Donald J. Trump, Cristianità n. 386 (2017)
La Polonia è l’anima dell’Europa: «Noi vogliamo Dio»
Discorso pronunciato dal presidente federale degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump il 6 luglio 2017, in Piazza Krasiński, a Varsavia, capitale della Polonia, e diffuso dall’Ufficio stampa della Casa Bianca con il titolo Remarks by President Trump to the People of Poland (vedi il testo nel sito web <https://www.whitehouse.gov/the-press-office/2017/07/06/remarks-president-trump-people-poland-july-6-2017> (gl’indirizzi Internet dell’intero articolo sono stati consultati il 3-9-2017). La traduzione, le inserzioni fra parentesi quadre e le note sono redazionali, così come il titolo, identico a quello con cui il discorso è stato anticipato, in una prima versione parziale realizzata da Maurizio Brunetti, di Alleanza Cattolica, l’11 luglio 2017, nel sito web <http://alleanzacattolica.org/trump-a-varsavia-il-risveglio-delloccidente>. Nella traduzione sono state omesse espressioni proprie dello stile parlato come le ripetizioni e indicazioni pleonastiche come i momenti in cui il pubblico applaude.
Siamo venuti nel vostro Paese per recapitare un messaggio molto importante: gli Stati Uniti amano la Polonia e il popolo polacco.
I polacchi non hanno solo arricchito enormemente questa regione del mondo, ma hanno arricchito enormemente anche gli Stati Uniti, e io sono veramente fiero di aver avuto il loro sostegno nelle elezioni nel 2016.
Sono profondamente onorato di trovarmi in questa città, accanto a questo monumento che ricorda la Rivolta di Varsavia (1), e di rivolgermi alla nazione polacca sognata da così tante generazioni: sicura, forte e libera.
Il presidente Duda e la vostra splendida First Lady Agata ci hanno accolti con quel calore e quella gentilezza straordinarie per i quali la Polonia è conosciuta nel mondo. Grazie. Il mio sincero e sentito ringraziamento a entrambi, e ringraziamenti speciali anche al Primo Ministro, Beata Syzdło.
Siamo inoltre lieti che l’ex presidente Lech Wałęsa, celebre per essere stato guida del movimento Solidarność, si sia voluto unire a noi, oggi.
A nome di tutti gli americani, permettetemi di ringraziare l’intero popolo polacco per la generosità dimostrata nell’accogliere i nostri soldati nel vostro Paese. Questi soldati non sono solamente coraggiosi difensori della libertà, ma sono anche il simbolo della dedizione degli Stati Uniti alla vostra sicurezza e al vostro ruolo in un’Europa democratica e forte.
Su questo palco oggi si uniscono orgogliosamente a noi soldati americani, polacchi, britannici e romeni. Grazie.
Il presidente Duda e io siamo reduci da una riunione d’incredibile successo con i leader di governo che hanno preso parte all’Iniziativa dei Tre Mari (2). Gli Stati Uniti d’America sono ansiosi di allargare i termini della propria partnership con voi, cittadini di questa grande regione. Salutiamo con favore il rafforzamento dei legami commerciali con le vostre economie in crescita. E c’impegniamo ad assicurarvi l’accesso a fonti alternative di energia, di modo che la Polonia e gli Stati confinanti con essa non debbano mai più essere ostaggio di un unico fornitore di energia.
Signor Presidente mi congratulo con lei e con il presidente della Croazia per l’autorevolezza dimostrata nel varare questa storica Iniziativa dei Tre Mari. Grazie.
Questa è la prima volta che visito l’Europa Centrale da presidente e mi emoziona il fatto che sia potuto avvenire proprio qui, in questa bella, magnifica terra. La Polonia è il cuore geografico dell’Europa, ma — cosa ancora più importante — nel popolo polacco si vede l’anima dell’Europa. La vostra nazione è grande perché il vostro spirito è grande e perché il vostro spirito è forte.
