Giovanni Cantoni, Cristianità n. 325 (2004)
· Dal 1989 la Grande Europa (1), il mondo occidentale e cristiano (2), non è più concentrata sulla terza guerra mondiale, esplosa nel 1946, ed è sempre più vistosamente coinvolta nella guerra civile intraislamica, perennemente in corso benché non sempre con l’evidenza che caratterizza il nuovo millennio (3).
· Dal 1968 la Grande Europa, il mondo occidentale e cristiano, è lavorata non solo dalle conseguenze — tutt’altro che adeguatamente note e correttamente valutate — della Rivoluzione socialcomunista, ma anche da una Rivoluzione culturale — rispettivamente la III e la IV Rivoluzione, secondo la proposta classificatoria di Plinio Corrêa de Oliveira (4) —, che ne indebolisce giorno dopo giorno le capacità di resistenza infestandola e ubriacandola di utopie.
· È assennato festeggiare qualcosa in queste condizioni? Manifestare in qualche modo gioia? Oppure è l’equivalente delle discussioni sul sesso degli angeli che — si dice — si svolgevano a Bisanzio alla vigilia della sua caduta in mano islamica?
· Sono qui non solo perché sono stato invitato — è già di per sé una buona ragione — ma per testimoniare il convincimento che non solo si possa, ma si debba festeggiare, manifestare gioia. E almeno per tre ragioni.
1. In primo luogo perché qualunque cosa accada nel mondo, qualunque cosa faccia e ci faccia il mondo, siamo gioiosi per l’affermazione rassicurante che Cristo ha vinto il mondo (5).
2. In secondo luogo perché esiste la Chiesa, cioè la Chiesa continua a esistere nonostante la sua umanità, nonostante la nostra umanità. E la sua esistenza anche oggi è prova della veridicità della promessa secondo la quale le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa (6).
3. In terzo luogo perché qualcuno, la Madonna di Fatima, la Madonna a Fatima e i martiri, soprattutto i martiri del secolo XX (7), ci hanno conquistato, hanno conquistato a questa generazione d’umanità di cui siamo parte, la libertà di essere testimoni, di combattere la buona battaglia (8), senza l’imminenza del martirio. Quello che — secondo san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) — vale per la vita spirituale: “Senza grazia non vi è nulla che salvi, senza libertà non vi è nulla da salvare” (9), vale anche per la vita sociale: “Senza ordine non vi è vita sociale degna di questo nome e meritevole di essere vissuta, senza libertà non vi è nulla da ordinare”.
· Vi propongo, quindi, in epigrafe del nostro incontro, due aforismi del pensatore colombiano Nicolás Gómez Dávila (1913-1994), un modo — fra l’altro — per celebrare il decimo anniversario della sua morte (10). Perché Gómez Dávila? Anzitutto perché la Colombia, la sua patria terrena, è certamente esempio, tragico modello di un paese vessato dalla IV Rivoluzione, dove — per esempio — si è abbassato in modo inverosimile il profilo di ogni organizzazione politica della società. Quindi per la straordinaria puntualità congiunturale del suo pensiero e dell’espressione di esso, in un tempo non certo connotato dalla stabilitas loci.
· Nel primo aforisma, nel primo “pensiero breve” il pensatore colombiano scrive, infatti, che “il cristiano ha un doppio dovere: combattere per il cristianesimo e sapere che sarà sconfitto” (11). Dunque, combattere e non farsi illusioni, combattere senza farsi illusioni perché il Regno di Dio non è di questo mondo (12). Convincersi che la vittoria sta nel combattere, non nel vincere. Combattere e vivere sono la stessa cosa: “Militia est vita hominis super terram” (13).
· Ma anche combattere e vincere sono la stessa cosa, perché combattere significa aver già vinto il rispetto umano, la pigrizia e la paura. È, per certo, almeno parte della materia proposta alla nostra meditazione nel terzo mistero luminoso, in cui si contempla l’annuncio del Regno di Dio con l’invito alla conversione (14). Ma… non vi è speranza alcuna di miglioramento? di un “mondo migliore”, come lo chiama Papa Pio XII (1939-1958) (15)? di una “civiltà della verità e dell’amore”, come la chiama Papa Giovanni Paolo II (16) alla sequela di Papa Paolo VI (1963-1978) (17)? di una nuova Cristianità? di un “nuovo Medioevo”? Certo, ma come imprevedibile, umanamente impianificabile conseguenza della lotta e della previa e continua conversione: qualcosa come una consolazione storica, uno stato equivalente, nel suo genere, a una virtù di risultanza.
