Kasimir Kakol, Cristianità n. 26-27 (1977)
Frammenti della conferenza del ministro polacco Kasimir Kakol, capo dell’Ufficio dei culti, pronunciata il 5-5-1976, per dare direttive ai giornalisti, ai militanti del Partito Comunista polacco e ad altri collaboratori. Si invita il lettore a notare, per quello che può significare, la prossimità della data, nonché il carattere chiaramente «eurocomunista» delle istruzioni. Il testo è tradotto da La Documentation Catholique, 1/15 – 8- 1976, n. 1703, pp. 727-728.
PER ESTIRPARE LA RELIGIONE
Siamo obbligati a tenere conto dei problemi della Chiesa in Polonia, per la semplice ragione che in Occidente in questo campo vi sono gravi perturbazioni. Mi vergogno quando comunisti provenienti da altri paesi mi chiedono perché tanti polacchi vanno ancora in Chiesa. Mi vergogno quando ospiti stranieri si felicitano per lo sviluppo della religione nel nostro paese! È opportuno mettere in chiaro questi problemi.
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Dobbiamo di conseguenza fissare un programma concreto.
Dal 1971 si parla di «normalizzazione». Il termine è impreciso. Come se prima non vi fosse stata! Perché, chi decide dunque? Chi esige? Non certo la Chiesa. Tutto dipende da noi. La normalizzazione non significa capitolazione. Noi non cediamo in nulla di fronte alla Chiesa. Essa ha il diritto di praticare il suo culto soltanto nel recinto del santuario, diciamo in sacrestia. Ammettiamo come eccezioni le processioni del Corpus Domini o quella con l’Icona [della Madonna di Cestokowa]. Ma non ammetteremo mai l’evangelizzazione fuori della chiesa. Non permetteremo mai l’educazione religiosa dei bambini, della gioventù. Non tollereremo alcuna influenza della Chiesa sulla vita culturale e sociale.
Estirpare la religione dalla coscienza e dal pensiero umano è un processo complicato e di lunga durata. Non vi arriveremo in un batter d’occhio. Dobbiamo evitare tutte le aggressioni violente, perché allora la Chiesa si presenterebbe come una cittadella assediata, e questo fatto rischierebbe di aumentare la sua popolarità. Si tratta anche di non dividere il popolo in due. L’unità della nostra azione ha una parte primaria nel perseguimento della nostra meta. Di conseguenza, il miglior campo di battaglia per vincere la Chiesa si situa al livello culturale di una vita più facile e più confortevole. Con una società consumistica, otterremo condizioni analoghe a quelle dell’Occidente per accelerare il venir meno della Chiesa.
Il nostro primo obiettivo, attualmente, sta nell’isolare nell’episcopato e tra i fedeli quanti pensano normalmente e secondo il progresso, quanti non hanno paura della parola «socialismo», ammettono i nostri princìpi educativi e ci danno prove di benevolenza. Il loro numero è in continuo aumento.
Ecco i nostri mezzi per combattere la Chiesa: i sabati liberi e la disposizione accurata dei periodi di vacanze, perché questo paralizza il calendario liturgico e le feste religiose che si celebrano in famiglia. Anche le concentrazioni scolastiche, che riuniscono i bambini, militano a nostro favore.
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Se non possiamo annientare la Chiesa, impediamole almeno di nuocerci. Ecco come si pone il problema: se non possiamo far sì che le persone abbandonino la Chiesa, facciamo almeno in modo che la Chiesa non possa sollevarle contro di noi.
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Anche se come ministro sono obbligato a sorridere per ispirare fiducia, come comunista combatterò senza sosta la religione e la Chiesa […].
* KASIMIR KAKOL *