Per due secoli la Polonia ha subito attacchi continui e brutali. Ma anche se la si è potuta invadere e occupare, cancellandone persino i confini dalle carte geografiche, nessuno è riuscito a cancellarla dalla storia e dai vostri cuori. In quei giorni oscuri, avete perso la vostra terra, ma mai la vostra fierezza.
È dunque con ammirazione genuina che oggi posso dire: dalle fattorie e dai villaggi delle vostre campagne fino alle cattedrali e alle piazze delle vostre grandi città, la Polonia vive, la Polonia prospera, la Polonia vince.
Nonostante tutti gli sforzi profusi per trasformarvi, per opprimervi o per distruggervi, avete resistito e avete prevalso. Siete l’orgogliosa nazione di Niccolò Copernico [1473-1543] — pensateci — di Fryderyk Chopin [1810-1849] e di san Giovanni Paolo II [1978-2005]. La Polonia è una terra di grandi eroi. E voi siete un popolo che conosce il vero valore di ciò che difende.
Il trionfo dello spirito polacco nei secoli di avversità dà a tutti noi la speranza in un futuro in cui il bene sconfiggerà il male e la pace vincerà la guerra.
Per gli americani, la Polonia è stata un simbolo di speranza fin dagli albori della nostra nazione. Eroi polacchi e patrioti americani hanno combattuto fianco a fianco nella nostra Guerra d’Indipendenza [1775-1783] e in molti conflitti successivi. E in Afghanistan e in Iraq i nostri soldati combattono ancora oggi assieme, combattono i nemici della civiltà intera.
Dal canto nostro, noi Stati Uniti non abbiamo mai abbandonato l’idea che la libertà e l’indipendenza siano diritto e destino del popolo polacco, e mai e poi mai lo faremo.
I nostri due Paesi sono uniti da un legame speciale forgiato da storie uniche e da caratteri nazionali. È un’amicizia che esiste solo tra persone che hanno conosciuto la battaglia, il sangue e la morte per la libertà.
I segni di quest’amicizia campeggiano nella nostra capitale. A pochi passi dalla Casa Bianca abbiamo innalzato monumenti a uomini come Kazimierz Pułaski [1745-1779] e Andrzej Kościuszko [1746-1817]. Lo stesso avviene a Varsavia, dove ci sono strade intitolate a George Washington [1732-1799] e un monumento dedicato a uno degli eroi più grandi del mondo, Ronald Reagan [1911-2004].
E così oggi sono qui non solo per far visita a un antico alleato, ma per additarlo come esempio a chi aspira alla libertà, e vorrebbe trovare il coraggio e la volontà per difendere la nostra civiltà. La storia della Polonia è la storia di un popolo che non ha mai perso la speranza, che non è mai stato spezzato e che non ha mai dimenticato chi è.
[…] La vostra è una nazione più che millenaria. Più di un secolo fa i vostri confini erano stati cancellati e, giusto cento anni fa, sono stati finalmente ripristinati.
Nel 1920, con il Miracolo della Vistola (3), la Polonia fermò l’esercito sovietico lanciato alla conquista dell’Europa. Poi, diciannove anni più tardi, nel 1939, foste di nuovo invasi, stavolta dalla Germania nazionalsocialista da ovest e dall’Unione Sovietica da est. Un dramma enorme. Una vera sfida.
Soggetto a una duplice occupazione, il popolo polacco ha patito sofferenze oltre ogni immaginazione: il massacro nella foresta di Katyń (4), le occupazioni, l’Olocausto, il ghetto di Varsavia, la sua rivolta, la distruzione di questa bella capitale e la morte di quasi un polacco su cinque. Una vigorosa popolazione ebraica — la più ampia in Europa — è stata ridotta quasi a nulla dall’uccisione sistematica di milioni di cittadini ebrei polacchi, e d’innumerevoli altri, condotta dai nazisti durante la loro occupazione brutale.