· Nel secondo aforisma viene suggerito — con ogni evidenza sulla base delle considerazioni che ho sinteticamente proposto commentando il primo — l’animo con cui si deve combattere, nella prospettiva della sconfitta terrena e della vittoria celeste: “Dobbiamo vivere la militanza cristiana con buon umore di guerrigliero, non con tetraggine di guarnigione assediata” (18). È quanto siamo qui a fare oggi. Infatti, mentre il nemico ci assedia, Dio assedia il nemico. E quis ut Deus?, “chi come Dio?”. Se, come san Michele Arcangelo, non abbiamo dubbi su chi vincerà, sappiamo anche che non vi è vittoria senza lotta e che il guerrigliero non è — per definizione — in grado di scegliere il tema, il luogo, le condizioni della lotta. Perciò — con parole con le quali Papa Pio XII, nella lettera indirizzata ai gesuiti per il quarto centenario della morte di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), definisce sinteticamente la Compagnia di Gesù, ogni “compagnia di Gesù” — siamo qui per confortare la nostra decisione di “servire la Chiesa, in obbedienza al Romano Pontefice, sotto il vessillo della Croce” (19) come, dove e quando Dio vuole. Per parte nostra, tale servizio abbiamo scelto di viverlo nella prospettiva del Regno del Sacro Cuore di Gesù attraverso la mediazione di Maria; perciò la nostra divisa è: Cor Jesu, adveniat regnum tuum! Adveniat per Mariam! (20).
Note:
** Testo annotato dell’intervento d’apertura dell’incontro Alleanza Cattolica in Lombardia: 30 anni di presenza, tenutosi presso il Collegio Rotondi, a Gorla Minore, in provincia di Varese, il 26 settembre 2004.
(1) Cfr. il mio Dopo il Martedì Nero, coscienza della Grande Europa, in Cristianità, anno XXIX, n. 307, settembre-ottobre 2001, pp. 3-7 e 10.
(2) Cfr. Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, parte I, capitolo II, trad. it., 3a ed. it. accresciuta, con lettere di encomio di S. E. mons. Romolo Carboni (1911-1999), arcivescovo titolare di Sidone e nunzio apostolico, e saggio introduttivo di Giovanni Cantoni su L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Cristianità, Piacenza 1977, p. 67.
(3) Cfr. il mio Dopo l’11 marzo 2004: dall’11 settembre 2001 una guerra “mondiale” nel secolo XXI?, in Cristianità, anno XXXII, n. 321, gennaio-febbraio 2004, pp. 3-5; cfr. pure, di genere, Olivier Roy, L’échec de l’Islam politique, Éditions du Seuil, Parigi 1992, p. 16: “Così l’islamismo […], lungi dal costituire l’insorgere aberrante di un arcaismo irrazionale, s’iscrive in una […] continuità. Quella, naturalmente, della rivendicazione fondamentalista, incentrata intorno alla shariah e vecchia quanto l’islam, anche se sempre rinnovata, perché mai realizzatasi: rivendicazione che induce senza posa il riformatore, il censore, il tribuno a tuonare contro la corruzione dei tempi e dei principi, contro l’oblio dei testi sacri, contro l’influenza straniera, l’opportunismo politico e il lassismo dei costumi”; e, di specie, Abdallah Ibn Husayn, re di Giordania, “I terroristi colpiscono l’Europa per distruggere l’Islam moderato”, intervista raccolta da Antonio Ferrari, in Corriere della Sera, 23-3-2004: “Non legherei il problema [“gli obiettivi dei terroristi”] alla presenza o meno di soldati in Iraq. Direi che questo è solo una parte di un quadro più ampio, legato a una lotta all’interno dell’Islam, con gli estremisti che cercano di creare conflitti fra Est e Ovest e guerre interreligiose. Il loro obiettivo non è la distruzione dell’Occidente, ma la distruzione dell’Islam moderato, per prendere il potere. L’Europa è quindi un obiettivo secondario: indebolendola, si vuole condizionare il futuro del mondo musulmano all’interno della comunità internazionale”.
(4) Cfr. P. Corrêa de Oliveira, op. cit., parte III, capitoli II e III, pp. 173 e 189.
(5) Cfr. Gv. 16, 33: “Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!”.
(6) Cfr. Mt. 16, 18: “E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.
