Vale più una slot o un bambino?
Ostia, una notte gelida di inizio 2017. I carabinieri si avvicinano a una vettura della quale notano il finestrino rotto: con sorpresa vi trovano dentro un bambino di tre anni, semiassiderato. L’edificio più vicino è una sala giochi: vi entrano e, con qualche difficoltà, individuano il padre; è attaccato a una slot machine, disinteressato della sorte del piccolo che aveva abbandonato già da qualche ora. L’uomo è arrestato, processato e condannato: ma l’esito giudiziario interessa fino a un certo punto. Ci sarà una ragione se da tempo la relazione annuale del Dipartimento antidroga della presidenza del Consiglio dedica una sezione alla dipendenza da gioco d’azzardo: che è tale a tutti gli effetti, come quella da stupefacenti. È illogica la moltiplicazione pandemica dei siti con slot e diavolerie simili: possibile che il ritorno in termini di tributi per Parlamento e Governo valga più di un costo sociale sempre più pesante (che è pure costo economico)? Che senso ha vietare la pubblicità delle sigarette e permetterla per qualcosa che fa molto più danno, ricorrendo a sponsor famosi e ammiccanti? Bastano un paio di norme inserite nel primo decreto utile per invertire la rotta: o volete convincerci che merita riguardo solo chi spaccia droga e chi piazza slot machine a ogni angolo di strada?