Nell’estate del 1944, gli eserciti nazionalsocialista e sovietico si stavano preparando a quella che sarebbe stata una battaglia terribile e sanguinosa proprio qui a Varsavia. In quell’inferno terrestre, i cittadini polacchi insorsero per difendere la patria. Sono profondamente onorato di avere oggi con me sul palco dei veterani e degli eroi della Rivolta di Varsavia.
Che grande spirito. Salutiamo il vostro nobile sacrificio e vi promettiamo che ricorderemo per sempre la vostra lotta per la Polonia e per la libertà. Grazie.
Questo monumento (5) ci ricorda che più di centocinquantamila polacchi morirono nel tentativo disperato di abbattere l’oppressione. Dall’altra parte del fiume, le forze armate sovietiche si fermarono e aspettarono. Rimasero a guardare i nazionalsocialisti che spietatamente distruggevano la città, ammazzando con cattiveria uomini, donne e bambini. Provarono a distruggere questa nazione per sempre calpestandone la volontà di sopravvivere.
Ma nel profondo del carattere polacco vi sono un coraggio e una forza che nessuno riuscirà mai a distruggere. Bene si espresse il vescovo e martire mons. Michał Kozal [1893-1943]: «Più terrificante della disfatta di un esercito è il collasso dello spirito umano».
Lungo quarant’anni di giogo comunista, la Polonia e gli altri Paesi occupati hanno subito una campagna violenta volta a demolire la libertà, la fede, le leggi, la storia, l’identità: praticamente l’essenza stessa della vostra cultura e della vostra umanità. Eppure, nonostante tutto, non avete mai perso il vostro spirito. Gli oppressori hanno tentato di spezzarvi, ma la Polonia non è stata spezzata.
E quando arrivò il 2 giugno 1979, e un milione di polacchi si ritrovarono insieme in Piazza della Vittoria per la prima Messa celebrata dal loro Papa polacco, quel giorno tutti i comunisti a Varsavia hanno capito che il sistema oppressivo cui avevano dato vita sarebbe presto crollato. Lo hanno capito nel momento esatto in cui, durante l’omelia di Papa Giovanni Paolo II, le voci di un milione di polacchi — uomini, donne e bambini — si unirono in una sola preghiera. Un milione di polacchi non chiedeva benessere. Non chiedeva privilegi. Un milione di polacchi cantò invece tre sole parole: «Noi vogliamo Dio».
Con quelle parole il popolo polacco rievocava la promessa di un futuro migliore. Trovò nuovo coraggio per atterrare gli oppressori e le parole per dichiarare che la Polonia sarebbe tornata a essere, ancora una volta, la Polonia.
E io sono qui oggi, dinanzi a questa incredibile moltitudine di persone, dinanzi a questa nazione fedele, e posso ancora sentire quelle voci riecheggiare nella storia. Il loro messaggio è vero oggi come lo sarà sempre. Il popolo della Polonia, il popolo degli Stati Uniti e il popolo dell’Europa ancora gridano: «Noi vogliamo Dio».
Assieme, e unitamente a Papa Giovanni Paolo II, i polacchi hanno riaffermato la propria identità di nazione devota a Dio. E attraverso quella vigorosa affermazione di ciò che siete, arrivaste a capire che cosa fare e come vivere. Siete stati solidali contro l’oppressione, contro una polizia segreta illegale, contro un sistema malvagio e crudele che impoveriva le vostre città e le vostre anime. E avete vinto. La Polonia ha prevalso. La Polonia prevarrà sempre.
In quella vittoria sul comunismo siete stati sostenuti da un’alleanza forte di Paesi liberi dell’Occidente che ha sconfitto la tirannia. Adesso la Polonia, uno dei membri più convinti della NATO, l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, ha ripreso il proprio posto come nazione leader di un’Europa che è forte, unita e libera.
Una Polonia forte è una benedizione per le nazioni europee, ed esse lo sanno. Un’Europa forte è una benedizione per l’Occidente e per il mondo intero. A cento anni dall’ingresso degli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale [1914-1918], i legami transatlantici tra gli Stati Uniti e l’Europa sono saldi come sempre, e forse, sotto molti aspetti, lo sono anche di più.