(7) Cfr. il mio Fatima e la Contro-Rivoluzione del secolo XXI, in Cristianità, anno XXVIII, n. 301-302, settembre-dicembre 2000, pp. 3-14.
(8) Cfr. 1 Tm. 1, 18: “Questo è l’avvertimento che ti do, figlio mio Timòteo, in accordo con le profezie che sono state fatte a tuo riguardo, perché, fondato su di esse, tu combatta la buona battaglia”; ibid., 6, 12: “Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni”; e 2 Tm. 4, 7: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede”.
(9) San Bernardo di Chiaravalle, Liber de gratia et libero arbitrio 1, 2, trad. it., in Idem, Opere, a cura di Ferruccio Gastaldelli, vol. I, Trattati, introduzione, traduzione e note di Manlio Simonetti, Scriptorium Claravallense. Fondazione di Studi Cistercensi, Milano 1984, pp. 333-423 (pp. 360-361): “Tolle liberum arbitrium: non erit quod salvetur; tolle gratiam: non erit unde salvetur”, “Togli il libero arbitrio: non ci sarà ciò che viene salvato. Togli la grazia: non ci sarà il mezzo per cui viene salvato”.
(10) Cfr. il mio Un contro-rivoluzionario cattolico iberoamericano nell’età della Rivoluzione culturale: il “vero reazionario” postmoderno Nicolás Gómez Dávila, in Cristianità, anno XXVIII, n. 298. marzo-aprile 2000, pp. 7-16.
(11) Nicolás Gómez Dávila, Nuevos escolios a un texto implícito, tomo II, Procultura, Bogotá 1986, p. 41.
(12) Cfr. Gv. 18, 36: “Rispose Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù””.
(13) Gb. 7, 1: “Una milizia è la vita dell’uomo sulla terra”.
(14) Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” sul santo Rosario, del 16-10-2002, n. 21.
(15) Pio XII, Radiomessaggio per il Congresso Mariano Nazionale del Brasile nel IV Centenario della fondazione della Città di San Paolo, del 7-9-1954, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XVI, pp. 109-113 (p. 113).
(16) Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale “Christifideles laici” sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, del 30-12-1988, n. 64.
(17) Paolo VI, Regina Coeli, del 17-5-1970, in Insegnamenti di Paolo VI, vol. VIII, pp. 506-507 (p. 506).
(18) N. Gómez Dávila, op. cit., p. 13.
(19) Pio XII, Lettera Apostolica “Magna cum iucunditate” al Preposito Generale della Compagnia di Gesù, Rev.mo Padre Giovanni Battista Janssens [Jean-Baptiste (1889-1964)], per il IV Centenario del Transito di S. Ignazio di Loyola, del 31-7-1955, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. XVII, pp. 607-612 (p. 610): “sub crucis vexillo Deo militare et soli Domino ac Ecclesiae Ipsius Sponsae, sub Romano Pontifice, Christi in terra Vicario, servire (Iulius III [1550-1555], Litt. Apost. Exposcit debitum, 21 Iulii 1550)”; mi servo della sintetica traduzione che trovo in Giovanni Arledler S.J., Presentazione a Hugo Rahner S.J. (1900-1968), Come sono nati gli Esercizi. Il cammino spirituale di sant’Ignazio di Loyola, trad. it., Edizioni ADP, Roma 2004, pp. 9-10 (p. 9).
(20) Cfr. Pio XII, Incoraggiamenti ed esortazioni all’Istituto Francesca Saverio Cabrini, del 29-4-1945, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. I, pp. 29-34 (p. 31): “[…] in questo mondo sconvolto, ove tutto è da rifare, tutto è da ricostituire per il regno sociale del Cuore di Gesù, è necessario di opporre alla frivolezza degli spiriti, alla inconsistenza delle idee e dei principî, alla sdegnosa indifferenza per la verità e per l’errore, la fermezza di intelligenze lucide e franche, la cui cultura illuminata e arricchita dalla fede, la cui fede coltivata con lo studio possano largamente irradiarsi per far conoscere, amare, servire la verità”; e Idem, Radiomessaggio al X Congresso Mariano Internazionale di Lourdes, del 17-9-1958, ibid., vol. XX, pp. 363-367 (p. 365): “Vogliamo proclamare ad alta voce […] la Nostra certezza che la restaurazione del Regno di Cristo attraverso Maria non potrà non realizzarsi, perché è impossibile che un tale seme, gettato con tanta abbondanza, non produca i frutti più vigorosi”.