetique et comportement, in Nouvelle Ecole, n. 7, febbraio-marzo 1969, pp. 11-50 e A. DE BENOIST, Intégration scolaire et psychologie raciale, in Nouvelle Ecole, n. 10, settembre-ottobre 1969, pp. 21-27.
(41) Cfr. Nouvelle Ecole, n. 18, cit., p. 10.
(42) Cfr. A. DE BENOIST, Nietzsche: morale et grande politique, GRECE édit., Aix-en-Provence 1973, p. 15.
(43) Cfr. Y. CHRISTEN, discorso d’apertura al 6º seminario nazionale del GRECE, sul tema Morale d’hier, éthique de demain (maggio 1971), in Nouvelle Ecole, n. 16, cit., p. 87.
(44) Cit. in Nouvelle Ecole, n. 16, cit., p. 89.
(45) Cfr. Nouvelle Ecole, n. 14, cit., p. 10.
(40) Cfr. Nouvelle Ecole, n. 9, luglio-agosto 1969, p. 8. Nonostante il rifiuto della politica, soprattutto nei primi tempi della sua esistenza il GRECE ha cercato di utilizzare il nome di Charles Maurras, pur prendendo nello stesso tempo le distanze del suo pensiero, per introdursi in alcuni ambienti della destra politica francese. Operazione puramente propagandistica: Maurras, ammiratore di Aristotele, della Chiesa, dell’Ancien Régime, radicalmente ostile al germanesimo razzista, non ha nulla in comune col GRECE. Dal punto di vista dottrinale l’opposizione è netta: ciò che caratterizza – e ciò che ha finito per sviare – Maurras è l’amore per la ragione spinto fino all’agnosticismo nei riguardi di ciò che è sovrarazionale; al contrario, Nouvelle Ecole manifesta un autentico odio per la ragione e propone una filosofia ispirata al volontarismo e al relativismo universali.
(47) Cfr. Y. CHRISTEN, L’eugénisme: perspectives actuelles, in Nouvelle Ecole, n. 14, cit., pp. 49-55.
(48) Ibid., pp. 51 ss. Sull’aborto cfr. anche J. C. VALLA, Le probleme de l’avortement, in Nouvelle Ecole, n. 10, cit., p. 17. Secondo Valla (che cita dichiarazioni del professor Kahane, uno scienziato legato alla già citata Union Rationaliste paramassonica), l’idea del «rispetto universale della vita» «non appartiene agli istinti», è «superata» e «piena di inconseguenze».
(49) Nouvelle Ecole, n. 14, cit., p. II.
(50) Cfr. Y. CHRISTEN, L’eugénisme: perspectives actuelles, cit., pp. 58-61.
(51) Ibid., pp. 59-60. Una anticipazione della chirurgia del futuro è già oggi costituita dai trapianti, che potrebbero estendersi, entro pochi anni, anche al cervello e agli organi genitali. Dei trapianti si sottolinea il significato «filosofico»: secondo il prof. Kuss, essi rappresentano «un salto morale e metafisico» contro «i tabù più o meno oscurantisti e religiosi della nostra società» (cit. in R. VETILLARD, Les greffes d’organes, in Nouvelle Ecole, n. 10, cit., pp. 28-34). In Sudafrica, lo stesso professor Barnard avrebbe manifestato simpatia per le tesi del GRECE.
(52) Nelle illustrazioni di Nouvelle Ecole predominano da una parte rovine druidiche, guerrieri vichinghi e croci celtiche, dall’altra razzi interplanetari, diagrammi scientifici e immagini di scienziati al lavoro. Si tratta di quella stessa combinazione simbolica tra archeologia e futurismo in cui Mosse ha ravvisato il tratto caratteristico dell’iconografia del nazional-socialismo, il quale «da un lato guardava al passato e dall’altro al futuro […] troviamo sempre una combinazione: da un lato l’appello al passato, all’Ariano, al Germano, al contadino; dall’altro la modernizzazione» (G. L. MOSSE, Intervista sul nazismo, Laterza, Bari 1977, pp. 25 e 27).
(53) R. DE FELICE, Introduzione all’ed. it. di G. L. MOSSE, La nazionalizzazione delle masse, Il Mulino, Bologna 1974, p. X.
(54) Ibid., p. X-XIX. Cfr. J. L. TALMON, Le origini della democrazia totalitaria, tr. it., Il Mulino, Bologna 1967 e G. L. MOSSE, La nazionalizzazione delle masse, cit. .
(55) Cfr. G. L. MOSSE, Intervista sul nazismo, cit., p. 102.
(56) Cfr. P. CORRÊA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, 3ª ed. it., Cristianità, Piacenza 1977; cfr. in particolare pp. 189-195.
(57) Avevamo denunciato su Cristianità il carattere corrosivo edissolutorio della filosofia di Armando Plebe già molto tempo prima della sua clamorosa richiesta di adesione al Partito Radicale, quando altri lo acclamavano come fondatore e maestro di una sedicente «nuova cultura di destra». Cfr. il mio Una reazione senza valori: il neostoicismo, in Cristianità, n. 9, gennaio-febbraio 1975, pp. 8-9. Ancora prima, nel 1972, contro il «nuovo stoicismo» ai suoi albori, come esito morale della cosiddetta «filosofia della reazione», confronta GIOVANNI CANTONI, L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, saggio introduttivo a PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, cit., p. 39.