Questo continente non si trova più a dover fronteggiare lo spettro del comunismo. Tuttavia, in Occidente ci sono oggi altre gravi minacce alla nostra sicurezza e al nostro stile di vita. Vedete ciò che succede là fuori. Sono minacce. Le affronteremo. E vinceremo. Ma sono minacce.
A sfidarci è un’altra ideologia oppressiva, un’ideologia che cerca di esportare il terrorismo e l’estremismo in tutto il mondo. Gli Stati Uniti e l’Europa hanno subito un attacco dopo l’altro. Ma stiamo per mettere fine a tutto ciò.
Nel corso dello storico incontro svoltosi in Arabia Saudita (6) ho chiesto ai leader di oltre cinquanta Paesi musulmani di unirsi per fronteggiare questo pericolo che minaccia tutta l’umanità. Dobbiamo rimanere uniti contro questi nemici comuni, privarli dei territori, dei finanziamenti, delle reti di comunicazione e di ogni possibile supporto ideologico loro fornito. Mentre saranno sempre benvenuti i nuovi cittadini che condividono i nostri valori e amano il nostro popolo, i nostri confini saranno sempre chiusi per il terrorismo e per qualunque genere di estremismo.
Stiamo combattendo strenuamente contro il terrorismo islamico radicale e vinceremo. Non possiamo accettare chi rigetta i nostri valori o chi usa l’odio per giustificare la violenza contro gl’innocenti.
Oggi l’Occidente deve fronteggiare anche potenze che mettono alla prova la nostra volontà, minano la nostra fiducia e sfidano i nostri interessi. Per neutralizzare queste nuove forme di aggressione — propaganda, crimini finanziari e guerra cibernetica inclusi — dobbiamo adeguare la nostra alleanza in modo da competere efficacemente su tutti questi nuovi campi di battaglia.
Esortiamo dunque la Russia a cessare le attività destabilizzanti che essa porta avanti in Ucraina e altrove, nonché l’appoggio che offre a regimi ostili — fra cui la Siria e l’Iran —, invitandola a unirsi alla comunità delle nazioni responsabili nella lotta contro i nemici comuni e in difesa della stessa civiltà.
Infine, su entrambe le sponde dell’Atlantico, i nostri cittadini devono far fronte a un altro pericolo, stavolta del tutto interno. Tale pericolo non viene avvertito da tutti, ma ai polacchi è familiare: è l’insinuarsi incessante della burocrazia di governo che prosciuga la vitalità e la ricchezza del popolo. L’Occidente non è diventato grande grazie alle scartoffie e ai regolamenti, ma perché ai singoli è stato concesso d’inseguire i propri sogni e di decidere del proprio destino.
Gli statunitensi, i polacchi e i Paesi d’Europa apprezzano il valore della libertà e della sovranità individuali. Provengano esse dall’interno o dall’esterno, da sud o da est, dobbiamo lavorare assieme per combattere queste forze che a lungo andare minacciano di pregiudicare quei valori e di cancellare i legami di cultura, di fede e di tradizione che fanno di noi quello che siamo. Se verranno lasciate libere di agire queste forze mineranno il nostro coraggio, ci priveranno della linfa del nostro spirito e indeboliranno la nostra volontà di difendere noi stessi e le nostre società.
Ma, proprio come i nostri avversari e nemici del passato hanno imparato qui in Polonia, noi sappiamo che anche queste forze sono destinate a soccombere, se noi vogliamo che soccombano. Sono destinate alla sconfitta non solo perché la nostra alleanza è solida, i nostri Paesi in grado di resistere e la nostra forza imbattibile. Tutto questo è vero, bisogna riconoscerlo. Eppure i nostri avversari sono destinati alla sconfitta perché noi non dimenticheremo mai chi siamo. Se ricorderemo chi siamo, non potremo essere sconfitti. Gli americani non lo dimenticheranno mai. Le nazioni dell’Europa non lo dimenticheranno mai. Siamo la più salda e la più grande comunità al mondo. Non esiste nulla di paragonabile alla nostra comunità di nazioni. Il mondo non ha mai conosciuto nulla di simile.
