Giovanni Cantoni, Cristianità n. 328 (2005)
Qualche volta serve anche la Repubblica. Se non la versione cartacea quotidiana, almeno la versione online, sempre quotidiana (1). Infatti, il 5 aprile 2005 ha fornito una preziosa tabella elettorale, preziosa perché contenente dati decisamente illuminanti, anche se qualcuno di tali dati ho dovuto correggere.
Comunque, in tale tabella viene proposto in valori assoluti, non solo negli abusati e inadeguati termini percentuali, l’andamento degli schieramenti di centrosinistra e di centrodestra nelle tredici regioni in cui si è votato il 3 e il 4 aprile 2005 e si mettono a confronto i risultati di quest’ultima tornata elettorale — sulla base dei voti ottenuti dai candidati governatori — con quelli delle precedenti elezioni, a partire da quelle regionali del 2000 e passando attraverso quelle politiche del 2001 e quelle europee del 2004.
Che cosa si evidenzia? Anzitutto che il centrosinistra è passato dai 12.225.691 voti del 2000 ai 14. 054.226 del 2001, poi ai 12.839. 583 del 2004, quindi agli attuali 14. 442.833.
Dal canto suo il centrodestra è passato dai 14.043.620 voti del 2000 ai 15.471.658 del 2001, poi ai 12.483.475 del 2004, quindi agli attuali 12.044.123.
Poiché il numero totale degli elettori dal 2001 al 2005 è sostanzialmente immutato, si può evincere che, a fronte di circa 3.000.000 di votanti in meno, vi è stato un calo di circa 3.400.000 voti per il centrodestra e un incremento di circa 400. 000 voti per il centrosinistra. Quest’ultima cifra potrebbe dunque essere il massimo dello spostamento dal centrodestra al centrosinistra, ossia circa l’1,33% del totale degli elettori, mentre, se il conteggio venisse fatto sugli aventi diritto, tale spostamento sarebbe forse inferiore all’1% (2).
Quindi, dall’analisi dei dati, sembrerebbe che, nella tornata elettorale del 3 e del 4 aprile, non vi sia stata nessuna “valanga” elettorale passata dal centrodestra al centrosinistra. Una lettura corretta del risultato potrebbe portare alla conclusione che, mentre il centrosinistra è riuscito a ottenere, con un piccolo incremento, gli stessi voti raccolti in occasione delle elezioni politiche del 2001, il centrodestra non è riuscito a mobilitare il proprio elettorato, in questo modo confermando un trend di disaffezione già segnalato dall’esito delle elezioni europee del 2004.
Ergo il problema, cioè la causa della sconfitta, non va assolutamente ricercata in quanto è stato fatto dal governo sostenuto dalla Casa delle Libertà né — tantomeno — in quanto tale governo ha in corso d’opera, ma nella disattenzione di tanti esponenti del centrodestra nei confronti della promozione e dell’adeguata illustrazione di quanto l’esecutivo ha realizzato e di quanto è in corso d’opera, sia presso l’opinione pubblica nazionale, sia presso i propri elettori. Questi ultimi trattati — e l’interpretazione è decisamente benevola — come se fossero dotati di una capacità d’intuizione politica superiore a quella reale nonché di una sorta d’”informazione infusa” e, inoltre, come se tale ipotetica capacità e tale “informazione” non fossero insidiate e obnubilate quotidianamente dalla sempre facile denuncia, massmediatica e non, da parte di chi, se ha spesso responsabilità di gestione, cioè di amministrazione, non ne ha di governo e può prescindere — irresponsabilmente — dalla considerazione dei parametri internazionali ed economici in continuo, vistoso mutamento. Naturalmente — non mi astengo dal notarlo — nonostante la presunta egemonia del presidente del Consiglio dei Ministri, on. Silvio Berlusconi, sul sistema dei mezzi di comunicazione sociale, spesso confusa con qualche invito a intervenire a talk show.
Quindi, da votante non fluttuante, mi permetto di raccomandare a quanti, fra gli esponenti della CdL, leggono la Repubblica come se fosse un oracolo, vi cercano la propria “pagella” e spesso trattano con sufficienza la propria stampa — la cui qualità dipende indubbiamente anche da loro —, di visitare, almeno questa volta, la versione online de la Repubblica, naturalmente con le correzioni che ho dovuto introdurre. E poi di riflettere sul fatto che, con ogni evidenza, l’Unione non ha sconfitto la CdL, ma che il “popolo di centrodestra” — quanti l’abitano felicemente o, almeno, in essa hanno trovato o pensano di trovare rifugio dal radicalismo dominante e devastante —, non sono stati convocati — o, per certo, sono stati convocati troppo spesso in modo inadeguato —, così configurando un caso di “tentato suicidio”. E che, se le cose stanno così, in un giorno non lontano, forse il “popolo di centrodestra” dovrà ricorrere all’autoconvocazione e alle primarie.
Note:
(*) Testo integrato e annotato dell’articolo comparso con il titolo Il governo senza colpe, in L’Indipendente, anno XI, n. 97, Roma 8-4-2005, p. 2.
(1) Cfr. <http:// www.repubblica.it/ speciale/ 2005/ elezioni/ popup/ confronto_sint_13reg. html>, visitato l’11-4-2005.
(2) Cfr. un’interpretazione nettamente diversa, senza però esplicitare i parametri quantitativi utilizzati, in Renato Mannheimer, Regionali, all’Unione il 10% dei voti del Polo, in Corriere della Sera, Milano 9-4-2005; nello stesso senso, invece, cfr. Alessandro Corneli, Partita aperta, in il Giornale, Milano 11-4-2005; poi Mario Sechi, “L’Unione non ha attirato elettori del Polo”, ibid., 8-5-2005, che fa stato dello studio del sociologo Paolo Segatti, Elezioni regionali: analisi e promesse del voto, in Italianieuropei. Bimestrale del riformismo italiano, anno V, n. 2, Roma marzo-aprile 2005, pp. 11-20.