Giovanni Cantoni, Cristianità n. 241-242 (1995)
Articolo comparso in Secolo d’Italia. Quotidiano di Alleunza Nazionale, anno XLIV, n. 97, 28-4-1995, pp. 1, 2 e 3, con il titolo redazionale Risultato da leggere in prospettiva.
23 aprile 1995: il risultato in prospettiva anticomunista
L’esito della tornata elettorale amministrativa del 23 aprile 1995 è giustamente al centro dei commenti. Siccome però gran parte di questi commenti mi pare decisamente inadeguata, in quanto appiattita sincronicamente sull’oggi, quando non esposta squilibratamente sul domani, mi permetto di ricostruire l’accaduto da un punto di vista diacronico, in un’ottica anticomunista — proprio così: «anticomunista» —, quindi dal punto di vista di chi 1. considera il comunismo come una fase maggiore di un itinerario culturale — nel senso più lato del termine — plurisecolare dell’Occidente, cioè di Europa, America e Oceania; 2. pensa che il suo crollo metta in questione tutto questo itinerario e non solo la parte terminale di esso; 3. non confonde il crollo della mitologia comunista con il crollo del potere comunista; 4. segue attentamente la trasformazione delle forze politiche comuniste in arcipelaghi di realtà di bassa vessillarità, fradice di pensiero debole progressista, cioè l’emergere, dalla linea che va dal «marxismo occidentale» all’«eurocomunismo», della lettura romantica, irrazionalistica, di Karl Marx, quindi del «radicalismo di massa».
1. Nel novembre del 1993 il mondo non comunista italiano è rappresentato dal presunto — nonché proditorio — anticomunismo della Democrazia Cristiana e dall’anticomunismo del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale, un anticomunismo, quest’ultimo, «meccanico» almeno dal 1979 cioè a partire dall’abbandono della politica di «solidarietà nazionale» e, quindi, dal fallimento della politica di «compromesso storico», a riprova che, se ha presente il momento strettamente politico del comunismo stesso, non coglie la natura e la complessità della sua versione gramsciana. E, in occasione della tornata elettorale del 5 aprile 1992, il MSI-DN ha avuto il 6,5% dei suffragi.
2. Dal novembre del 1993 al marzo del 1994 muore la Democrazia Cristiana e nascono il Centro Cristiano Democratico e Forza Italia: in occasione della tornata elettorale politica del 27 marzo 1994 l’elettorato non comunista — attraverso il suffragio a FI, MSI- DN e CCD — rivela una consistenza percentuale di poco superiore al 34%.
3. Nel maggio del 1994 nasce il Governo Berlusconi, duramente contrastato e costretto ad abbandonare dopo poco più di un semestre; in vigenza di governo, in occasione della tornata elettorale europea del 12 giugno 1994, l’elettorato non comunista rivela una consistenza percentuale di poco inferiore al 42%.
4. La tornata elettorale amministrativa del 23 aprile 1995 informa che la consistenza del corpo elettorale non comunista è superiore al 40%.
a. L’esito elettorale è reso più importante dal fatto che oltre il 50% di questo 40% è costituito da FI, cioè da una realtà politica senza storia, «virtuale», quindi senza strutture neppure residuali sul territorio, accreditata come raccolta dal piffero televisivo: eppure, senza piffero televisivo, tacitato dalla par condicio, anche questo 50% conferma la sua esistenza, come l’altro 50%, quello costituito da Alleanza Nazionale — il nuovo soggetto politico in cui, nel gennaio del 1995, è confluito il MSI-DN — e dal CCD, che invece può contare su una certa presenza organizzativa, nel caso della seconda forza politica sia pure «brandelliforme» e residuale.
b. Nonostante la forte politicizzazione che ha connotato lo scontro elettorale non va dimenticato il suo carattere amministrativo, quindi senza la presenza galvanizzante dei personaggi più noti e più dotati di carisma: il che accresce — di nuovo — l’importanza della storia e della presenza sul territorio dei suoi protagonisti, storia e presenza non surrogate — sempre che siano realmente e adeguatamente surrogabili — dalla strumentazione massmediatica e che trasformano la sostanziale tenuta amministrativa in un apprezzabile successo politico.
c. Il numero rilevante di liste di centro-sinistra fa sì che il numero dei candidati di queste liste sia più di tre volte superiore a quello delle liste di centro-destra, quindi accresce anche da questo punto di vista i punti di contatto nel corpo sociale attraverso la minimobilitazione del candidato e del suo «seguito» personale e non solo grazie alla macromobilitazione di schieramento.