Noi scriviamo sinfonie. Innoviamo. Celebriamo i nostri eroi antichi, veneriamo i nostri costumi e le nostre tradizioni intramontabili, e cerchiamo di scoprire e di esplorare frontiere sempre nuove. Noi premiamo l’ingegno. Puntiamo all’eccellenza e c’inchiniamo davanti a quelle esaltanti opere d’arte che onorano Dio. Noi custodiamo devotamente il rule of law, difendendo la libertà di parola e di espressione.
Mettiamo le donne in condizione di essere i pilastri della nostra società e del nostro successo. Al centro delle nostre vite poniamo la fede e la famiglia, non lo Stato e la burocrazia. E discutiamo di tutto. Verifichiamo tutto. Cerchiamo di conoscere tutto così da conoscere meglio noi stessi.
E soprattutto consideriamo un valore la dignità di ogni vita umana, proteggiamo i diritti di ogni persona e condividiamo quella speranza di vivere liberi che ogni anima nutre. È questo ciò che siamo. Sono questi i preziosissimi vincoli che ci legano come nazioni, come alleati e come civiltà.
Ciò che abbiamo, ciò che abbiamo ricevuto — e voi lo sapete meglio di chiunque altro e lo vedete oggi in questo incredibile raduno di persone —, ciò che abbiamo ereditato da chi ci ha preceduto non è mai stato così grande. E se non lo preserveremo, mai e poi mai esisterà ancora. Per questo non possiamo fallire.
Questa grande comunità di nazioni ha poi qualcos’altro in comune: in ciascuna di esse è sempre stato il popolo, non i potenti, a costituire il fondamento della libertà e la pietra angolare della difesa. Le persone hanno costituito quel fondamento qui in Polonia — come è accaduto proprio qui a Varsavia — e lo sono state sin dal principio negli Stati Uniti.
I nostri cittadini non hanno conquistato assieme la libertà, non sono sopravvissuti assieme agli orrori e non hanno affrontato assieme il male solo per perdere la libertà per mancanza di orgoglio e di fiducia nei nostri valori. Non lo abbiamo mai fatto e non lo faremo mai. Noi non ci tireremo mai indietro.
Sino a quando conosceremo la nostra storia, sapremo come costruire il nostro futuro. Gli americani sanno che una solida alleanza di nazioni libere, sovrane e indipendenti è la migliore difesa delle nostre libertà e dei nostri interessi. Ecco perché la mia Amministrazione ha chiesto che finalmente tutti i Paesi membri della NATO facciano pienamente e correttamente fronte ai propri doveri finanziari.
Il risultato di questa insistenza è stato che nelle casse della NATO hanno cominciato a riversarsi più miliardi di dollari. La cosa stupisce. Ma miliardi e miliardi di dollari in più stanno arrivando da Paesi che altrimenti, a mio avviso, non avrebbero pagato tanto rapidamente.
A chi criticasse questa nostra ferma presa di posizione faccio notare che gli Stati Uniti hanno dimostrato, non solo a parole ma con i fatti, di sostenere con vigore l’articolo 5 riguardante l’impegno alla difesa reciproca.
Parlare è facile, ma ciò che conta sono i fatti. E per la propria difesa — voi lo sapete, tutti lo sanno, tutti debbono saperlo — l’Europa deve fare di più. L’Europa deve dimostrare di credere nel proprio futuro investendo il proprio denaro per assicurarsi quel futuro.
