PADRE ALFONSO RODRIGUEZ S. J., Cristianità n. 25 (1977)
L’ERBA CHE CONSERVA LA CASTITÀ
Agli inizi della Compagnia di Gesù, quando i Padri Pietro Fabro e Antonio d’Araoz vennero dal Portogallo in Castiglia là inviati dal re Giovanni III con la principessa donna Maria figlia di lui, che andava sposa a re Filippo II, i sunnominati avevano libero ingresso alla reggia, dove ascoltavano le confessioni di tutte le cortigiane. Allora non v’erano vecchi professi alla Compagnia, ma giovani e il mondo si meravigliava nel constatare tanta castità tra quella fiorente gioventù. Ciò perché si vedevano tra tante occasioni e pericoli, eppure si notava su tutti tanto in fiore la castità che sorprendeva la Corte, dove perciò si parlava dei Padri con grande ammirazione. Si diceva che il re, nel ragionare un giorno con il P. d’Araoz, gli dichiarava:
– Mi è stato riferito che i Gesuiti portano con sé un’erba la quale ha la virtù di conservare la castità.
– È stato detto il vero! – confermò l’interrogato.
– Ma che erba è mai questa? – domandò il re.
– L’erba del timor di Dio! È un’erba, che opera il miracolo di fugare i demoni, come il cuore del pesce, che Tobia aveva posto sulla brace.
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A conferma di ciò, riesce a proposito quanto scrisse il Savio: «A chi teme il Signore nulla avverrà, ma durante la tentazione Iddio lo conserverà e libererà dal male» (Eccl. XXXIII, 1). E altrove: «Il timor del Signore scaccia il peccato» (Eccl., 1, 17). «Mediante il timor del Signore ognuno schiva il male» (Prov. XV, 27). Portiamo quindi sempre con noi questa erba; restiamo costantemente con tale timore, perché persuasi che non vi sono né castità, né santità sicura, se non con il santo timor di Dio. Perciò si legge sulla sacra Scrittura: «Conserva il tuo timore e invecchia in esso!» (Eccl. II, 6). Ciò per farci capire che questo non solo conviene all’inizio della vita o della nostra conversione, ma anche alla fine di essa, durante la vecchiaia. Non soltanto i principianti, ma anche i vecchi servi della casa del Signore devono vivere con tale timore. Non solamente i colpevoli, che devono temere per i peccati commessi, ma anche i giusti, quantunque non siano rei di tali colpe, per averne paura. Temano i primi perché caduti; temano i secondi per non cadere. A quelli i mali passati, a costoro i futuri pericoli devono incutere un salutare timore. (Beato chi sta sempre con questo timore!» (Prov. XXVIII, 14).
* PADRE ALFONSO RODRIGUEZ S. J. *
Esercizio di perfezione, trattato XX, cap. IX, 7-8, trad. it., Cantagalli, Siena 1968, vol. V, pp. 177-178.