5. Inoltre, non vanno assolutamente dimenticate osservazioni ovvie, cioè relative all’astensionismo, pari al 18,7% degli aventi diritto; alle schede bianche, il 4,7% dei voti espressi; e — soprattutto — a quelle annullate, il 5% sempre dei voti espressi, anche sulla base di una circolare del ministero dell’Interno che non va nel senso della rilevazione della volontà dell’elettore: lo schieramento del voto volontariamente o involontariamente inespresso non è certo di sinistra, come prova — a quest’ultimo proposito — il fatto che la percentuale delle schede annullate decresca — non sempre, come in Liguria, ma talora sensibilmente, come in Emilia-Romagna- nelle cosiddette «regioni rosse», dove le strutture dell’ex partito comunista garantiscono l’alfabetizzazione elettorale. Qualche soggetto «presentista», cioè qualcuno che «vive alla giornata», quindi «ragiona alla giornata», potrebbe argomentare: «Che cosa importa se chi non vota o vota male non è di sinistra, se non vota o vota male?». Rispondo con un altro quesito retorico, che tollera solamente risposta positiva: «Quelle che si sono svolte sono le ultime elezioni, oppure se ne possono non irrealisticamente ipotizzare altre?». Infatti, dire che il comunismo non è morto non significa affermare che non sia mutato e che, quindi, ci si debbano attendere ad horas campi di concentramento e carri armati, ma che — nella permanenza del soggetto rivoluzionario — si deve spostare l’attenzione sull’uso da parte sua dell’arma della corruzione morale piuttosto di quella costituita dalla coazione fisica.
6. Ancora, si deve notare come i sondaggi telefonici, gli in house poll, abbiano rappresentato una trappola meno facilmente identificabile da parte di chi conosce solo la strumentazione massmediatica, quindi è predisposto a sopravvalutarla. Allo stesso proposito, si deve pure notare come la «creduloneria» di chi la sera del 23 aprile pareva vincente riesce più evidente e più facilmente denunciabile e ridicolizzabile di quella di chi si credeva perdente. Né si può escludere — e non mancano gli indizi — che l’elettorato di sinistra più controllabile da parte dell’organizzazione neocomunista abbia ricevuto indicazioni di mentire all’uscita dai seggi per permettere l’«effetto rinascita», decisamente gratificante dal punto di vista psicosociale.
7. Infine, si deve osservare come i sondaggi in uscita dai seggi, gli exit poll, che in altre occasioni si sono rivelati affidabili, siano stati deludenti; il che deve accrescere l’attenzione sulla percentuale e sulla qualità delle schede annullate: infatti, l’intervistato eventualmente dichiara come ha votato, non certo se ha votato correttamente dal punto di vista delle regole. Comunque, va sottolineato con forza il fatto che lo scambio fra l’ipotesi e la realtà ha coinvolto non solo i protagonisti, ma anche i mass media riflessi, cioè di seconda battuta, come sono gli organi di stampa.
8. Passando alla situazione dell’avversario, va notato che il risultato elettorale rende eccessivamente visibile il Partito Democratico della Sinistra e questa sua visibilità in un fronte straordinariamente frammentato non favorisce la credibilità del costituendo polo di centro-sinistra — il futuro «Ulivo» — come realtà composita; per contro, favorisce la denuncia dell’egemonia comunista, grazie appunto alla presenza comunista esorbitante prodotta dal risultato elettorale. E il quadro potrebbe solamente essere peggiorato dal sostegno o addirittura dalla presenza nel polo di centro-sinistra anche del Partito della Rifondazione Comunista, pure straordinariamente visibile.
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Ho scritto perché non si pianga inopportunamente un successo autentico, manifestando ingratitudine verso l’elettorato e denunciando un’inesistente «rea sorte»; cioè non si lamenti un «fatto positivo» che, se non ha per certo i tratti del trionfo, non ha altrettanto per certo quelli del fallimento. Per altro, l’inadeguatezza con cui qualcuno affronta il successo permette di apprezzare il mancato trionfo, che avrebbe verosimilmente fatto perdere ancora di più la misura. Spero invece che la delusione — fondata su questo o quell’esito mancato, ma non assolutamente fondabile sul risultato globale — promuova la riflessione quanto a un futuro certamente non facile, ma che si può affrontare partendo da un solido 40%, non figlio della «leggenda urbana» televisiva, non riflesso ed eco delle ipotesi sondaggistiche, ma espressione mirabile della sanità e della reattività del corpo storico del popolo che abita in Italia: si tratta di un corpo che ha un’anima, meritevole di essere riconosciuta con umiltà, assecondata con spirito di servizio e rappresentata con orgoglio.
Giovanni Cantoni