Per questo plaudiamo alla decisione della Polonia che questa settimana ha deciso di procedere nell’acquisto dagli Stati Uniti del sistema aero-missilistico di difesa Patriot già collaudato sul campo di battaglia, che è il migliore del mondo. Ed è anche per questo che rendiamo onore al popolo polacco per essere uno dei Paesi della NATO che ha fattualmente raggiunto il livello d’investimenti nella difesa comune che era stato deciso. Grazie. Grazie Polonia. Debbo dirlo: il tuo esempio è davvero magnifico, a te, Polonia, va il nostro plauso. Grazie.
Dobbiamo ricordarci che la nostra difesa non è solo un impegno economico, ma un impegno di volontà. Perché, come l’esperienza polacca ci ricorda, dopotutto la difesa dell’Occidente non poggia solo sui mezzi, ma anche sulla volontà che i popoli hanno di vincere, di avere successo e di ottenere ciò che spetta loro. La domanda fondamentale dei nostri tempi è se l’Occidente abbia la volontà di sopravvivere. Abbiamo sufficiente fiducia nei nostri valori da difenderli a qualsiasi costo? Abbiamo abbastanza rispetto per i nostri cittadini da proteggere i nostri confini? Abbiamo il coraggio di preservare la nostra civiltà di fronte a chi vorrebbe sovvertirla e distruggerla?
Potremo anche avere le maggiori economie e le armi più letali del mondo, ma se non avremo famiglie forti e valori solidi, allora saremo deboli e non sopravviveremo. Se qualcuno avesse dimenticato l’importanza decisiva di queste cose, fatelo venire in un Paese che non le ha mai dimenticate. Fatelo venire in Polonia. E fatelo venire qui, a Varsavia, a conoscere la storia della Rivolta della capitale.
Una volta qui, quel tale dovrebbe imparare la storia dell’Aleje Jerozolimskie, il viale Gerusalemme. Nell’agosto 1944, viale Gerusalemme era, proprio come oggi, una tra le arterie principali che attraversano la città in direzione est-ovest.
Il controllo di quella strada era d’importanza cruciale per entrambi i fronti della battaglia di Varsavia. L’esercito tedesco lo voleva poiché il viale era la strada più diretta per spostare le truppe e creare uno sbarramento davvero efficace. Per l’Armia Krajowa, l’Esercito Nazionale polacco, la possibilità di muoversi in direzione nord-sud attraversando quella strada era fondamentale sia per tenere il centro cittadino sia per evitare che la Rivolta venisse divisa e sbaragliata.
Di notte, sotto il fuoco delle mitragliatrici — un fuoco terrificante —, i polacchi piazzavano sacchi di sabbia per proteggere uno stretto pertugio attraverso viale Gerusalemme. Di giorno il nemico abbatteva inesorabilmente quei ripari. Allora i polacchi scavarono una trincea. Alla fine innalzarono una barricata. E così i valorosi combattenti polacchi poterono attraversare in massa la strada. Quello stretto passaggio, largo solo pochi centimetri, fu il fragile legame che tenne in vita la Rivolta.
Fra le sue mura, un flusso costante di cittadini e di combattenti per la libertà attraversava di corsa nel puro pericolo. Correvano attraverso quella strada, lungo di essa e sotto di essa, tutto per difendere questa città. «Il lato opposto distava parecchi metri», ha ricordato una giovane donna polacca di nome Greta. Per lei quelle morti e quelle vite erano importantissime. Disse: «Il settore della strada mortalmente pericoloso era completamente intriso di sangue. Era il sangue di messaggeri, di ragazze di collegamento e di corrieri».
I cecchini nazisti sparavano a chiunque tentasse di attraversare la strada. Chiunque lo faceva, veniva bersagliato. I soldati avevano bruciato ogni edificio affacciato sulla strada e usavano i polacchi come scudi umani per i carri armati con cui tentavano di conquistare viale Gerusalemme. Il nemico non cessò mai l’implacabile attacco a questo piccolo avamposto della civiltà. E i polacchi non cessarono mai di difenderlo.
Il passaggio attraverso viale Gerusalemme richiedeva protezione, riparazioni e rafforzamenti costanti, ma la volontà dei suoi difensori non vacillò, nemmeno di fronte alla morte. E fino agli ultimi giorni della Rivolta quel fragile varco non cedette mai. Né lo si è mai dimenticato. Il popolo polacco lo ha tenuto aperto.
Il ricordo di chi perì durante la Rivolta di Varsavia grida nel tempo, e nessuno è vivido come quello di chi cadde per costruire e per difendere l’attraversamento di viale Gerusalemme. Quegli eroi ci ricordano che l’Occidente è stato salvato dal sangue dei patrioti e che ogni generazione deve levarsi e fare la propria parte per difenderlo, e che ogni metro di terreno ed ogni ultimo centimetro di civiltà meritano di essere difesi a prezzo della propria vita.
La nostra battaglia per l’Occidente non comincia sui campi di battaglia: comincia nelle nostre menti e nei nostri cuori, nelle nostre volontà e nelle nostre anime. Oggi i legami che mantengono unita la nostra civiltà non sono meno vitali, né richiedono una difesa più blanda, del brandello di terra su cui tutte le speranze della Polonia erano un tempo riposte. La nostra libertà, la nostra civiltà e la nostra sopravvivenza dipendono da questi legami di storia, di cultura e di memoria.
E oggi, come sempre, la Polonia è nel nostro cuore e il suo popolo combatte questa battaglia. Proprio come la Polonia non poté essere spezzata, io dichiaro oggi di fronte al mondo affinché esso ascolti che l’Occidente mai e poi mai verrà spezzato. I nostri valori prevarranno. Il nostro popolo prospererà. E la nostra civiltà trionferà.
Quindi, assieme, combattiamo tutti come i polacchi: per la famiglia, per la libertà, per la patria, per Dio. Grazie. Dio vi benedica. Dio benedica il popolo polacco. Dio benedica i nostri alleati. E Dio benedica gli Stati Uniti d’America. Grazie.
Note:
(1) Con questa espressione viene ricordata l’insurrezione dell’AK, Armia Krajowa, l’Esercito Nazionale clandestino polacco che, durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), fra il 1º agosto e il 2 ottobre 1944, combatté contro le truppe nazionalsocialiste tedesche di occupazione mentre l’Armata Rossa, l’esercito dell’Unione Sovietica, che aveva spinto i polacchi alla sollevazione, attendeva immobile e complice dei tedeschi l’esito dello scontro alle porte della città. Sul tema, cfr. le memorie del generale polacco conte Tadeusz Komorowski (1895-1966) — nome di guerra in codice «Bór», «foresta», e quindi spesso indicato come Tadeusz Bór-Komorowski —, Histoire d’une armée secrète, trad. fr., Les Iles d’Or-Plon, Parigi 1952; George Bruce, L’insurrezione di Varsavia. 1 agosto-2 ottobre 1944, trad. it., Mursia, Milano 1978; nonché l’efficace sintesi di Oscar Sanguinetti, L’AK, Armia Krajowa, l’Esercito Nazionale polacco (1939-1945), in Dizionario del Pensiero Forte pubblicato nel sito web <http://alleanzacattolica.org/l%c2%92ak-armia-krajowa-l%c2%92esercito-nazionale-polacco-1939-1945>. Nel 2011 il regista polacco Jerzy Hoffman ha realizzato il lungometraggio Bitwa warszawska 1920, noto anche con il titolo inglese Battle of Warsaw 1920.
(2) È il nome dato all’unione di dodici Paesi europei che tocca, appunto, tre mari — il Baltico, il Mar Nero e il Mediterraneo — e che comprende Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria, Ungheria, Slovenia, Croazia, Romania e Bulgaria. Promossa dal presidente polacco Andrzej Duda nel 2016, nel 2017 ha tenuto il vertice annuale a Varsavia lo stesso giorno della visita del presidente Trump. L’iniziativa mira a contenere la minaccia russa e a controbilanciare l’influenza politica esercitata dall’Unione Europea e dalla Germania rifacendosi al progetto «Intermarium» ideato dal maresciallo Józef Klemens Piłsudski (1867-1935), padre dell’indipendenza polacca tra la Prima guerra mondiale (1914-1918) e la Seconda, il quale ricalcava l’idea della Confederazione polacco-lituana — o Repubblica delle Due Nazioni o Confederazione di Entrambe le Nazioni — nata dall’unione politica tra il regno di Polonia e il granducato di Lituania, esistita dal 1569 al 1795 e bastione orientale dell’Europa.
(3) Con questa espressione viene ricordata la clamorosa sconfitta — data la disparità di forze in campo —, l’unica sul piano militare, subita dall’Armata Rossa sovietica, tra il 13 e il 25 agosto 1920 a Varsavia a opera dell’esercito polacco e attribuita all’intercessione della Madonna Nera, patrona della Polonia, che si venera nel santuario di Jasna Góra a Częstochowa. La vittoria conseguita dall’esercito nazionale polacco comandato dal maresciallo Piłsudski impedì che la Polonia tornasse sotto il governo russo e salvò l’Europa dall’avanzata sovietica. Sul tema, cfr. Adam Zamoyski, 16 agosto 1920. La battaglia di Varsavia, trad. it., Corbaccio, Milano 2009 — su cui cfr. la recensione di Franco Roberto Maestrelli, in Cultura&Identità. Rivista di studi conservatori, anno I, n. 2, Roma novembre-dicembre 2009, pp. 87-90 —, nonché Giovanni Cantoni, Così la Polonia cristiana fermò Lenin, in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleanza Nazionale, Roma 13-8-1995, pp. 18-19.
(4) Dopo essersi schierata a fianco delle forze alleate conto la Germania nazionalsocialista, di cui fa parte anche la Polonia, l’Unione Sovietica procede allo sterminio dei soldati polacchi anticomunisti che nel 1939 avevano difeso il Paese dall’aggressione di Mosca. Nel 1943 vengono rinvenuti nella foresta intorno a Katyń — venti chilometri a sud-est di Smolensk, in Russia — fosse comuni con i resti di 4.500 ufficiali. Del massacro i sovietici accusano i tedeschi, ammettendo solo nel 1990 di aver compiuto l’eccidio. Sul tema cfr. Leszek Martini, La verità su Katyn alla luce di un documento, trad. it., in Cristianità, anno XVII, n. 175-176, novembre-dicembre 1989, pp. 16-17; Victor L. Zaslavsky (1937-2009), Il massacro di Katyn. Il crimine e la menzogna, Ideazione, Roma 1998; Idem, Pulizia di classe. Il massacro di Katyn, Il Mulino, Bologna, 2006; J.[anusz] K. Zawodny (1921-2012), Morte nella foresta. La vera storia del massacro di Katyn, trad. it., 2a ed., Mursia, Milano 1989; nonché George Sanford, Katyn e l’eccidio sovietico del 1940. Verità, giustizia e memoria, trad. it., UTET, Torino 2007. Nel 2007 il regista polacco Andrzej Wajda (1926-2016) ha realizzato il lungometraggio Katyń.
(5) Si tratta del monumento dedicato alla Rivolta di Varsavia, inaugurato il 1°-8-1989 nel 45° anniversario dello scoppio dell’insurrezione, che sorge davanti alla Katedra Polowa Wojska Polskiego, la cattedrale di campo dell’esercito polacco, conosciuta anche come chiesa di Nostra Signora Regina della Corona Polacca.
(6) L’incontro fra il presidente degli Stati Uniti d’America e i capi di governo o di Stato del mondo arabo islamico è avvenuto a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, il 21-5-2017. Cfr. il testo del discorso diffuso nella stessa data dall’Ufficio stampa della Casa Bianca con il titolo President Trump’s Speech to the Arab Islamic American Summit, nel sito web <https://www.whitehouse.gov/the-press-office/2017/05/21/president-trumps-speech-arab-islamic-american-summit>.